Il sentimento più forte e più antico dell’animo umano è la paura. E la paura più grande è quella dell’ignoto(1).
Figure che da millenni popolano la fantasia degli esseri umani, i fantasmi o spiriti, occupano un ruolo centrale nelle credenze bengalesi.
Il vocabolo “fantasma”, che dal greco significa “apparizione” (intesa come manifestazione soprannaturale), solo con il tempo si è limitato a simboleggiare la figura (spesso antropomorfa) dell’anima di un morto.
I latini li chiamavano larve che etimologicamente non è ancora certo, ma sembri derivi dal celtico larrua (maschere difformi utilizzate per spaventare), quindi mostrarsi, apparire.
La valenza che il termine fantasma ha assunto (anima del defunto) nei secoli, sembra dunque restrittiva ad un’analisi scientifica basata su quest’oggetto. La connotazione di spiriti a nostro avviso, assume una valenza più appropriata in questo contesto. Spirito infatti non significa necessariamente anima trapassata, ma può coinvolgere anche la sfera non umana, come quella delle forze ultraterrene appartenenti al mondo della natura o alla dimensione divina.
Lo spirito o spettro non conosce barriere religiose, è un fenomeno multiculturale presente anche all’interno delle tre più diffuse religioni bengalesi: Islam, Cristianesimo e Induismo. Entità malvagie, che possono anche prendere possesso delle persone: i musulmani li chiamano jinn (tradotto dal latino genius, ma molti studiosi accordano che provenga dall’aramaico “occultare, nascondere”). Ai jinn, secondo diverse interpretazioni del Corano, apparterrebbe Iblis (Shaytan), ovvero il Diavolo (il quale nell’Islam non rappresenta l’“angelo caduto”). Essi sono stati creati da Allah dal “Fuoco senza fumo”, mentre gli uomini dalla creta. Per questo motivo Iblis si rifiutò di rendere omaggio ad Adamo, in quanto generato da materia superiore a quella degli uomini. Durante la mia permanenza a Gerusalemme ho sentito racconti di case infestate e di una famiglia intera posseduta dai jinn.
Nel cristianesimo invece, ad esempio ritroviamo in tre vangeli la vicenda della possessione di Gadareno:
Gesù, infatti, gli diceva: “Esci da quest’uomo, spirito immondo!”. Gli domandò: “Qual è il tuo nome?”. Gli rispose: “Legione è il mio nome, poiché siamo molti” (2)
A Chalna, dove la maggior parte degli abitanti è hindu, si può notare come queste credenze siano ben radicate anche all’interno di questa religione. Bene è tenere a mente però, che esse sono presenti anche in tutte le altre credenze del mondo come ad esempio nella religione animista del Sudan, nella quale lo spirito dello stregone lascia la propria dimora corporea a qualsiasi ora, ma in genere la notte, per colpire la propria vittima quando dorme (3)(ma anche gli yurrei nella tradizione shintoista giapponese, le credenze nel Piccolo Popolo celtico…).
La parola bengalese per spettro è vut, quella per spirito prethatta. Essi abitano l’ondokar (l’oscurità) e vivono nelle menti delle persone alimentate dalla superstizione locale. Sono antitesi umana, puramente malvagi, non compiono mai atti che non rechino danno ai vivi. Si nutrono del dolore altrui e agiscono solo di notte, solitamente quando la loro preda è isolata. Eccezione alla regola, vi sono anche sporadici episodi che narrano di alcuni spiriti buoni, solo femminili. Sempre femminili inoltre sono le petni, dal bengalese “brutto”, le quali, come ci ha detto un informatore: sono spiriti di donne morte giovani che rovinano le famiglie. Se una di queste si innamora di un uomo sposato, farà in modo che questo non guardi più la propria moglie.
Durante questa indagine abbiamo raccolto diverse testimonianze di nativi, anche se non è stato facile raccogliere informazioni da parte dei più superstiziosi, i quali si sono dimostrati reticenti nel rilasciare interviste.
A riguardo mi viene in mente una storia narratami da S. un mese fa. S. è un ragazzo che vive all’interno della Missione. Usciti un giorno, poiché invitati a pranzo in una casa all’interno del villaggio, mi riferisce che lungo quella strada tempo addietro un uomo si era impiccato. La sua voce era bassa e flebile nel raccontarmi e i suoi occhi impauriti. Disse che se qualcuno avesse camminato con il buio su quella stradina lo spirito del morto lo avrebbe ucciso. Incuriosito dal fatto chiesi ad altre persone durante il pranzo a proposito del suicida. Durante il viaggio di ritorno S. mi avvicinò dicendomi di non parlare più con nessuno a proposito di quello che mi aveva raccontato: aveva paura di ripercussioni da parte dello spirito.
Questo è solo un esempio dei tabù che circondano questa sfera.
Qui di seguito, presenteremo alcuni resoconti di persone che non credono a questi fenomeni cercando di capire cosa muove i loro compaesani a modificare la loro vita in base a queste credenze.
G. cristiano, dice:
Qui tutti credono negli spiriti. Nella Bibbia è scritto di questo, ma io non credo proprio a tutto di quello che è stato scritto. La gente ha paura a uscire la notte da sola, ma io non ho paura.
Sin da quando eravamo piccoli i nostri genitori e parenti ci raccontavano storie di fantasmi per metterci paura e quindi è una cosa che abbiamo dentro quella di sentire qualcosa che non vediamo. Qualche volta quando cammino di notte mi vengono in mente le storie che i miei genitori mi hanno detto e poi vedo gli alberi muoversi con il vento e magari un po’ mi spavento anche se non esistono. Qualche volta i suicidi divengono fantasmi e la gente ha molta paura di loro.
