In Zambia[1] il 14,3% della popolazione è affetto da HIV e AIDS (2007, ZDHS)[2], e nella provincia del Luapula il tasso si attesta sul 13,2%. Sebbene le aree più colpite siano quelle urbane, negli ultimi anni si è registrato un aumento di contagi soprattutto nelle aree rurali (25% e 11% rispettivamente)[3].
Dal 2005 il Governo ha iniziato a fornire gli antiretrovirali gratuiti: è necessario recarsi in ospedale, fare il test, se questo risulta positivo mensilmente si ritirano i medicinali necessari. Purtroppo però questa politica governativa non ha risposto in modo efficace alle problematiche della popolazione: gli ospedali non sono in grado di gestire il gran numero di pazienti che necessita cure e spesso un ricovero per alcuni giorni; inoltre chi è affetto da immunodeficienza è facilmente attaccabile da altri disturbi che richiedono altre cure, purtroppo non gratuite. Un ulteriore problema riguarda le aree rurali, lasciate in balia di sé stesse: oltre a registrare un numero bassissimo di ospedali, presentano mancanza di mezzi, e molte persone sono impossibilitate a recarsi nei pochi centri clinici esistenti in modo autonomo.
Proprio questa presa di coscienza ha spinto la Diocesi di Mansa[4] a cercare di dare una risposta efficace alla popolazione affetta da HIV/AIDS. L’Home Based Care (HBC), è un’associazione attiva in molti paesi del continente africano con l’obiettivo di fornire assistenza domiciliare ai malati di HIV/AIDS e Tubercolosi che non possono essere assistiti dagli ospedali se non per l’aspetto farmacologico. Nel 2000 la diocesi di Mansa, ha deciso di abbattere i muri ospedalieri e ha cercato di estendere le cure alla popolazione effettiva, non solo a chi aveva la possibilità di recarsi nei centri clinici. La pandemia, infatti, aveva raggiunto ormai l’intera società. La diocesi ha dato così il via a diversi programmi diretti a sostenere i pazienti e le loro famiglie in vari modi: assistenza medica, assistenza alimentare, istruzione, microcredito.
L’obiettivo dell’HBC, oltre a quello di offrire la possibilità di sottoporsi a test gratuito nelle aree rurali, e indirizzare eventuali casi di HIV positivo ai centri clinici per sottoporsi agli antiretrovirali, è quello di curare gli effetti collaterali dell’HIV/AIDS fornendo medicinali, fare prevenzione, combattere l’emarginazione di cui spesso i sieropositivi soffrono, fornire ai pazienti e ai loro familiari competenze per poter essere autosufficienti. Proprio quest’ultimo aspetto merita di essere approfondito.
Il SILC, Savings and Internal Lending Communities, è un programma nato nel 2008 per opera del Catholic Realif Services (CRS) con lo scopo di implementare le capacità di risparmio e investimento di piccoli gruppi locali, partendo dalle loro stesse risorse, con l’obiettivo di supportare attività auto sostenibili. Nella pratica, nell’ufficio dell’HBC ogni mese due gruppi di venti persone, si incontrano per depositare in una cassetta di legno 10.000 kwacha (1,70 euro cent) ciascuno. All’occorrenza ognuno dei depositari può attingere a questa sorta di cassa comune per iniziare a investire nel proprio piccolo business. Entro tre mesi dovrà restituire la somma con un interesse del 10%.
Mister Angelo Romano, padre di famiglia di 66 anni, è uno dei 40 piccoli investitori del programma SILC, e la sua fattoria nel villaggio di Mungulube è il risultato di questo semplice ma efficace progetto. Mansa, Zambia. Cassetta per deposito soldi e ceste per la raccolta.
Quando si arriva in Zambia e si inizia a girare nei villaggi la prima impressione è di essere in un paradiso terrestre: tutto verde, tantissima acqua, tantissimi terreni non coltivati. Si arriva a pensare che dire che la gente muore di fame sia solo una frase ad effetto, perché di fame non si muore quando c’è tanta terra e tanta acqua. Dopo un po’ però ci si accorge che di fame si può morire quando si è troppo indeboliti dalla malattia e non si ha la forza nemmeno di recarsi in ospedale per chiedere le medicine; di fame si può morire quando si ha un pezzetto di terra ma non si hanno semi da piantare; e di fame si può morire quando dopo mesi e mesi di piogge continue arrivano mesi e mesi di siccità.
Angelo Romano ha avuto l’opportunità di poter accedere a un piccolo fondo per comprare i primi semi, il fertilizzante, per poter piantare il mais oltre alla cassava[5] , e oggi può contare su un guadagno mensile che si aggira sui 600-700 mila kwacha (circa 110 euro). Altri piccoli risparmiatori fanno compravendita di pesce, di mais, di farina o di sapone: comprano questi prodotti nelle aree rurali o, per quanto riguarda il sapone, in centri più grandi come Ndola o Lusaka, e li rivendono nei loro villaggi a un prezzo leggermente maggiorato.
Durante l’intervista il signor Romano si è mostrato fiero di questo programma, fiero di poter dire che lui gestisce la sua fattoria da solo, con i suoi risparmi e non con la carità di organizzazioni esterne. Gli è stata data l’opportunità di essere autonomo, di provvedere ai bisogni della sua famiglia.
Un attimo dopo però Angelo Romano ha ricordato che il nipote è assistito dal progetto ABA (Adoption By Affiliation), e che è veramente necessario che si continui a sostenerlo. Ecco l’ennesima contraddizione di una breve esperienza zambiana. Mister Romano ha avuto modo di cogliere più di una opportunità. E, dopo aver incontrato centinaia di bambini che non vanno a scuola perché non hanno l’uniforme o i soldi per le tasse scolastiche, viene spontaneo chiedersi se è davvero così difficile dare qualche opportunità in più ad altri padri e ad altre madri zambiane.
Note:
1. Lo Zambia è una Repubblica presidenziale divisa in 9 province. Confina con Repubblica Democratica del Congo (a nord), Tanzania e Malawi (ad est), Mozambico, Botswana, Zimbabwe e Namibia (a sud), e angola (a ovest).
2. Demographic and health surey 2007 : http://www.measuredhs.com/pubs/pdf/SR157/SR157.pdf
3. Il dato sull’aumento dei contagi potrebbe essere dovuto all’aumento di persone che si sottopongono al test, più che a un effettivo incremento di contagi.
4. Mansa è la maggiore città della provincia del Luapula.
5. La cassava, meglio conosciuta come manioca, è alla base dell’alimentazione zambiana. Appartenente alla famiglia delle Euphorbiaceae, la cassava è ricca di amido e la farina che se ne ricava è usata per cucinare l’nshima, tipica polenta zambiana.
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