Elisa e Giovanna hanno preso parte al progetto “Sostegno alle popolazioni indigene del Perù nella gestione e prevenzione dei conflitti ambientali” con FOCSIV. Le attività svolte hanno avuto ricaduta a Puno e nelle comunità della regione.
Il contesto del conflitto
Il conflitto coinvolge potenzialmente tutta la popolazione indigena della regione che si costituisce di comunità contadine. Queste, titolate per legge, o confluite in movimenti di lotta e federazioni, sono diventate gli attori principali del conflitto insieme alle imprese estrattive (spesso multinazionali), allo Stato e alle sue istituzioni (centrali, regionali, forze dell’ordine) e in ultimo ai media. Alla base del conflitto esistono diversi interessi: se lo Stato e le imprese agiscono maggiormente per ragioni geopolitiche e economiche, quelle degli indigeni sono di natura culturale e sociale. È necessario ricordare che per queste comunità l’ambiente non è solo fondamentale nel processo di auto-identificazione e per rinsaldare il senso d’appartenenza comunitaria, ma è anche una delle principali fonti di sussistenza. Il conflitto potrebbe trovare una sua evoluzione positiva nella reale applicazione della consulta previa attraverso il coinvolgimento partecipato e un’informazione capillare e trasparente. Inoltre, l’ attività estrattiva dovrebbe essere più sostenibile, salvaguardando la salute della popolazione che dovrebbe godere dei profitti derivati. Altra soluzione sarebbe quella di scegliere modelli di sviluppo alternativi (es. agricoltura familiare, turismo responsabile), ma soprattutto bisognerebbe spingere affinché tra i diritti umani rispettati ci sia anche quello alla protesta.
Un episodio dal campo
Durante il nostro servizio come Corpo Civile di Pace ci siamo trovate due volte a testare con mano la mancanza di fiducia dei popoli indigeni dell’altopiano Peruviano nei confronti dello stato e delle organizzazioni internazionali. La prima volta è successo durante la manifestazione di protesta Aymara fuori dal tribunale in cui era in corso il processo a Walter Aduviri e per conto dell’ufficio comunicazione Dhuma stavamo facendo un reportage fotografico della protesta in vista di una campagna di sensibilizzazione sui social network. Purtroppo la presenza di una “gringa” dotata di macchina fotografica non è stata accettata di buon grado dai manifestanti, nonostante mi fossi presentata come collaboratrice volontaria dell’ONG che si occupava della difesa legale. Mi è stato intimato di andarmene, ho poi scoperto che le uniche prove (considerate valide) di accusa verso Walter Aduviri erano date da alcuni video in cui si autoproclamava come leader delle proteste.
In una comunità contadina aymara sperduta tra le Ande, a molte ore di distanza dalla città, l’avvocato sta spiegando i diritti dei popoli indigeni. Molti comuneros sono accorsi ad ascoltarlo e, per quanto il linguaggio sia giuridico, il legale riesce a tradurlo in modo che tutti possano capirlo. Alcuni sfogliano l’opuscolo di approfondimento che abbiamo portato, altri prendono appunti, altri ascoltano molto attenti. A un certo punto, l’avvocato spiegando il contenuto della Nueva Ley de Comunidades Campesinas sul momento non rammenta con esattezza l’inciso in questione. Un indigeno con calma alza la mano abbronzata e rugosa, in quelle zone segno di lavoro quotidiano nel campo, e dice: “Dottore, dovrebbe essere l’inciso 5”. In questa comunità, isolata tra le alture desertiche dove la giornata viene scandita dal sorgere e dal tramontare del sole, perché non c’è elettricità, la gente riesce incredibilmente a trovare il tempo e il desiderio di aggiornarsi.
Evoluzione del conflitto
Per quanto riguarda l’Aymarazo, dopo soli due mesi dall’arrivo in sede, è stato incarcerato Walter Aduviri, considerato a capo delle proteste del 2011. L’Ong Dhuma, presso cui abbiamo prestato servizio, forma parte della difesa legale di Aduviri e questo ci ha permesso di comprendere molte sfumature del conflitto:
– Walter Aduviri non viene considerato come indigeno, nonostante sia nato e cresciuto nella comunità contadina di Kelluyo, questo porta ad un ulteriore conflitto del popolo Aymara con lo stato peruviano;
– L’accusa sostiene che Walter Aduviri, in quanto leader delle comunità, abbia la responsabilità dei disordini causati durante le proteste, questo può creare un precedente molto grave in quanto i leader delle comunità rischiano di essere perseguiti legalmente in quanto tali.
La popolazione Aymara, dopo l’incarcerazione di Aduviri, ha minacciato un terzo “Aymarazo” a cui lo stato peruviano ha risposto con l’invio immediato di militari nella regione di Puno, questo dimostra che il conflitto è ancora presente, anche se in maniera latente.
Per saperne di più
Red muqui
Istituto de defensa legal
Dhuma
Un mese da osservatrice a distanza
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