La Sierra Leone è uno stato dell’Africa Occidentale, sulla costa dell’oceano Atlantico, grande quasi quanto l’Irlanda, con una popolazione di quasi 6 milioni di abitanti. Il Paese è stato colonia inglese fino al 1961, anno della sua indipendenza, di cui nel 2011 si è celebrato il cinquantenario: è uno dei Paesi più poveri del mondo (180/187 nell’Indice di Sviluppo Umano UNDP 2011); e dopo undici anni di conflitto (1991-2002) si è avviato un lento e difficile processo di ripresa.
La Caritas Italiana ha una storia decennale di collaborazione con la diocesi di Makeni, nel nord del paese: l’impegno si è dapprima focalizzato, alla fine degli anni ’90 e inizi del 2000, sull’emergenza, in particolare nell’assistenza ai bambini soldato rilasciati dai ribelli. Dal 2004, poi, con l’avvio del processo di ricostruzione e rafforzamento della pace, l’impegno si è spostato sul sostegno alle attività della Commissione diocesana Giustizia, Pace e Diritti umani, per estendersi oggi ad una collaborazione con la Caritas Diocesana, l’Università Cattolica di Makeni, Radio Maria Sierra Leone.
Dal 2007 Caritas Italiana invia volontari in servizio civile nella diocesi di Makeni, che affiancano le attività dei partner sul terreno.
Nel 2012 è toccato a noi, “casche bianche”, fare il nostro anno di servizio civile in questo bello e complicato paese.
Una delle esperienze che sicuramente ci ha segnato, è stata quella vissuta in occasione delle elezioni presidenziali e legislative del novembre scorso, che hanno rappresentato un momento chiave per la stabilità democratica e lo sviluppo del Paese.
A pochi giorni dall’”election day”, il lavoro di sensibilizzazione e di preparazione al voto della Commissione Giustizia, Pace e Diritti Umani della diocesi di Makeni (JPHRC) è giunto alla sua fase conclusiva. Mentre lo staff locale si è recato nei quattro distretti del nord del Paese per distribuire ai 10 membri delle 20 sotto-commissioni selezionati per svolgere l’attività di osservatori elettorali il materiale preparato a questo fine, noi casche bianche ci siamo occupate dell’area urbana di Makeni, incontrando i membri delle quattro sotto-commissioni della città, distribuendo loro il materiale e svolgendo training di breve durata sul ruolo e i compiti dell’osservatore elettorale.
Dopo tanta attesa, sia da parte dei sierraleonesi che da parte nostra, il 17 novembre 2012 è finalmente arrivato. La sveglia quel sabato mattina è suonata all’alba, per essere presenti all’apertura di uno dei centri di voto che avevamo scelto per iniziare la nostra esperienza da osservatrici. Due aspetti sono subito balzati ai nostri occhi. Un primo riguardava la logistica del centro: il seggio costruito con pali di legno e teli di plastica, situato nel cortile della scuola in mezzo al fango; le cabine elettorali in cartone, il perimetro del centro di voto segnalato dal nastro che si è abituati a vedere nei cantieri edili.
Il secondo aspetto, invece, atteneva all’affluenza: una folla di elettori, la maggior parte dei quali era in attesa già da ore – qualcuno aveva addirittura trascorso la notte presso il centro per essere i primi ad esprimere il proprio voto all’apertura degli stessi, fissata per le ore 7 – denotavano un sorprendente coinvolgimento anche emotivo a questo evento politico e storico del loro Paese.
Dopo questo primo impatto visivo, abbiamo iniziato con l’osservazione vera e propria delle operazioni di voto.
Abbiamo riscontrato che non tutti i centri di voto hanno rispettato l’orario ufficiale di apertura dei seggi stabilito dalla Commissione Elettorale Nazionale (NEC). Il tutto causato da un lato, dalla scarsa preparazione di alcuni componenti dello staff locale del NEC, dall’altro dal fatto che il materiale elettorale è arrivato in alcune parti del Paese in considerevole ritardo, a volte addirittura quando negli altri seggi le operazioni di voto stavano per concludersi.
Nel corso della giornata abbiamo avuto la possibilità di visitare una decina di centri, la maggior parte dei quali situati nella città di Makeni, nel distretto di Bombali, nel nord del Paese. Con il direttore della Commissione Giustizia e Pace, Padre Joseph Alimamy Turay, e l’Amministratore Apostolico della diocesi, Padre Natalio Paganelli, siamo andati in un piccolo villaggio alle porte di Makeni per vedere e confrontare la realtà del villaggio con quella cittadina, notando come i due contesti si somigliassero.
