Caschi Bianchi Indonesia

Di casa in casa per costruire inclusione sociale

In una piccola isola indonesiana per promuovere l’inclusione e la partecipazione delle fasce più deboli. La galleria fotografica e il racconto di Michele

Scritto da Michele, Casco Bianco con Caritas Italiana

Dopo aver atteso per un paio d’ore i litri di benzina utili a fare il pieno del mini-bus Caritas – i rifornimenti arriveranno solo domani mattina sull’isola, per le strade v’è una lunga fila in attesa di risolvere il nostro stesso problema -, possiamo incominciare un viaggio di un’ora e trenta minuti da Gunung Sitoli verso settentrione, Pulau Nias Utara, ove svolgeremo il servizio CBR (“Community Based Rehabilitation”) presso il villaggio Desa Siofabanua. Si tratta di un progetto sostenibile di riabilitazione psico-fisiologica a livello domiciliare e comunitario, con obiettivo principale l’inclusione sociale e la partecipazione attiva delle fasce più deboli, soprattutto adolescenti.

Per tenermi in allenamento lungo il tragitto di andata mi faccio insegnare una serie di espressioni ricorrenti in Bahasa Nias e Bahasa Indonesia (rispettivamente, la lingua nazionale indonesiana e quella parlata a livello locale su quest’isola) che annoto sulla mia “agendina rossa di salvataggio” (da me soprannominata ‘bukuku’, letteralmente ‘il mio libretto’), la quale mi è spesso utile ad annotare e ricordare nuove espressioni, termini utili. Una sorta di piccolo dizionarietto tascabile da me creato, giorno dopo giorno, parlando e scambiando informazioni con i locali, un supporto essenziale per imparare a piccoli passi la lingua ufficiale di questo grande paese del sud-est asiatico ove pochissime persone – spesso solo in contesti lavorativi molto ristretti – sanno parlare inglese, francese o italiano.

Non perdo tempo a farmi illustrare i particolari dell’attività che andremo a svolgere in giornata all’interno del vasto quadro generale del progetto di riabilitazione comunitaria. In differenti zone dell’isola di Nias v’è un membro dello staff CBR che funge da “facilitatore”. Quest’ultimo, di solito un locale contattato dalle suore del “Susteran” di Gunung Sitoli come “intermediario”, funge da veicolo culturale ed interprete linguistico tra Caritas e la popolazione nativa. In particolare Suster Shinta e Suster Eros, stanziate presso la casa per bambini “Rumah Alma”, si recano periodicamente (a cadenza settimanale e/o mensile) a svolgere fisioterapia presso le famiglie contattate, per un totale di circa 200 bambini assistiti. Un’opera sociale estremamente utile gestita dall’iniziativa di pochissime, coraggiose persone che, viaggiando per l’isola, apportano il loro prezioso contributo.

Facciamo pranzo presso la magnifica Pantai Fofola Tuhemberua dove l’acqua marina è limpida, le spiagge molto pulite ed una grossa insenatura di sabbia lascia intravedere il fondo di un braccio di mare intonso, oltre il quale galleggiano, sotto lo zenith tropicale, i pescherecci dai vivi color pastello pronti a salpare. Uno dei molti, magnifici scorci che quest’isola tropicale sa regalare. Nel primo pomeriggio finalmente arriviamo a destinazione: una piccola casa abitata da cinque persone, ove una ragazzina ai primi anni di scuola elementare con una malformazione alle mani deve svolgere i compiti per il giorno dopo. Gli esercizi di matematica sono risolti nelle due lingue parlate sull’isola (i genitori conoscono esclusivamente la lingua locale), mediando costantemente tra gli educatori e la bambina. Con pazienza, calma e dedizione tutti gli esercizi sono svolti, la piccola opera di fisioterapia alla mano eseguita, la visita famigliare conclusa al meglio.

Ci rimettiamo in viaggio per la seconda visita. Dopo aver lasciato il pick-up ai bordi della foresta ci rechiamo presso una famiglia che vive in un villaggio isolato attorniato da palmeti, alberi della gomma e tapioca. Il padre di famiglia è un pescatore che mantiene 4 figlie percorrendo ogni giorno un’ora di cammino verso il mare e circa due per tornare, carico di pescato, alla sua capanna nascosta nella boscaglia. Nella piccola cucina sul retro della casa, fatta di semplici assi di legno e lamiere, procediamo alla preparazione del tofu fritto (tahu goreng) insieme alla terza figlia, affetta da ritardo mentale: ha una grande difficoltà nell’apprendimento anche di gesti molto semplici. Per questa ragione ripetiamo lentamente le singole fasi della preparazione, molto interessanti dal punto di vista culturale-culinario. In un’ora la cena è pronta.

La terza bambina vive in una piccola casa a lato della strada in direzione della città più vicina, è dotata di una magnifica scrittura e svolge i compiti scolastici completamente da sola nonostante evidenti problemi motori. Le responsabili la aiutano a trascrivere alcune frasi da un quaderno ad un altro. Passiamo con lei una ventina di minuti, poi lasciamo che i genitori inizino a preparare da mangiare per tutti i membri di ritorno dal lavoro. Salutata tutta la famiglia, promettiamo di tornare: è già ora di incamminarci, prima del tramonto, verso Gunung Sitoli.

Sulla via di casa notiamo diverse cose molto particolari che ci fanno sorridere di gusto: un maiale attaccato al portapacchi di uno scooter, ancora vivo ed avvolto in una grossa foglia di palma, che si muove bruscamente rischiando di far cadere il conducente (ordinaria amministrazione); un’intera famiglia composta di padre, madre e due bambini più neonato a cavalcioni su un motorino che procede lentamente nel traffico; un becak (moto con struttura metallica annessa su un lato, una sorta di ‘sidecar’, con funzione di un taxi dotato di sedili) caricato con tavoli e sedie forse nell’intento di terminare un piccolo trasloco in città. Immergersi in una cultura è spesso un salto nell’imprevedibile, nella sorpresa di vivere un momento, fatto di tanti piccoli scorci capaci di arricchire la nostra percezione del mondo e delle persone attorno a noi facendoci scoprire nuove vie, modi di vivere, situazioni decisamente “particolari”.

Arriviamo in serata presso la casa comunitaria Rumah Alma ove non posso esimermi dal raccontare a tutti la giornata trascorsa, le persone conosciute ed i volti fotografati. Una bella esperienza che spero di poter ripetere nell’arco dei prossimi mesi di servizio civile all’estero in Indonesia.

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