Durante il periodo trascorso in Albania in servizio come Casco Bianco per Caritas Italiana, singolare è stato il mio attaccamento verso “Casa Rozalba”, una casa famiglia che accoglie bambine e piccole giovani donne a Gjader. In un periodo di incertezza, quale quello segnato dalla Pandemia da Covid-19 e la lontananza dai miei affetti, Casa Rozalba ha rappresentato per me non solo un posto sicuro, ma anche una grande famiglia.
Ma partiamo dal principio: come nasce Casa Rozalba? Per rispondere a questa domanda dobbiamo tornare indietro di una ventina d’anni. Ci troviamo nel 1995 ed un gruppo di giovani di Gjader, un piccolo villaggio in provincia di Lezha, situato nella zona rurale della Zadrima, si ritrovava per riflettere insieme circa le diverse tematiche sociali che coinvolgevano l’Albania in quel tempo. Si trattava di un periodo drammatico. La morte del dittatore Enver Hoxha nel 1985 aveva gettato la società albanese nello sconforto e caos più totale. L’elevato tasso di disoccupazione, il crollo del sistema sanitario e sociale e, soprattutto, la dilagante condizione di povertà estrema, avevano fatto emergere le fragilità del sistema imposto precedentemente. Con la fine del regime autoritario, anche lo spaventoso fenomeno della tratta di esseri umani si era insinuata come pratica, minacciando la sicurezza delle donne albanesi. Infatti, la caduta del regime totalitario, aveva rappresentato la fine dei 45 anni di chiusura e di imposizioni perpetrate al popolo albanese e, quando ciò si è verificato, i cittadini albanesi hanno colto l’occasione per attraversare i confini puntando all’Europa. Questo desiderio di uscire da una situazione economica, sociale e politica critica, di lasciare il Paese per una vita più prospera, ha condotto ad una sequenza di effetti che mal si sono coniugati con il benessere dei cittadini.
È proprio in questo momento storico che la tratta di esseri umani emerge come una pratica di sfruttamento di giovani ragazze e donne. Nello specifico, numerose sono le ragazze della Zadrima sparite misteriosamente salvo scoprire in seguito che erano state rapite, poiché tragicamente ingannate con una promessa di un fidanzamento o di un lavoro. In realtà ciò si concretizzava con il loro sfruttamento all’estero, fuori i confini nazionali. Nel peggiore dei casi, quando le giovani adescate rifiutavano di prostituirsi, venivano violentate e infine uccise. In questo drammatico scenario, le forze dell’ordine albanesi, ostinatamente, negavano i fatti ed in talune occasioni prevaleva il totale silenzio. Oltre a ciò, nel processo di disgregazione della famiglia patriarcale albanese, emersa negli anni Novanta, le vittime di violenza in casa e a scuola non sono mai state una priorità per le autorità pubbliche. Nonostante il governo albanese abbia adottato, recentemente, diverse misure per contrastare e prevenire la tratta di esseri umani, la situazione in Albania non ha registrato miglioramenti del tutto significativi.
Ed è proprio in questo contesto che si inserisce Casa Rozalba, fondata nel 2015, che letteralmente sta a significare “la casa dell’alba della rosa”, ovvero un posto in cui si possa assistere ad una vera e propria rinascita. Essa, infatti, rappresenta un luogo sicuro, dove le giovani bambine e ragazze, vittime di tratta e che giungono da scenari di violenza, abusi ed estrema povertà, tanta da costringerle talvolta a perseguire la via della prostituzione, possano sentirsi protette e rispettate nella loro persona. Essa, infatti, offre servizi di protezione e tutela legale attraverso una accoglienza di lunga durata, su mandato delle autorità. In aggiunta, servizi psico-sociali che permettano di superare i traumi e i tragici eventi che hanno segnato le vite delle giovani bambine, oltre che servizi socio-educativi e corsi professionali, accompagnandole, pertanto, in tutti i processi della loro vita affinché si possano reintegrare nella società e possano valorizzare le proprie competenze e attitudini. Questo splendido progetto non sarebbe stato possibile senza la presenza sul territorio delle suore appartenenti alla Congregazione delle Maestre Pie Venerini che hanno contribuito alla realizzazione di Casa Rozalba ed alla costante cura e assistenza delle giovani ospiti. Al suo interno ho avuto la possibilità di incontrare bambine e ragazze che, nonostante il loro drammatico trascorso, trovano quotidianamente la forza di mettersi in gioco e di non arrendersi di fronte alle difficoltà. Il loro coraggio ha rappresentato per me una grande lezione di vita, infondendomi di speranza e motivazione verso l’avvenire. E proprio come per Alice, ho capito che “il segreto sta nel circondarsi di persone che ti facciano sorridere il cuore e allora, solo allora, si troverà il Paese delle meraviglie”. Sono proprio queste giovani donne che mi hanno aiutato a trovare il mio paese delle meraviglie, l’Albania.
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