Un altro e diverso aspetto del nostro ruolo di osservatrici è consistito nel far sentire la nostra voce alla radio diocesana, Radio Maria, la quale era stata inserita per l’occasione in un network di 17 radio che collegavano l’intero Paese, da nord a sud, da est a ovest.
Più precisamente, abbiamo commentato in studio con i nostri colleghi della Commissione il clima che si respirava nei vari centri di voto in cui ci eravamo recate e inoltre abbiamo fornito costanti e diretti aggiornamenti sulla conduzione delle operazioni di voto e sulla nostra osservazione.
Alle 17, ora di chiusura ufficiale dei seggi, il nostro ruolo di osservatrici è entrato nel vivo, poiché ci siamo recate in un centro, assistendo alle operazioni di scrutinio e verificando la regolarità e la correttezza delle procedure di conteggio dei voti.
Per una seconda volta gli aspetti logistici ci hanno spinto ad un confronto con il nostro Paese, in quanto hanno evidenziato come le differenze materiali tra un Paese come la Sierra Leone e l’Italia siano così eclatanti.
Surreale ci è sembrato assistere alle operazioni di scrutinio in un campo all’aperto, sospendere tutto e mettersi al riparo dal temporale di fine stagione delle piogge, ritrovarsi al buio della notte e controllare le schede elettorali con il solo ausilio di una torcia o della luce del cellulare, e last but not least, vivere la “notte delle radioline”, ovvero sentire nel silenzio assoluto della sera la sola voce della radio che annuncia i primi risultati provvisori.
Se dovessimo esprimere un giudizio su quello che abbiamo visto e percepito durante l’”election day”, sicuramente la nostra sarebbe una valutazione positiva. Nonostante qualche nervosismo iniziale, dovuto alla lentezza del processo e all’irrefrenabile desiderio di esprimere il proprio voto, non possiamo fare a meno di sottolineare la massiccia affluenza alle urne (87.3%) soprattutto di giovani e donne, ovvero quei due gruppi che in questo Paese sono considerati maggiormente vulnerabili.
A poco meno di una settimana dal giorno del voto, i risultati definitivi sono stati resi pubblici.
La dichiarazione finale della conta dei voti da parte della Direttrice del NEC Christiana Thorpe ha immobilizzato l’intero Paese, che attraverso la radio ha seguito passo passo la proclamazione del vincitore e del nuovo Presidente della Sierra Leone.
Su un totale di 2.350.626 voti validi, con il 58.7%, pari a 1.314.881 voti, Ernest Bai Koroma, leader del partito politico APC (“All People’s Congress”), è stato rieletto per il suo secondo e ultimo mandato, conquistando 67 dei 112 seggi in Parlamento. Nei giorni successivi a tale dichiarazione vi è stato un susseguirsi di festeggiamenti e di messaggi di congratulazioni da parte degli altri candidati alla presidenza.
Come ha dichiarato Padre Joseph Alimamy Turay, direttore Commissione Giustizia, Pace e Diritti Umani della Diocesi di Makeni e Vice Rettore Università di Makeni, “Come Chiesa cattolica siamo soddisfatti che il processo si sia svolto in maniera pacifica, che abbiamo dato il nostro contributo. Come Commissione siamo infatti stati impegnati nel processo elettorale sin dall’inizio, durante la campagna elettorale, sensibilizzando la popolazione, osservando le elezioni”.
Mentre Padre Luigi Brioni, Direttore di Radio Maria Sierra Leone ha detto: “Sono contento soprattutto perché il Governo ha assicurato elezioni giuste e pacifiche. Mi auguro che nei prossimi cinque anni di mandato una delle priorità del Governo sia l’istruzione, investendo sia idee sia risorse economiche ed umane. Mi auguro, infine, che ci sia una maggiore apertura e informazione, che la gente sappia di più quello che il Governo fa, per esempio che abbia la possibilità di conoscere come vengono investiti i soldi che derivano dai contratti che il Governo stipula con le società minerarie”.
A conclusione della nostra esperienza di osservatrici, possiamo rilevare come, nel complesso, l’intero periodo elettorale sia stato caratterizzato da un clima pacifico e sereno e come il popolo sierraleonese abbia dato prova per la seconda volta di essere un Paese democratico che vuole lasciarsi e si sta lasciando alle spalle quella tragica parentesi della sua storia, proiettandosi verso un futuro di cambiamento e sviluppo.
E’ un vero peccato che quest’anno l’Ufficio Nazionale Servizio Civile non abbia approvato, per presunti motivi di sicurezza del paese, il progetto della Caritas Italiana dei Caschi Bianchi, interrompendo una presenza che è risultata utile e interessante sia per noi sia per i sierraleonesi!
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