“Arauco ha un dolore, che non posso zittire |
“Arauco tiene una pena que no la puedo callar nadie le ha puesto remedio pudiendolo remediar levántate Huenchullán” |
“Arauco tiene una pena” – Violeta Parra
Come Caschi Bianchi abbiamo scelto di impostare la nostra presenza in questo Paese partendo dalla condivisione di vita con le persone che lo abitano. Condivisione di percorsi, di progetti, di lotte quando necessario, entrando in punta di piedi nelle realtà che incrociamo. È un’ottica privilegiata, quella degli “ultimi”, perchè le contraddizioni di un sistema si scoprono mettendosi al fianco di chi da quel sistema è ingiustamente tagliato fuori. Con queste premesse abbiamo deciso di scrivere della questione Mapuche: allontanandoci dagli stereotipi, dalla superficialità, puntando piuttosto a contestualizzare nelle macro-problematiche dei popoli originari un’esperienza vissuta in prima persona. Ci siamo avvicinati alla realtá della famiglia Marillanka-Tropán, contadini della comunitá José Manuel Tropán (zona di Villarrica), con la “scusa” di aiutarli nella costruzione di un pollaio. Pochi giorni, immersi nella vita semplice della campagna sureña, bevendo mate insieme e mangiando i prodotti della loro terra. Abbiamo voluto optare per un tipo di ricerca “etica”, che partisse innanzitutto da un aiuto concreto alla comunitá, per poi passare all’ascolto dei vissuti e alle fotografie. Niente mistificazioni, niente preconcetti, ma la genuinità di una storia il cui filo è stretto saldamente tra le mani e la memoria di chi racconta.
Parte prima: Conflitti secolari – la storia della regione Villarrica
Toponimia
La teoria più accreditata sull’origine del nome di Villarrica deriva dalla denominazione con la quale si alludeva alla quantitá di siti d’estrazione d’oro, dove accorrevano numerosi i cercatori di questo minerale. Questa fu inoltre una delle caratteristiche che favorirono lo sviluppo della città, come allo stesso modo accadeva in tutto il paese: lo sfruttamento dei giacimenti d’oro e d’argento fu la principale attività economica del Cile del XVI secolo.
Cenni storici e geografici
Villarrica è una città della Provincia di Cautín nella IX Regione: l’Araucanía. La città di Villarrica, che conta con 50.706 abitanti, si estende al lato e lungo l’omonimo lago. Quest’ultimo veniva chiamato dai primi abitanti della zona Mallowelafkén, vocabolo che in lingua mapuche significa “Lago dove c’é argilla bianca”.
La regione situata attorno al corso del fiume Toltén e sotto la riva meridionale del Lago Mallowelafkén é caratterizzata per un paesaggio pianeggiante, leggermente rialzato (227m sul livello del mare), un terreno fertile per l’agricoltura, percorso da numerosi torrenti e ruscelli (oltre che l’ampio lago) e una ricca e variegata fauna locale. Queste proprietà ne fecero da sempre un territorio fonte permanente di sostentamento alimentare per gli insediamenti umani. Un tempo immersa in una lussureggiante foresta pluviale temperata, la zona di Villarrica, dotata di una geografia privilegiata, fu considerata un luogo preferenziale e sicuro per i gruppi umani che la popolarono fin da tempi antichi. Secondo le ricostruzioni archeologiche [1], le prime popolazioni ad insediarsi sedentariamente nella zona furono i Tupi-Guaraní delle foreste dell’Amazzonia, che arrivarono attraverso i passi montani della cordigliera, fra il 9000 e 6000 A.C.
I gruppi umani esistenti nella zona del Lago Villarrica-Mallowelafkén prima dell’arrivo degli spagnoli erano principalmente tre etnie in relazione reciproca, tutte facenti parte della grande famiglia mapuche: si trattava dei Williches (Gente del Sud) distribuiti lungo la costa, la parte centrale e la pre-cordigliera, dei Pewenches (Gente dei Pinoli) che vivevano alle pendici delle montagne e lungo la cordigliera stessa, infine attorno al lago Mallowelafkén risiedeva la bellicosa e temuta etnia dei Poelches (Gente dell’Est).
