“Non saprò mai quello che effettivamente ti dò, so che alla fine di ogni giorno, guardando indietro, ho il cuore, la testa e i sensi pieni di te, una pienezza pura e genuina che riesce a vincere ed accettare i miei limiti”. Dopo otto mesi di servizio civile in Bolivia, Bianca, Casco Bianco Apg23, si racconta attraverso questa lettera.
Non è il titolo di una nuova canzone trap e neppure un elogio patriottico, è solo una lettera che ti scrivo per ringraziarti del tempo passato insieme. Sono un essere umano ed è nella mia indole lamentarmi, e non ti preoccupare puoi stare certa che continuerò a farlo, ora però voglio ringraziarti.
Proprio l’altra notte, una delle lunghissime notti insonni, guardavo il tuo sconfinato cielo senza nuvole e pensavo a quanto piccola sono, quanto rimpiazzabili ed effimere sono le mie azioni, e mi sono sentita protetta: niente responsabilità colossali, niente impeccabilità, solo vita con le sue oscurità proprio come l’immenso cielo davanti a me.
Ti voglio ringraziare per tutti i limiti che mi porti a superare, tutte le mie paure, per tutte le volte che mi hai costretto a “stare” ed “esserci”, anche quando ero scarica, facendomi superare i “se”, i “come” ed i “perché”.
Grazie per tutte le volte che un ragazzo di strada mi porta ad essere umana, con la mia storia alle spalle e un libro intero davanti da scrivere, che grazie a te sarà colmo di esperienze, pezzetti nuovi e cicatrici condivise, come le lunghe notti ad ascoltare i pensieri e le difficoltà di una mamma che ha paura a camminare da sola in questo mondo, le risa piene di semplicità delle persone senza fissa dimora che incontro quando vedono che c’è qualcuno anche per loro, o quando in comunità terapeutica le critiche e le correzioni perenni non sono altro che un modo per ringraziarti di ascoltare. Grazie per tutte quelle volte che la mia giornata è cambiata per il sorriso di qualcuno, o per il ricordo di una stupida canzonetta infantile, che mi ricordava i pianti, gli strilli e i sorrisi dei bambini che sempre mi accolgono a casa.
Arrivata a otto mesi di vita qui con te, posso dire di sentirmi a casa in tutte le piccole cose che ti compongono, e mi avvolgono: i rumori, gli odori, i sapori e i colori, tutto ormai è famigliare e magnifico, ma allo stesso tempo non smette mai di sorprendermi.
La mia vita qui con te è frenetica, una frenesia tutta “italiana” che si deve adattare ai “ritmi boliviani” ogni volta che vivo le sei realtà che la compongono: la casa famiglia, la comunità terapeutica, l’unità di strada, l’asilo nido, il carcere e le attività con ragazzi disabili. Però mi sento a casa, una casa calda ed accogliente, con tutti i personaggi bizzarri che compongo e rendono uniche tutte le famiglie. Nella mia, grande e varia, ci sono tutti: gli zii brontoloni che non fanno altro che criticarti e rinfacciarti cose, ma che poi se ne escono sempre con i consigli più bizzarri e ti accolgono in questa famiglia; le sorelle e i fratelli che sono gelosi, dicono bugie e alle volte ti fanno arrabbiare, però ci sono sempre a farti tornare il sorriso; tutti i nipoti urlanti e chiassosi che con i loro occhi ti fanno capire il vero significato delle cose, la mamma e il papà che ti guardano storto, ma hanno sempre una parola di conforto. Nella mia grande famiglia ci sono tutti in ordine sparso o alterno ed è questo che la rende così fantastica.
Per questo ti voglio ringraziare per le notti che mi lasci sveglia a pensare alle vite degli altri, a parlare ed ascoltare storie di vita, per le emozioni che provo tutte le volte che cammino e ti osservo.
Non saprò mai quello che effettivamente ti dò, so che alla fine di ogni giorno, guardando indietro, ho il cuore, la testa e i sensi pieni di te, una pienezza pura e genuina che riesce a vincere ed accettare i miei limiti, è un’energia che si muove, cambia e alle volte stanca, però guardando il tuo immenso cielo azzurro e il tuo sole che scalda e si riflette negli occhi brillanti ti mette in moto.
Grazie, Bianca.
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