Caschi Bianchi Guatemala

In Guatemala costruendo legami

A metà del percorso fremiamo, quante cose ci mancano ancora da fare? Quante sorprese avrà ancora in serbo per noi questo anno fuori dall’Italia?

Scritto da Laura Vagnoni, Casco Bianco con FOCSIV-COE a San Juan la Laguna

Alla fine il sogno di approdare oltre oceano si è avverato esattamente l’11 di agosto verso le 4 del pomeriggio. Uscite dall’aeroporto di Città del Guatemala la nostra OLP e l’attuale coordinatrice ci hanno fatto salire su un pulmino, direzione San Juan la Laguna. Non capivamo niente. Ci siamo fermate a mangiare lungo la strada ed eravamo talmente stordite dal viaggio che nemmeno abbiamo capito cosa abbiamo ordinato. Sono passati 5 mesi e turbinii di pensieri ed emozioni ci hanno accompagnate alla scoperta di questo bel paese.

Siamo state fortunate nella nostra partenza. Pochi giorni dopo, sono stati bloccati volontari diretti in molti paesi considerati a rischio per l’emergenza sanitaria (Guatemala incluso). I nostri pensieri si sono rivolti specialmente alle ragazze del COE dirette in Camerun, le abbiamo conosciute a Barzio il giorno prima del volo. Abbiamo condiviso il primo passo di quest’avventura vendendo i biglietti per la Sagra delle Sagre nella pacifica e bella sede del COE a Barzio, ci siamo augurate il meglio, ma la differenza di pochi giorni del biglietto aereo, in maniera amara e ingiusta le ha portate a destini e destinazioni differenti dai piani.

Giunte alla metà del percorso fremiamo, quante cose ci mancano ancora da fare? Quante sorprese avrà ancora in serbo per noi questo anno fuori dall’Italia? Le cose cambiano velocemente qui, le persone arrivano, se ne vanno, il lavoro anche cambia. Il Covid rende tutto ancora più imprevedibile. Non ci resta che proseguire e con leggerezza pensare che i piani cambiano e cambieranno quando meno te lo aspetti e poco ci si può fare.

Il nostro servizio ha luogo in Alma de Colores, un’impresa dove lavorano persone con disabilità. C’è l’area del comedor: un ristorantino colorato e tranquillo dove si mangiano ottimi piatti guatemaltechi; l’area artesania (artigianato), dove artigiani intrecciano fili di macramè creando bei gioielli; c’è l’area costura (cucito) dove Martha, Soña e Lizbeth creano borse, camicie, magliette e bavaglini; c’è l’orto con una serra per far crescere i pomodori ma anche il cilantro (il coriandolo), i radicini, il cavolo e tanto altro; c’è l’area panaderia (forno): il martedì e il giovedì si fa il pane. Stiamo imparando tanto sulla comunicazione, sulla riabilitazione su base comunitaria, ma anche su come impastare bene il pane o disinfettare e tagliare frutta e verdura. Tentiamo di appoggiare nel migliore dei modi e anche a suon di figuracce ci riadattiamo in un inesauribile cammino di crescita e scoperta.

La cornice paesaggistica in cui operiamo e viviamo è davvero incantevole. Il rostro maya (il profilo maya) è una montagna di cui si vedono fronte, naso e mento di un indio che sembra vegliare su San Juan e in generale sul lago Atitlan. Poi ci sono i vulcani, i colibrì, gli scoiattoli e qualche picchio. C’è il paese degli hippie a due tratte di tuc tuc (una sorta di taxi a tre ruote) o con la lancha (la barca), ci sono i mercatini dell’uasto, i tessuti estremamente colorati, la banana cucinata in mille modi, i licuados (frullati), le uova e i fagioli per colazione.

Poi ovviamente ci sono le contraddizioni del posto e rintracciandole nella vita di tutti i giorni e anche nell’aria di tutti i giorni alle volte estremamente pulita, a volte intrisa di plastica bruciata, ci si rende conto anche delle proprie contraddizioni quelle che ci si porta dietro dalle origini culturali, geografiche, personali.

Rappresentiamo tante cose qua, anche lontane storicamente, socialmente, spazialmente. E così, a prove ed errori, si costruiscono significati e legami, si disfano e si ricostruiscono di nuovo. Tutto è imperfetto come sempre ma con un vento che spinge più forte e più bello.

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