Nel dicembre del 1551, prima della fondazione delle cittá di Villarrica e Valdivia, durante la prima spedizione di Pedro de Valdivia e Geronimo de Alderete attorno al lago Mallowelafkén, gli spagnoli videro queste societá e ne rimasero colpiti, di ció ne ritroviamo traccia in molteplici resoconti spagnoli dell’epoca, come quello scritto da Gerónimo de Vivar: “…Superammo il fiume Cavtén, ci movemmo in direzione della cordigliera e incontrammo un lago molto ampio, da cui nasceva il fiume Toltén. In mezzo al lago c’era un’isola, popolata da molta gente, da lí ci vennero incontro in canoa gli abitanti locali…”.
L’anno successivo Pedro di Valdivia ordina a Gerónimo De Alderete di fondare una nuova colonia, trovare un valico vicino nella cordigliera e identificare zone in cui ci fossero ricchezze minerarie.
Nell’aprile 1552 De Alderete torna con 60 soldati attorno al lago Mallowelafkén e sulla sponda occidentale fonda la Villa Rica, ovvero il “prospero villaggio”. Nei decenni seguenti, fino ai primi anni del XVII secolo si susseguiranno contatti pacifici e scontri armati fra spagnoli e abitanti locali. Negli ultimi anni del ‘500 la Corona Spagnola passa un periodo di confusione ed instabilitá, di cui una delle dirette conseguenze é la serie di perdite contro i clan mapuche, che poco alla volta riconquistano tutti i territori a sud del fiume Bio Bio. Nel febbraio 1602 la stessa sorte tocca a Villarrica: in uno scontro armato in cui si combatte fino all’ultimo uomo i mapuche prendono la cittá e la radono al suolo. Passerano quasi tre secoli di silenzio prima che i conquistatori spagnoli riusciranno a mettere di nuovo piede su queste terre.
Fra il 1877 e il 1882 vengono fatti dei sopralluoghi da parte dei funzionari del governo Cileno e nei contatti coi caciques (capi mapuche) viene accennato loro l’intenzione dei coloni di ripopolare a breve la cittá. Il 31 dicembre del 1882 il colonnello Gregorio Urrutia ed altri ufficiali convocano una riunione con i longkos (capi clan) mapuche e viene esposto l’imminiente piano di ricolonizzazione di Villarrica; dopo aver specificato la quantitá di soldati e mezzi militari che il governo cileno stava mobilitando per l’operazione e i possibili benefici per i mapuche nel caso che non ponessero resistenza all’invasione, a malincuore i longkos permettono ai coloni di tornare sulla cittá. In giorno seguente, il primo gennaio 1883, marciano fin alle rovine della vecchia cittá piú di 700 uomini armati con reparti di cavalleria e cannoni, al comando del colonnello Gregorio Urrutia. Con l’ultima fondazione di Villarrica si conclude il processo di colonizzazione dell’Araucania: esso porterá l’annessione complessiva di 5.000.000 di ettari di terreni indigeni allo stato cileno, lasciando ai nativi circa il 5% dei territori originari.
Nel febbraio dello stesso anno verrá creato un avanposto fortificato per controllare i movimenti dei mapuche ad est di Villarrica, sul lato opposto del lago: si chiamerá Pucon.
Nel 1895 con un regolamento vengono fissati i requisiti per i coloni per poter esser titolari delle parcelle nei nuovi territori conquistati.
Si tratta di 60 ettari per ogni capo famiglia e 30 ettari aggiuntivi per ogni figlio maschio maggiore di 16 anni. Fra il 1901 e 1902 il governo autorizza l’acquisizione di ampi territori mapuche per destinarli ai nuovi coloni che arrivavano nella regione. Il progetto di colonizzazione allarmó le famiglie mapuche che venivano man mano espropriate dei propri terreni, cacciate dai luoghi originali e obbligate a trasferirsi in aree remote, quasi sempre scoscese o boschive, di scarse attrattive e possibilitá agricole. Si crearono cosí 144 riserve, oggi chiamate comunitá indigene. La mancata osservanza da parte dei coloni dei diritti dei mapuche sulle poche terre a loro rimaste, i continui abusi, usurpazioni e danni sui terreni, proprietá e bestiame mapuche portó il 23 ottobre 1903 ad una importante riunione fra i frati cappuccini e i caciques mapuche, dove questi ultimi chiesero ai frati di essere rappresentati legalmente davanti allo stato cileno. Con l’aiuto dei cappuccini si cercarono di contabilizzare in un registro le proprietá mapuche, auspicando ad un’urgente regolarizzazione dei loro titoli e parcelle.
