“Buonasera, sono una delle volontarie dei Corpi Civili di Pace con Legambiente Liguria, siamo impegnate in un progetto incentrato sul rischio idrogeologico a Genova e stiamo somministrando dei brevi questionari anonimi sulle alluvioni ai commercianti della zona, le va di rispondere?”.
I questionari, da noi elaborati, hanno lo scopo principale di indagare la percezione del rischio dei cittadini (residenti, commercianti, insegnanti) della Bassa Val Bisagno e della Foce, tra le zone più duramente colpite dai recenti eventi alluvionali nel capoluogo ligure.
Non tutti vogliono rispondere. C’è chi non è interessato, chi non ha tempo, chi è troppo occupato a servire i clienti, chi non solo risponde ma ci offre anche il caffè. C’è chi come Laura (il nome è di fantasia), seduta dietro al bancone del suo bar, ci pensa un po’ prima di decidere e capisci subito che dietro a quella momentanea indecisione c’è tanto dolore, o rabbia, o magari entrambi. Ma il momento di indecisione passa e Laura inizia a rispondere alle mie domande. Anche quelle, ormai, le so a memoria: “la sua attività ha sede in Val Bisagno da prima del 2011? Se sì, ha subito danni dall’alluvione del 2011? E del 2014? Se no, era a conoscenza dell’elevato rischio alluvionale a cui è esposta la zona quandoha aperto la sua attività?”
Le domande iniziali sono molto dirette e concise, le risposte chiuse, sì, no, non lo so. Ma più si va avanti più a Laura viene voglia di aprirsi e sfogarsi, dimenticare le caselle da barrare sul questionario e raccontare con parole sue, gesticolare animatamente, alzare la voce.
Laura urla mentre mi racconta del 4 novembre 2011, quando è stata costretta ad andare a prendere i suoi figli a scuola e attraversare insieme la piena del torrente. Mi dice che il figlio più piccolo era aggrappato alle sue spalle e il maggiore le dava la mano. Descrive in dettaglio, come fossero passate soltanto poche ore, la forza dell’acqua, il marrone torbido del fango che le impediva di vedere, i detriti che le colpivano le gambe e il momento in cui all’improvviso la manina di suo figlio non era più stretta nella sua. Laura mi racconta di come ha combattuto contro l’acqua del Bisagno, di come ha salvato per un soffio la vita del suo bambino, “per miracolo”, dice. Io ascolto e trattengo a stento le lacrime.
Laura non è l’unica ad avere tanto da raccontare, come lei le oltre 300 persone che hanno deciso di condividere con noi le loro storie, di aprirsi a quattro sconosciute sulla strada in una città in cui la parola non viene mai facile. “Se il Natale non va bene, sarò costretta a chiudere, devo ancora rientrare dai danni del 2014 e se questo Natale non va bene non ci sarà più speranza”. “Non vorrei andarmene perché sono molto affezionata alla zona. Mia mamma ha lavorato in questo negozio per 50 anni, ma ormai la gente qui è cambiata. Appena inizia a piovere, c’è tanta paura”.
Ripenso a quando ho iniziato la mia esperienza con i Corpi Civili di Pace ormai quasi un anno fa, in uno degli unici due progetti che si svolgono in Italia, e non credo che all’epoca mi rendessi conto di quanto questo percorso mi avrebbe aiutata a conoscere più a fondo la mia città e i miei concittadini. Se tutte le attività che abbiamo sviluppato in questo anno insieme a Legambiente (i questionari, i laboratori e i giochi per i bambini, le passeggiate di quartiere ecc.), sono servite a insegnare qualcosa alle persone che vi hanno partecipato, credo che ancora di più abbiano insegnato a noi volontarie. Per questo ritengo che l’esperienza dei Corpi Civili di Pace debba nel tempo consolidarsi ed essere allargata al maggior numero di giovani possibili.
Devo però ammettere di aver mentito all’inizio di questa testimonianza: ho detto di essermi sempre presentata come volontaria dei CCP e non è vero, mi sono sempre presentata come ‘Alice del Servizio Civile’. Se avessi detto ‘Corpi Civili di Pace’, nessuno mi avrebbe capita.
Spero che in futuro questo cambi.
Lascia un Commento
Vuoi partecipare alla discussione?Sentitevi liberi di contribuire!