Caschi Bianchi Cile

Il riflesso dell’arcobaleno sul mio cielo

Un incontro all’inteno del centro giovanile Acuerela si trasforma in un’amicizia. Una storia di vita.

Scritto da Cristina Zimara

Mi chiamo Speranza, vivo in uno dei quartieri più poveri di Santiago e con piacere racconto la mia storia.

Fin da quand’ero bambina ho sofferto molto, non avevo da mangiare, vivevo giornalmente violenza fisica da parte dei miei genitori, e lottavo contro la povertà.
Compiuti i quattordici anni mia mamma è mancata, e la nostra casa è andata in fiamme. Io non avevo dove dormire, cucinare, scaldarmi, dove vivere.
Trascorso un po’ di tempo ho trovato una stanza in cui alloggiare, e ho conosciuto un uomo con la quale ho avuto il mio primo figlio.
Un uomo, di cui io non ero innamorata e nel quale ho trovato il rifugio da una vita tanto infelice. Il tempo passava e ho iniziato a lavorare come lavandaia, quando un giorno, camminando a tarda sera nell’oscurità per arrivare molto lontano e svolgere una consegna, incontro lungo la strada un uomo mai visto, che mi prende contro la mia volontà, mi porta in un posto dove non avevo alcuna possibilità di difesa e mi violenta.
Frutto di questa violenza è il mio secondo figlio, figlio di un silenzio che mi ha torturata fino al suo quattordicesimo anno di età, giorno in cui ho incontrato una psicologa alla quale ho potuto raccontare il mio trauma, cercando di curare con il suo aiuto questa dolente ferita.

Nel frattempo ho incontrato un altro uomo col quale ho avuto due figli, senza essere felice. Poco dopo la loro nascita, il papà entra nel tunnel della droga, e io rimango sola con quattro figli sulle spalle. Ma la mia vita deve continuare.
Ho iniziato a elemosinare cibo nei negozi e qualche soldo nelle case, ho mandato i miei due figli più grandi in un collegio, contro la mia volontà, ma sentivo di non avere altra scelta e mi sono ritrovata di nuovo nella peggiore solitudine, con due bambini piccoli. Non trovavo ragioni a questa vita tanto crudele con me, e sono caduta in una forte depressione, arrivando al punto di sentire voci che mi sussurravano all’orecchio la soluzione: “Ammazzare i miei figli”. Fortunatamente l’ipotesi di togliere la vita a queste piccole creature mi ha sfiorato da lontano; e subito dopo sono stata capace di chiedere aiuto. Nell’intento di rinnovare la mia vita, mi sono resa disponibile come volontaria in un centro aperto all’accoglienza di bambini del mio stesso quartiere, e dopo avervi prestato servizio per un anno e otto mesi, il responsabile della struttura mi ha regolarizzato con un contratto.
Questo lavoro mi ha fatta rinascere, mi ha aperto nuovi orizzonti, mi ha regalato nuovi occhi, mi ha permesso di costruire una casetta degna per i miei figli, e fino ad oggi non mi ha fatto rivivere l’umiliazione che si prova a elemosinare per strada cibo e pochi soldi che sarebbero sufficienti solo per due pagnotte di pane. Grazie all’impegno lavorativo, alla conoscenza di persone che mi hanno arricchita moralmente, a persone capaci di scaldarmi il cuore, ho potuto riprendere in mano le redini della mia famiglia per educare e crescere i miei figli, dando valore a me stessa e alla loro vita. In questo momento di benessere, ho incontrato un nuovo amore, il mio attuale compagno dal quale ho avuto il mio quinto figlio. Lo sfogo di energia negativa e di sofferenza che mi imprigionava, insieme all’amore per Dio, mi hanno aiutata a crescere mi hanno regalato il sapore di una vita diversa. E anche nuovi momenti difficili: il mio piccolino è nato con il labbro leporino,con problemi al cuore e con solo un rene, ma sono riuscita a superare anche tutte queste disavventure; e forse, la cosa più importante è non averle superate da sola, ma con l’attuale papà e compagno di lotte verso la speranza di costruire un nostro cielo sereno, che possa riflettere ogni giorno tutti i colori dell’arcobaleno.

Questo breve ma intenso racconto di vita non vuole impressionare nessuno, non vuole essere uno dei tanti racconti pubblicati di povere donne sfortunate, ma vuole dare un colore diverso alla vita di ognuno di voi, perchè possiate soffermarvi leggendo queste righe, a pensare a tutte le volte che siete stati capaci di vedere solo nero e all’arcobaleno che vi aspettava e vi aspetterà per molto tempo ancora.

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