Nei primi decenni del ‘900 la cittá va ampliandosi, modernizzandosi e crescendo velocemente in numero di abitanti: vengono aperte diverse nuove attivitá commerciali, vengono ampliate e lastricate alcune strade del centro, si istalla un sistema di poste e telegrafo, si rinforzano le vie di comunicazione, vengono costruiti ponti e vengono messe a servizio della cittá moderne barche a vapore.
La Comunitá Indigena José Manuel Tropán
Dal 1884 al 1929 lo stato cileno fornisce ai mapuche dei titulos de merced, letteralmente “titoli di ricompensa”, cioé delle terre che potevano essere restituite agli abitanti originari grazie alla legge 4/12/1866 della Comisión Radicadora de Indígenas. Attualmente una percentuale di queste terre é stata persa, usurpata o in altro modo, legale o illegale, ha smesso di esser parte dei possedimenti indigeni.
La riserva di Añilco, chiamata anche José Manuel Tropán, si sancisce ufficialmente il 20 dicembre del 1912, con la consegna del Título de Merced al longko José Manuel Tropán e ad altre 21 persone, che avevano aperto la richiesta l’anno precedente, per regolarizzare secondo la legge del governo cileno il titolo dei terreni che giá possedevano anteriormente. La riserva aveva una superficie totale di 573,7 ettari.
Nel 1927 si promulgó la Legge di Divisione delle Comunitá Indigene, che permise per piú di una decada la suddivisione in proprietá private dei terreni delle comunitá mapuche e, dopo un periodo di almeno 10 anni, la vendita delle terre in questione a persone non-indigene. Nel caso della riserva di Añilco, questo accadde per un 45% dei territori originali, forse senza aver rispettato il termine minimo dei 10 anni. La vendita a non-indigeni avvenne giá nel 1938. Si potrebbe dedurre che l’obiettivo di suddivisione in proprietá private avvenuto nel 1938 non fosse stato il compimento di un desiderio proprio di qualche membro della comunitá (non ci sono indizi che mostrino che qualcuno dei membri abbia sollicitato la richiesta) se non, invece, dare puramente un’apparenza legale alla vendita ad alcune persone estranee.
Secondo il racconto storico orale predominante nella famiglia Tropán, questa vendita fu fraudolenta, obbligando la trasformazione di quello che credevano fosse un contratto di affitto in uno di vendita, con un aumento della superficie stabilita e senza il pagamento del totale del prezzo accordato, tutto ció ingannando a un longko analfabeta che non aveva gli strumenti per intendere cosa c’era scritto.
Fra i terreni perduti si trovavano la maggior parte dei boschi nativi di Añilco e dei luoghi sacri dove si trovava un rehue [2] e dove si dava forma ad antiche cerimonie tradizionali [3].
“Un giorno arriva da lontano il ladro conquistatore cercando montagne d’oro, che mai l’indio ha cercato, all’indio basta l’oro che gli risplende dal sole. Rialzati, Curimón. |
Un día llega de lejos Huescufe conquistador, buscando montañas de oro, que el indio nunca buscó, al indio le basta el oro que le relumbra del sol. Levántate, Curimón. |
Parte 1 di 3 – Continua
Leggi la seconda parte Ho ancora sangue mapuche – La nostra esperienza nella Comunità Josè Manuel Tropàn
Leggi la terza parte Ho ancora sangue mapuche – Uno sguardo d’insieme
[1] Tom Dillehay: “Observaciones y Consideraciones sobre la Prehistoria y la Temprana Época Histórica de la Región Centro Sur.” Estudio Antropológico sobre los Mapuches de Chile Sur Central – Página 12.
[2] Si tratta di un altare sacro, a forma di tronco scavato, a volte con aspetto atropomorfo, utilizzato dai mapuche in diversi tipi di cerimonie.
[3] Nguillatún: lett. “richiesta”, si tratta di un’antica cerimonia mapuche, un rito di connessione con il mondo spirituale per chiededere il benestare, fortificare un’unione o ringraziare dei benefici ricevuti.
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