Caschi Bianchi a Lourdes? Libertà e disabilità in Francia

CB Apg23
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Nel “Paese della libertà”, le persone con disabilità godono di centri ed attrezzature iperspecializzati, ma l’integrazione dov’è finita? Ce lo raccontano Palmino e Lucia, da 6 anni a Lourdes con la loro casa famiglia: un bel minestrone di diversità ed incontro.

 

18 ottobre. “Eccoci in cucina a farvi una testa così con tutti i personaggi della casa. Con tutte le storie delle nostre famiglie. Ogni tanto riesce il nome di Roman, il volontario Casco Bianco che ha vissuto con noi nove mesi lo scorso anno. Quasi un rito per non sostituire ciò che rimarrà nel nostro cuore: la scoperta sempre nuova dell’unicità di ciascuno di noi e della grande forza che viene dal mettere insieme quello che siamo in quello che viviamo. Siete in po’ impauriti. Lo siamo anche noi anche se giochiamo a fare gli esperti. Anche noi abbiamo la stessa domanda: chissà come andrà. Chissà che i miei limiti non siano troppo d’ inciampo alla nostra avventura. La sintesi più bella però la fai tu Ele: “Voglio dare una svolta alla mia vita”. Anche noi! Vogliamo contagiare ed essere contagiati. Vogliamo mettere insieme sogni e desideri. Forze ed energie per un mondo più bello ed accogliente a partire dalla realtà che viviamo che ha bisogno delle vostre spensierate ali per volare verso posti non ancora esplorati”
Palmino e Lucia

 

L'arrivo di Moussa ed EleonoraPalmino e Lucia fanno parte della Comunità Papa Giovanni XXIII, e per la prima volta l’anno passato hanno ospitato 2 volontari Caschi Bianchi nella Casa Famiglia dove vivono a Lourdes. Ora è il turno di Eleonora e Moussa, i nuovi Caschi Bianchi arrivati da poco e che resteranno per i prossimi 9 mesi.
Ma perché la presenza di una casa a Lourdes, e di volontari Caschi Bianchi proprio qui in Francia? Abbiamo chiesto a Palmino e Lucia di descriverci la loro scelta e la situazione che hanno incontrato e stanno incontrando in questi anni, nel Paese della libertà.

“Io e mia moglie siamo entrati a far parte della Comunità Papa Giovanni XXIII 13 anni fa con il sogno missionario già nel cuore. Questo sogno si è concretizzato nel 2010 con la partenza in Francia.
La nostra famiglia è composta da 7 figli naturali, 3 figli adottati ed una sorella tetraplegica che fa parte della nostra famiglia da 10 anni. In questo momento sono presenti due Caschi Bianchi e due ragazzi che per varie vicissitudini hanno bisogno di essere accolti. Varie le nazionalità e le religioni: cattolici, musulmani, tunisini, maliani, senegalesi, italiani. Siamo venuti in missione in Francia rispondendo ad una chiamata specifica di Giovanni Ramonda – il Presidente dell’associazione – che chiedeva di aprire realtà nei luoghi di fede europei quali Lourdes, Fatima, Roma e magari in futuro anche Czestochowa, seguendo la volontà del fondatore Don Oreste, che sosteneva che “La Comunità si può governare solo con delle buone ginocchia”.

Siamo in Francia da 6 anni e mezzo, ma abbiamo ancora molto da scoprire della cultura e della visione della vita di questo Paese. Infatti pur essendo cugini, molto vicini a livello geografico, pur avendo una storia che si è incrociata per vari motivi con la nostra, ci troviamo ogni tanto di fronte a dei punti interrogativi. Probabilmente essendo stranieri andiamo più facilmente a scontrarci con delle contraddizioni interne della società francese e mi spiego subito.


Al ParcoIn questa società multietnica e multiculturale, dove la parola “libertà” viene proclamata spesso e a gran voce, alcune categorie di persone non possono usufruirne, finendo per essere considerati gli “invisibili
“.
È il caso delle persone con disabilità.
Rispetto all’handicap c’è un grandissimo sforzo di ricerca, che porta ad una specializzazione nelle pratiche curative e riabilitative. Le strutture per disabili presentano un’alta offerta di servizi assistenziali di qualità, questo provoca da un lato un ottimo servizio alla persona, dall’altro l’isolamento del disabile all’interno di strutture ed ambienti che sono poco in contatto con l’esterno. Questo approccio medicalizzato è considerato l’unico necessario alla persona con handicap, così integrazione ed inclusione non sono ritenute necessarie, pur essendoci una legge del 2005 che ne parla esplicitamente.
La mobilità di persone con disabilità, con o senza assistenza, è problematica per 9 casi su 10. Meno di un bambino disabile su 5 partecipa senza difficoltà ad attività dedicate al tempo libero*. Una delle principali problematiche è legata anche alle barriere architettoniche. (*Da “Les personnes en situation de handicap en Midi-Pyrénées”, Ottobre 2012).

Questo fa si che si creino dei grandi centri specializzati residenziali che garantiscono le cure fisiche, l’assistenza e la scolarizzazione. I bambini crescono e poi invecchiano in questi centri lontani dagli occhi e dalla vita delle persone cosiddette normali.

Abbiamo deciso di chiedere la presenza di due volontari Caschi Bianchi che ci possano aiutare in un lavoro di inserimento nel tessuto associativo francese che si occupa di disabilità. Abbiamo voglia di farci contagiare nel fare bene le cose e di contagiare la società francese con la scoperta della condivisione diretta. Con la scoperta della reciprocità che ridona dignità. La persona non è il suo handicap, e lo si scopre solo facendo un pezzetto di strada con loro, conoscendoli, mettendo in gioco la tua vita.

Abbiamo oggi due ragazzi volenterosi che con grazia e forza, sono al nostro fianco. Si stanno facendo voler bene dai nostri figli. Sono compagni di giochi e compagni di vita, con grande voglia e curiosità di lanciarsi nel progetto. Il primo periodo in Casa Famiglia lo stiamo utilizzando per capire quali sono i loro doni peculiari, attraverso i quali costruire questi nove mesi. Dal canto loro invece stanno cercando di capire qual è quella giusta distanza educativa indispensabile per condividere un tratto di strada insieme e poi salutarsi serenamente alla fine del servizio.
Dai, cammineremo insieme con la gioia dell’incontro e la passione verso i più deboli.”

 Tutti insieme!

 

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