Corpi Civili di Pace Perù

Ripartire dai diritti  – Scheda racconto

Percorsi integrativi per l’empowerment delle fasce socialmente vulnerabili

Scritto da Emanuele Corazza e Maria Casolin, Corpi Civili di Pace con IBO ITALIA – FOCSIV a Paita

Emanuele e Maria hanno partecipato al progetto “Diritti verso la Pace: percorsi integrativi per l’empowerment delle fasce socialmente vulnerabili” con IBO Italia a Paita e Pueblo Nuevo de Colán, paesini della valle del fiume Chira.

Il contesto del conflitto
Il conflitto riscontrato in questi luoghi è di carattere principalmente socio-economico e nasce dalla discriminazione sociale e dalla disuguaglianza economica che isola le fasce più vulnerabili e nega loro diritti fondamentali. Gli attori coinvolti sono: la popolazione locale, la municipalità, l’Euroandinos, la Congregazione suore di sant’Anna e la Comunidad en camino. Le minacce scaturite dal conflitto sono: l’emarginazione strutturale delle fasce socialmente vulnerabili, la mancanza di formazione in ambito socio-sanitario (malattie, gravidanze precoci), il machismo (violenza di genere e domestica), la privatizzazione dei beni comuni, in particolare l’acqua, e la conseguente negazione di alcuni servizi. Ciò che si tenta di fare per risolvere positivamente tale conflitto è la creazione di spazi ludico-ricreativi di aggregazione giovanile che permettano la libera espressione e la formazione, di spazi educativi sicuri, come la scuola Fe y Alegría 81 e il corso di alfabetizzazione estivo, o di spazi formativi (scolarizzazione, laboratori e seminari) per l’emancipazione femminile.

Un episodio dal campo
Emanuele racconta: “Dulce e Shakira sono due ragazzine di 13 e 14 anni che abbiamo conosciuto al corso di scolarizzazione estiva per i bambini che avevano difficoltà a scuola o che a scuola proprio non ci andavano. Dulce e Shakira erano due sorelle maggiori di due bambini che venivano al corso mattutino e incuriosite da noi due “gringos” si proposero volontariamente di aiutare alcuni bambini. Le settimane passarono e piano piano queste due ragazzine presero confidenza con i bimbi e alla fine, con mia grandissima gioia, mi rimpiazzarono. Decisi, quindi, che questo loro gesto di buona volontà andava valorizzato e così gli chiesi: “Cosa vi piace?” e loro risposero in coro: “La gastronomia”. In quel momento il mio cuore si riempì di felicità perché capii quanto in realtà fossero simili a me. Non mi servì nient’altro: avevo perfettamente chiaro il mio regalo per loro. La settimana seguente decisi di riservare uno spazio di formazione professionale alle basi della pizzeria solo per Dulce e Shakira nella cucina della scuola e nello stesso tempo preparare una pizza per tutti i professori. Mi sono scontrato con la diffidenza dei genitori che, nonostante mi conoscessero personalmente e sapessero chi fossi e cosa facessi lì, non si fidarono a lasciarmi da solo, a scuola, con le loro figlie, così giungemmo al compromesso che sarebbero venute insieme ad un cugino maggiore che avrebbe controllato il regolare svolgimento della lezione. Quando finalmente riuscii a fare queste due brevi lezioni, Dulce e Shakira rimasero affascinate e davvero tanto interessate a tutti i passaggi, con la voglia di sporcarsi le mani ma senza il coraggio di chiederlo. Così, dopo la prima lezione di teoria, passammo alla pratica e in quel momento rimasi sconvolto dalla loro capacità di apprendimento e alla perfetta replica del movimento corretto dopo solo 3 o 4 mie dimostrazioni. Non ho mai visto nulla del genere. Sono uscito un attimo dalla cucina e, una volta rientrato, ho trovato l’ultima pallina, che avevo abbandonato sul piano con la farina, stesa in maniera magistrale. La loro prima pizza stesa. Sono rimasto allibito. E pensare a quanto potenziale viene sprecato perché obbligato in casa da un sistema che non lascia le dovute libertà alle donne e alle ragazze.”
Un altro episodio significativo è stato vissuto da entrambi i volontari, che raccontano: “Durante il corso di alfabetizzazione, è arrivato un bambino che, pur avendo 7 anni, non era mai andato a scuola. Non lo volevano perché gli era stato diagnosticato un ritardo ed era difficile averlo in classe. Parlando con la mamma, quando l’ha portato lì, si è capito che lei era in una situazione simile. Cercando di garantire a suo figlio almeno quest’istruzione, siamo arrivati a conoscere anche la storia familiare: il figlio era nato da una violenza, la violenza era stata perpetrata anche dalla madre di lei, poco consapevole della situazione della figlia. In quel caso specifico, si è provveduto a garantirle un incontro con una psicologa, a cercare una scuola per il bambino, a mediare tra lei e la madre.”

Evoluzione del conflitto
In questo momento specifico dell’emergenza COVID-19, il conflitto socio-economico, vissuto dalle persone di fasce socialmente vulnerabili, è ancora più accentuato dall’impossibilità di mantenere la famiglia nei suoi bisogni più essenziali senza lavorare. Dal punto di vista educativo, ci sono dei forti limiti in questa nuova modalità di fare scuola, perché non tutti possono accedervi con i mezzi tecnologici necessari. Ci sono, inoltre, ripercussioni  psico-emotive sui bambini/e che al momento non possono usufruire degli spazi ludico-ricreativi o formativi, che erano per loro un momento per liberarsi e crescere in armonia e valori. A questo si aggiunge l’aumento della violenza domestica e un peggioramento della situazione di coloro che già prima di queste misure restrittive ne erano vittime. Infine, l’altra fascia colpita da questa emergenza è quella degli anziani, che vivono in uno stato di abbandono e disperazione dovuti alla mancanza di un supporto utile e costante a livello statale.

Per saperne di più:

Ser(es)- Ibo Italia

La olla comun (pentola in comune): quando la condivisione è la chiave per la sopravvivenza 

(Dover) Tornare 

Pueblo Nuovo: i miei capelli bagnati dall’acqua negata 

Chi ho lasciato in Perù 

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