Astrakhan: nonostante possa suonare come il nome di un personaggio violento appena uscito dalla “saga” delle “Tartarughe Ninja”, è il nome di una città russa di 500.000 abitanti che si affaccia sulle rive del fiume Volga in prossimità del mar Caspio, a un’ora dal confine col Kazakhistan.
Ormai sono 4 mesi che sto prestando qui la mia scelta di servizio civile all’estero.
Vivo in una tipica casa russa nella periferia di Astrakhan con Mirella, la responsabile del mio progetto e 3 volte la settimana, dopo esserci svegliati di buon mattino prepariamo fette di salame, uova e thè da distribuire ai vari senzatetto della città. Astrakhan
Ormai abbiamo un giro pressoché fisso, conosciamo gran parte di loro, il posto strategico che hanno individuato per la raccolta delle offerte e alcuni stralci delle loro vite, che nella gran parte dei casi fluttuano tra sofferenze, ingiustizie e attimi di pazzia.
Non sai mai di quali sfaccettature possa colorarsi la giornata: capita che la tua pagina esperienziale si colori di tonalità vispe, accese e allegre quando trovi la nonnina che cerca di trasmetterti la sua allegria e la sua repressa voglia di socializzare intonando canzoni tradizionali russe, ma capita anche che le confessioni di un passato sofferto sfocino inevitabilmente in lacrime, eclissando il tuo positivismo fino all’ora di cena.
La vita qui per i senzatetto non è affatto facile: molti di loro dormono sui tubi dell’acqua calda per vincere il gelo invernale, rischiando gravi ustioni. La maggior parte di loro poi, vuoi per la tristezza e la voglia di rimuovere i ricordi, vuoi per il freddo, ritma le loro giornate con forti dosi di super alcoolici o semplicemente con alcool puro mischiato a bibite, soluzione più economica.
Oltre a questo, aiuto a sbrigare le varie faccende per la casa e per l’orto e spesso passo del tempo con Albert, un ragazzo della mia età con una lieve deviazione psichica, che abita nell’altra casa famiglia non distante da noi.
Da poco ho imparato anche a guidare la “Niva”, il nostro mitico marchingegno da battaglia: una macchina sovietica
dai comandi scontrosi, che ogni giorno cerca di districarsi tra le cosiddette “buche crateri” e il traffico “napoletano” di Astrakhan. Ho affrontato il primo periodo qui con i “piedi di piombo”, vuoi per le novità della convivenza, vuoi per i momenti di solitudine, vuoi per le difficoltà emotive di per sé intrinseche al progetto. Pian piano però inizio a percepire le note autentiche dell’esperienza.
Il rapporto con la natura e con le condizioni atmosferiche è molto più intimo rispetto a quanto lo sia da noi:
si parla spesso del tempo, vuoi perché è una delle variabili che più agisce sul morale,
vuoi perché può condizionare in maniera più che diretta i tuoi programmi giornalieri.
L’animo russo secondo me è ben riassumibile nelle parole di una canzone popolare: “triste e disincantato nel profondo, ma allegro e consapevole in superficie”.
Vivere qui offre delle belle sensazioni: più ti addentri nella cultura e nella conoscenza della lingua, più senti calore e rispetto nei tuoi confronti.
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