Nel paese, l’industrializzazione della patata è un’attività relativamente nuova che iniziò a svilupparsi negli ultimi dieci anni. Le industrie di lavorazione più importanti sono Fritolay, Nutrinsa, Ecomsa, Suprodeal e Industria Ecuadoriana S. A. che offrono le patate “chips”, imprese come Agrofrío producono preparazioni semi industriali come patate pre-fritte congelate. Esistono anche piccole imprese di tipo familiare che processano patate in maniera artigianale.
Possono accedere alla via industriale solo i grandi produttori, infatti i piccoli non riescono a compiere le rigide condizioni contrattuali che concernono soprattutto la qualità del prodotto. I dettaglianti tradizionali richiedono solo che le patate appartengano a certe varietà, fissano il limite massimo di danni meccanici dovuti alla raccolta, una misura minima e un certo tipo di colore. Le grandi catene di supermercati, come le industrie di lavorazione, oltre a questo richiedono: una determinata forma, un livello minimo di pulizia, un certo livello di sicurezza alimentare, un limite all’odore, una determinata misura, un determinato grado di maturazione, il mantenimento a temperature determinate, un packaging specifico, un certo volume di produzione, tempi e luoghi di consegna rigidamente determinati e condizioni di pagamento stabilite dal cliente. Questo numero e tipo di condizioni sono fatali per decine di migliaia di produttori agricoli ecuadoriani. Le grandi catene, spesso attraverso degli uffici di logistica che lavorano in “outsourcing” impongono ai coltivatori una “contrattualizzazione” prima sconosciuta e legano l’acquisto di prodotti al rispetto di standard qualitativi (che non vuol dire automaticamente “di migliore qualità”) assai diversi da quelli tradizionali. In un ettaro di terreno seminato a patate solo il 60% circa del raccolto raggiunge i requisiti di qualità che le rendono competitive sul mercato. Il restante 40% è composto dal prodotto che non raggiunge i requisiti di qualità e quindi è destinata ad un mercato meno redditizio, a semenza per le semine successive o ad alimento per animali.
In termini generali si può affermare che la coltivazione di patate in Ecuador compete per lo più piccoli produttori (unità familiari). Secondo l’ultimo censo agricolo, si calcola che la produzione nazionale è intorno a 239.750 tonnellate metriche all’anno. Di questa quantità annualmente si processa solo il 20%. Alla situazione precedente si aggiunge il prezzo estremamente variabile che può fluttuare tra 2 e 20 USD per 50 kg, dipendendo dalla varietà, dal periodo dell’anno, dalla sovraofferta o scarsità. Questa situazione si potrebbe regolare se si lavorasse in un contesto di agricoltura a contratto, in cui il produttore e l’industria fissano varietà, prezzo e qualità o se si aggregasse valore aggiunto alla produzione. In relazione a ciò c’è da dire che i produttori che beneficiano di questo tipo di contratto sono ancora molto pochi, è per questo che si studia la possibilità di incrementare il numero di produttori che processano e danno valore aggiunto al prodotto con l’obiettivo di collocarsi nel mercato nazionale ed internazionale. Gli studi inoltre si orientano sulla possibilità di controllare l’offerta organizzando i produttori e alternando la produzione annuale con prodotti perfettamente sostituibili nelle medesime condizioni agro-ecologiche.
I produttori lamentano alti costi di produzione a causa degli elevati prezzi di prodotti importati quali fertilizzanti e fungicidi. Il problema però non è esclusivamente il prezzo di questi prodotti, ma anche lo sconsiderato uso che se ne fa. Infatti, erroneamente convinti che all’aumentare delle somministrazioni diminuiscano le probabilità di attacco dei parassiti e delle infermità, ed ignorando le dosi necessarie, i produttori esagerano con le quantità e si trovano inevitabilmente ad affrontare costi di produzione elevati. Per esempio: per quanto riguarda i fungicidi, per patate di tre mesi e precipitazioni in tutti i giorni della settimana è necessario somministrare fungicidi solo una volta a settimana; per quanto riguarda i concimi, è necessario un apporto nella relazione di 1 quintale per 5 quintali di patate seminate, mentre l’abitudine è di porre fino a 2 quintali per 1 quintale seminato.
Un ulteriore costo che lamentano i produttori è riconducibile alla voce erbicidi. Questi sono utilizzati per mantenere il suolo pulito per la raccolta manuale, ma risulta essere una prassi inutile se non controproducente perché, in cambio della riduzione dei tempi di raccolta, si ha un aumento dei costi di produzione e il deterioramento delle coltivazioni successive (il suolo si bonifica dei danni da prodotti chimici in un periodo di 10-15 anni). Il problema, dunque, non risiede unicamente nell’alto costo di questi mezzi di produzione, ma anche nell’inadeguato utilizzo di essi, motivato dalle cattive pratiche empiriche e dall’imprecisa formazione ricevuta dai produttori.
Con il Manejo Integrado Productivo (MIP) in sostituzione al metodo convenzionale i costi di produzione, invece, diminuiscono considerevolmente. In particolare i costi inerenti a fungicidi diminuiscono del 37% con un numero medio di somministrazioni che si riduce da nove a cinque. Il MIP comporta tra le altre cose le seguenti pratiche: combattere i parassiti con l’applicazione di trappole ed ovviare ad alcune malattie mediante l’utilizzo di sementi resistenti. Questo tipo di produzione, dunque, riduce la necessità di ricorrere a prodotti chimici, poiché rispetta la salute degli agricoltori e dell’ambiente. Ed è questo un aspetto da tenere ben in considerazione se si mira ad aumentare i volumi di vendita. Infatti, la certificazione di qualità di un prodotto che riduce l’utilizzo di sostanze chimiche, stimola la coscienza critica del consumatore, nonostante gli attuali parametri imposti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità siano abbastanza tolleranti circa l’impiego di sostanze chimiche.
Stando a quanto descritto, esistono delle vie d’accesso al mercato da parte dei piccoli produttori ecuadoriani, nonostante le importanti barriere all’ingresso, e consistono nel miglioramento della qualità del prodotto attraverso la riduzione degli agenti chimici impiegati nella produzione (la domanda sia interna che esterna di prodotti organici è tendenzialmente crescente); generazione di valore aggiunto mediante processo d’industrializzazione (la scarsa reperibilità di prodotto processato nel mercato interno direziona la domanda su mercati stranieri); organizzazione dei piccoli produttori per controllare situazioni di sovraofferta e soddisfare la domanda e le rigide condizioni contrattuali imposte dalle grandi catene (l’eccessivo individualismo favorisce il proliferare di intermediari che provocano incertezza nei prezzi ed abbassamento dei margini di guadagno dei produttori).
Lascia un Commento
Vuoi partecipare alla discussione?Sentitevi liberi di contribuire!