Lo scorso 13 agosto, il Dipartimento per le Politiche giovanili e il Servizio Civile Universale ha invitato gli Enti di servizio civile universale “a sospendere le partenze” dei volontari avviati a maggio e a giugno nei progetti di servizio civile all’estero, selezionati per progetti in 19 Paesi, tra cui molti paesi dell’Africa e del Sud America, “in ragione dell’emergenza sanitaria globale e delle conseguenti misure restrittive, del contesto securitario o di entrambi i fattori, che non presentano condizioni ottimali per lo svolgimento dei progetti di Servizio Civile”.
Una decisione che ha colto amaramente di sorpresa non solo le associazioni, che avevano provveduto a mettere in campo tutte le misure di salvaguardia necessarie per permettere un’esperienza il più sicura possibile, ma soprattutto i giovani operatori, già “frustrati” da quanto accaduto nel corso del 2020.
Di seguito le parole, di incredulità e di gioia, di alcune operatrici volontarie che sono riuscite a partire l’8 agosto 2021, pochi giorni prima che il Dipartimento prendesse questa decisione.
“Siamo state davvero fortunate. Una manciata di giorni, e non saremmo partite nemmeno noi”, continuiamo a ripeterci sconcertate, nella consapevolezza che tutto questo abbia poco senso. Siamo Irene, Alessia, Martina e Irene e abbiamo preso un aereo tutte insieme per La Paz, sede dei nostri progetti di servizio civile, l’8 agosto scorso.
Cinque giorni dopo, il 13, il Dipartimento ha bloccato le partenze per la Bolivia e altri diciotto Paesi, considerati destinazioni non sicure.
Noi siamo qua, con le gioie e le difficoltà di un contesto ancora tutto da scoprire e da sperimentare, mentre molti altri nostri colleghi e colleghe stanno facendo i conti, ancora una volta, con attesa e incertezza. Così capita anche di “adottare” la volontaria di un’altra organizzazione, perché la sua compagna di servizio civile non è riuscita a partire e non arriverà mai in Bolivia.
Una situazione che si ripete, riportandoci a quanto successo con i progetti di servizio civile lo scorso bando. La pandemia, però, non è una novità, e questa volta ci trovava pronti/e. Vorremmo infatti ribadire che Enti e volontari/e sono ben consapevoli delle difficoltà presenti nei vari paesi e del rischio rappresentato dal virus: proprio per questo si è lavorato a lungo per adattare i progetti e garantire standard di sicurezza adeguati, tanto per i volontari/e quanto per i partner locali, nella consapevolezza che non abbiamo tutte/i lo stesso accesso al diritto alla cura.
Siamo giovani, ma non siamo sprovvedute. In questa esperienza di formazione, tutte noi abbiamo investito tempo, risorse e aspettative, compiendo scelte che ci hanno portate a lasciare attività, studi, città, affetti. In questo momento, ci sentiamo privilegiate ma amareggiate: la scelta delle istituzioni ha significato che investire nei giovani non è una priorità della “ripartenza”.
In questo ultimo anno e mezzo, abbiamo dovuto fare i conti con lo stravolgimento di abitudini, con assenze e lontananze; talvolta, purtroppo, anche con la precarietà, il lutto e il dolore. Ma proprio perché la pandemia interroga in maniera radicale il nostro rapporto con il mondo, crediamo che il servizio civile possa essere anche un’occasione per ripensarlo.
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