M. invece afferma che:
Hanno paura, soprattutto i più piccoli, poi alcuni quando crescono non ci credono più.
Fino a poco tempo fa nel villaggio non c’era la luce elettrica poi ad esempio i miei genitori e i miei nonni sono analfabeti…Questi sono motivi che portano a credere… Poi adesso c’è più informazione, ad esempio il computer e internet quindi la situazione cambierà.
Inoltre se vai a Khulna o ancora più lontano a Dhaka, non ci credono.
Ad esempio, la gente di Chalna crede che adesso lo spirito del Dadu (4)andrà a cercare la propria famiglia arrabbiato del fatto che non sono stati al suo funerale.
Queste due prime testimonianze ci possono aiutare a chiarire qualche idea. Innanzitutto si desume il fatto che coloro colpiti dalla paura sono innanzitutto i meno istruiti e gli analfabeti, coloro che vivono con poca elettricità e nei villaggi. Come potete immaginare infatti quando calano le tenebre, al villaggio è impossibile vedere alcunché. L’unico strumento che permetta di vedere almeno dove mettere i piedi qui a Chalna, sono delle piccole torce elettriche.
Un’altra informazione che traspare è quella riguardante le accortezze che vengono date ai bambini. Forse misure di sicurezza affinché non escano con il buio onde evitare pericoli. Questo però non spiegherebbe il fatto che anche gli adulti credano all’esistenza dei vut. Sarebbe dunque sbagliato affermare che i bengalesi credono agli spiriti come i bambini occidentali credono a Babbo Natale, siccome molti dei primi quando sono adulti continuano a credere.
Abbiamo raccolto diverse testimonianze dirette, che narrano come familiari o parenti dei nostri informatori siano rimasti sconvolti da presunte presenze intraviste nell’ondokar:
N. dice:
Cinque anni fa, mio babbo una sera tornava a casa con il buio. Lui aveva paura del buio. Un albero è cascato a terra. Credeva che l’albero fosse stato spinto da un vut. Tornato a casa aveva la febbre e per la paura non mangiava . Dopo questo fatto era sempre spaventato dai vut. Un altro esempio è quello di mia zia. Lei ha ventisei anni e dopo che mio padre è morto, vede vut dappertutto e non esce mai di casa perché ha paura. E’ diventata matta. Io invece cammino da solo di notte. Magari sento il rumore di un gatto e mi spavento per un attimo. Invece un superstizioso scambierebbe il gatto per un vut. Un cane oppure una gallina… Questi possono diventare vut.
A. racconta:
Mio fratello maggiore ha molta paura dei vut. Ricordo una sera che camminava per la strada e ha creduto di vedere un vut. Me lo ha descritto come un uomo enorme dagli occhi rossi e dalle zanne lunghe. Quella sera quando è tornato a casa non ha parlato con nessuno ed è andato a dormire senza mangiare. Il giorno dopo aveva la febbre e io sono andato a controllare nel punto dove mi aveva detto di aver visto il vut. Era un albero.
Poi aggiunge:
La mia famiglia è musulmana qualche anno fa ci è capitato di seppellire un nostro parente vicino a casa. Mio fratello aveva molta paura. A volte quando passava vicino alla tomba scappava mettendosi a correre…Qui al villaggio nessuno esce di casa dopo le sei di sera per paura dei vut. Non escono nemmeno di casa per fare pipì.
Tratto riscontrato molto comune è quello sopracitato. Tutti coloro che temono i vut, hanno paura di uscire di casa la sera per fare i propri bisogni. Bisogna sapere infatti, che all’interno delle abitazioni del villaggio di Chalna, non esistono gabinetti, quindi tutti le espulsioni fisiologiche avvengono all’esterno, spesso anche di giorno, sotto gli occhi di tutti. Questo crea dei problemi quando cala è sera. Abbiamo udito storie di padri di famiglia che non escono di casa per fare pipì all’esterno se non accompagnati dalla moglie. Di un uomo che ha fatto un buco nella propria camera da letto per così gettarne i rifiuti organici, piuttosto che uscire di casa con il buio.
Si potrebbe andare avanti all’infinito narrando queste storie, due settimane fa ad esempio è stata accolta all’interno della Missione una ragazza. Z. soffriva di attacchi di isteria facilmente scambiabili per possessione spiritiche dai più superstiziosi. Per questo motivo è stata più volte allontanata dal villaggio. Ogni giorno le venivano uno o due attacchi. Nel tenerla ferma, affinchè non si facesse del male, ai più impressionabile avrebbe potuto far credere che qualcosa di sovrannaturale fosse in lei: aveva gli occhi sgranati puntati nel vuoto e una forza che non si sarebbe detto vedendone la costituzione minuta. Ora grazie all’aiuto di medicine sembra guarita, ed è tornata ad abitare con il proprio marito.
Concludiamo dicendo che per qualcuno queste credenze stanno cambiando. La nuova generazione vissuta all’interno della Missione, non vedrà più vut. L’istruzione e l’interscambio culturale che avviene nelle grandi città come Dhaka, portano ad una consapevolezza che elimina le supersitizioni e l’ignoranza. Questi sono gli unici fantasmi contro cui è necessario combattere.
L’ignoranza difatti dilata la nostra cognizione dell’ignoto e l’ignoto aumenta la percezione delle nostre paure.
Note:
1. H.P. Lovecraft
2. Mc 5, 1-20
3. Edward E. Evans Pritchard, Stregoneria, oracoli e magia tra gli Zande, Raffaello Cortina Editore, Milano 2002
4. Vedi articolo sui funerali Hindu
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