“Cara famiglia,
questo anno sono stato in Cile, come spero vi siate accorti. Alla difesa in maniera alternativa, come Casco Bianco CON altri 60 ragazzi in tutto il mondo, di una patria, che è di tutti, anche vostra.
La mia assenza in casa mi ha portato a vivere un anno che tutti descrivono come un’esperienza, ma che per me é vita é darle l’accezione di esperienza é come ridurla, minimizzarla.
Ho vissuto un anno in Santiago del Cile, a Peñalolen, comune vicino alle Ande, un incanto alla mattina presto. Ho vissuto in una casa di accoglienza, dal nome importante, “ESPERANZA”. Casa per minori che per diverse ragioni non possono vivere con le proprie famiglie e che non mi hanno fatto sentire tanto, scusate, la vostra mancanza. Questi ragazzi sono qui, non per loro scelta ne per loro errori, e questa é la cosa che vivendo qui impari ad accettare ma é quella cosa che ti fa capire, con rabbia, che in questo sistema c’é qualcosa che non va.
Qui é dove ho vissuto, mangiato, dormito, fatto la doccia, giocato a carte, a calcio, tagliato i capelli, colorato, litigato, trovato confronto, posto speranze e dove ho visto crescere me e i ragazzi che penso non dimenticherò mai. Fortunatamente, ora che vado via, oltre ai 10 “monelli”, come Daniele li chiama scherzosamente, questa casa sarà cuidada (“seguita con cura ed affetto” è la traduzione che più si avvicina al significato) da una famiglia di enorme passione – Daniele, Emelina e Sol, la figlia di 2 anni e mezzo – e da un giovanotto – Carlos – che ho imparato a capire e che mi ha aiutato a capire, che ha sopportato il mio disordine e le mie ore piccole.
Un giorno li dovreste conoscere e vedere all’opera.
Sono arrivato qui con gli occhi e il cuore aperti, con grandi aspettative nei confronti di me stesso e con la speranza e la voglia, gigantesca, come voi sapete, di cambiare il mondo. Dopo un anno, riporto a casa il mio disordine, le mie ore piccole, cuore ed occhi pieni di bellissimi momenti, dei “primi giorni di scuola” dove mi sentivo orgoglioso di Malcom e delle sue interminabili offese, di Jorge L. e della sua passione per il calcio, di Jorge O. e dei suoi silenzi super rumorosi, di Jorge F. e delle sue risa, di Jorshua e della sua musica, di Felipe e delle nostre ore passate a parlare sul divano, di Alberto e delle sue bellissime ansie e della sua generosità, di Cristian e dei suoi leggeri abbracci, di Sol e della sua forza, delle corse verso la porta quando entravo in casa di Joel e della sua risata contagiosa, dei silenzi di Maicol e delle sue domande inaspettate, dei giochi da “bambini” del piccolo Franco, delle infinite partite a ping-pong, delle risate a tavola e delle domande da adulti, degli abbracci stritola-ossa, dei momento di confusione, della musica a tutte le ore, delle pulizie e delle interminabili lavatrici, dei paragoni, le difficoltà, che mi hanno segnato e dalle quali ho cercato e sto cercando di ricavare il massimo, di un amore non quantificabile nei confronti di questi ragazzi che devono diventare adulti prima del tempo, prima di me. Mi riporto a casa una valigia più pesante, che spero mai si alleggerirà della speranza che ho in questa famiglia e in tutti loro, e dopo quello che ho visto e vissuto, della speranza che cambiare il mondo sia una cosa possibile, “el camino es largo” mi hanno detto, però se fosse facile..
Sono contento dei miei cambiamenti che più o meno saranno visibili al ritorno, ma che io sento vivi dentro di me. Quello che lascio è difficile da capire, ma in 10 mesi sono tante le cose. Ritorno con una grinta di continuare in questa direzione. Come voi mi avete sempre detto, tutto si può fare, e come poi abbiamo appreso, ogni problema ha soluzione, altrimenti non è un problema. Moltissime sarebbero ancora le cosa da dire, ma magari non vi anticipo tutto.
Torno il 2 giugno a Rimini, mi venite a prendere alla stazione…Grazie“
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