Caschi Bianchi Ecuador
Impressioni di Santo Domingo de los Colorados (y de los Colombianos)
Diverse usanze, cibi, culture, ma anche povertà, corruzione, violenza, ingiustizia e sentimento di impotenza. Bilancio dei primi tre mesi di vita in un paese che appare come un altro mondo.
Scritto da Caschi Bianchi Focsiv
Santo Domingo de los Colorados è una cittadina industriale che si trova nella regione di Pichincha, tra la sierra e la costa occidentale dell’Ecuador, circondata da una vegetazione tropicale ricca di banani e palme da cocco. I paesaggi che la circondano sono esotici, verdissimi e profumati di platano, tra cascate e fiumi che rendono ricche di acqua questa zona una volta abitata dalle tribù indigene dei Colorados ( così detti per il color rosso del frutto della pianta di achote con il quale si tingono i capelli), oggi relegate in piccoli appezzamenti simili a riserve, dove praticano riti shamanici di medicina alternativa.
I locali la definiscono una città in grande espansione, ed effettivamente si nota il fermento di una città che lavora, e la mescolanza di razze e genti di diverse regioni che si trovano a lavorare insieme, dai neri della costa, ai serrani provenienti dalle Ande, agli immigrati colombiani.
Ciò che non manca in una cittadina in espansione, in un paese tanto povero e avvilito dalla crisi economica del 1999 sono i segni della marginalità e della povertà estrema.
Pare un fenomeno strano per un osservatore che venga da un paese dove la crescita della popolazione è pari a zero vedere tante donne incinte e famiglie con un numero di figli superiore a due, che può arrivare a dieci, scontrarsi con una realtà dove le ragazze diventano madri a sedici anni, se non prima, e a venticinque hanno già in media tre figli. I bambini sono numerosissimi, molti vivono per strada, camminano scalzi nel fango, spesso senza vestiti. Non esistono precauzioni igieniche e pare incredibile pensare che i nostri bambini non vengono nemmeno lasciati camminare scalzi in casa.
Cosa penserebbe questa gente se vedesse come viviamo noi? Forse rimarrebbe altrettanto allibita.
Dopo 5 settimane in questo paese ho imparato a non sorprendermi più di certe cose, come vedere ragazzini che fumano la colla in pieno giorno nell’indifferenza dei passanti, venditori ambulanti che salgono a ogni fermata dell’autobus per vendere coni gelato attraverso i finestrini, patate fritte con pollo e ogni sorta di cibo cucinato in chioschi lungo le strade.
Le macchine sono tutte fuoristrada e furgoni, gli automobilisti sono abituati a guidare a slalom per evitare le innumerevoli buche che rendono impraticabili le strade, soprattutto a causa delle ricorrenti piogge che rovinano l’asfalto. L’uso del casco in moto non è conosciuto, così come le minime norme di sicurezze al volante.
Il livello di corruzione in Ecuador è talmente alto che nessun settore ne è escluso, di conseguenza l’applicazione della legge è un diritto che nessuno si aspetta di vedere applicato. A che serve avere la patente? Se non l’hai, passi due dollari al poliziotto e fine dei problemi.
Anche la violenza raggiunge un tasso allarmante in questo paese, e a Santo Domingo in particolare. Come se non bastasse assistere a risse con pestaggi a sangue nei locali pubblici, e gente che si ferisce a macerate. Pare che sia un piacere quotidiano da queste parti vedere foto di corpi squartati in primo piano sul giornale.
Dopo tre mesi in Ecuador, e dopo aver girato un po’ il paese, tra costa e sierra, viene spontanea un’osservazione riguardo Santo Domingo de los Colorados: è una parte di Ecuador assolutamente particolare e indescrivibile per chi non l’abbia veduta e vissuta. Si può vagamente descrivere come una confusione di odori, rumori, musiche … mille cani randagi che abbaiano e galli che cantano a tutte le ore, venditori ambulanti che gridano, le spezie aromatiche dei mercati del centro, i colori vivaci di mango, papaia, ananas, arance, guaiabana, avocado, pesce, carne arrosto e empanadas fritte….e poi ancora tanto traffico e smog, verde e fango, pioggia, umidità, calore, bamibini che ridono e piangono e ritmi di salsa.
Ma queste sono solo le impressioni a caldo di una gringa, straniera tra gli indigeni, che vive in questo paese da tre mesi, niente di più. Chissà quali altre impressioni si aggiungeranno a queste…
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