Il fiume Aguarico scivola rapido sotto ai remi, lungo la canoa, sotto di me. I giorni di viaggio saranno cinque o sei, “salvo imprevisti”. Quando ti trovi a fare piani con un indigeno è quasi impossibile poter parlare in termini di tempo e spazio secondo i canoni del vecchio mondo. Per esempio, Teodoro- l’apprendista sciamano seduto accanto a me- dice che la comunità presso la quale avremmo passato quella notte, si trova esattamente “a dos vueltas, no más”. Dietro l’angolo, insomma. Per esser precisi (per l’ultima volta) siamo arrivati dopo quattro ore circa.
Il recorrido dei siekopai verso le loro terre ancestrali è iniziato più o meno in questo modo ed io ero lì, con i piedi nel fango e il vento sul viso. Il territorio ancestrale Siekopai si estende tra l’Ecuador e il confine sud-orientale con il Perú e conta con una popolazione di circa 700 abitanti. La vita di questo popolo pacifico, della gente multicolor iniziò a vedersi alterata a partire dall’arrivo dei caucheros e, in seguito, delle malattie che causarono la morte di una parte della stessa popolazione. La guerra tra Ecuador e Perù generò ulteriori rotture sociali all’interno del già ridotto gruppo per via delle nuove frontiere territoriali stabilite da quel momento e che comportarono la redistribuzione delle famiglie da un lato e dall’altro di una linea immaginaria inconcepibile per le culture indigene. Lo spazio vitale, l’habitat della nazionalità siekopai subí, dunque, una riduzione importante, processo che, si è consolidato con l’espansione delle coltivazioni estensive, della pratica della monocoltivazione e con la spropositata invasione delle compagnie petrolifere.
Quando si parla di uno spazio vitale indigeno si fa riferimento a un vero e proprio ecosistema, lo stesso che ogni giorno deve far fronte a una serie di minacce. La nazionalità siekopai da svariati anni sta cercando di riunificare il proprio territorio ancestrale e, soprattutto di proteggerlo e liberarlo dalla contaminazione. È difficile spiegare cosa si provi quando a soli pochi metri dalla finca in cui una famiglia lavora e vive, proprio alle soglie dell’Amazonía, proprio accanto a un banano stanco e piegato su se stesso, sbuca un inceneritore che prepotentemente ruggisce e sparge fumo e morte nell’aria circostante. Ed è tutto normale. Le persone sono lì che mangiano da quello stesso suolo, che bevono da quelle falde. Non è altrettanto difficile capire perché questo popolo starebbe cercando di ampliare il proprio spazio vitale, o meglio, di recuperare un’area importante per il normale svolgimento delle attività quotidiane senza rischiare l’avvelenamento.
Ebbene il 16 agosto, muniti di scorte per i prossimi cinque o sei giorni, partiamo alla volta degli ancestri. Siamo circa 150 rematori e rematrici, indigeni, mestizos e gringos. L’obiettivo del viaggio lungo il fiume Aguarico e verso la frontiera peruviana è quello di arrivare alla sacra laguna Ñakomasira, ossia uno dei luoghi più importanti per la cultura della nazionalità, una cultura che si sta perdendo per varie ragioni e tra queste, per la distanza che intercorre tra le vecchie e le nuove generazioni. I giovani, infatti, sembrerebbero ignorare le pratiche tradizionali dei propri taitas, fondamentali per la trasmissione dei valori ancestrali e per la conservazione degli stessi e del territorio.
Il paesaggio circostante è imponente, spiazzante: distese di verde, di ceibo, lungo le acque torbide del fiume che pian, piano si amplia e si scurisce. Passata la linea immaginaria tra Ecuador e Perù, infatti, la terra diventa nera e il sole inizia a bruciare la pelle. Sulle canoe le donne e i bambini lavano i panni e gli uomini, tra una remata e l’altra, gettano le reti per pescare. Abbiamo il viso dipinto di achote che, al suono dei canti sciamanici, scola sulle guance assieme alla pioggia che all’improvviso inizia a mischiarsi con il fiume. In questa parte di mondo non esiste il tempo.
Arrivati a Lagarto Cocha, in terra peruviana, il presidente dei siekopai riunisce tutti i presenti e con gran commozione spiega che lí, in quella terra ancestrale stanno riposando gli avi e che, nella stessa, bambini e adolescenti sono riuniti con i propri nonni per dar inizio ad un processo di riscoperta delle proprie origini con il fine di alimentare e consolidare il senso di appartenenza identitario indigeno. Solo in questo modo, attraverso l’unione e la resistenza, le rivendicazioni di un popolo intero, potranno essere accolte e rispettate. A Lagarto Cocha la frontiera tra due paesi si è fatta portale verso l’armonia, l’amore, la pace. La gente multicolor si è riunita attorno al faló, sulle amache legate alle palme e con una chitarra ha celebrato la bellezza della casa comune, dell’Amazzonia e dei suoi spiriti che liberi danzano e vegliano su di noi. La tutela dei popoli e delle culture indigene è la difesa della stessa vita, dell’esistenza di tutta l’umanità. L’Amazzonia brucia, cade a pezzi smembrata dagli interessi delle multinazionali e dei governi corrotti; i bambini corrono scalzi con i piedi sporchi di petrolio; gli ultimi sabios stanno morendo e con loro le conoscenze più remote. La consapevolezza del tutto, in Ecuador, è grande e il popolo è in lotta per difendere i propri diritti e per dimostrare al mondo intero che alla violenza si può rispondere con la non violenza e che, quest’ultima è centrale nella risoluzione dei conflitti.
Con i piedi nel fango, il vento sul viso, le mani sporche di farina di yuca, celebro la bellezza di questo popolo e della sua cultura e, accanto ad esso, sventolo la bandiera della resistenza.
Considerazioni aggiuntive: Le zanzare amazzoniche possono ritenersi quasi innocue rispetto alla restante gamma di insetti esistente nel territorio. Una volta imparata la differenza tra arenillas, coloradillas e zancudos, si impara anche che la puntura di una di queste creature, se grattata, tende a generare prurito costante nella zona interessata e poi, nel resto del corpo. Il repellente è una delle bevande preferite delle zanzare. Forse i cambiamenti climatici e surrogati, del resto, hanno generato processi evolutivi tali da renderle immortali. Potresti grattarti per mesi prima di vedere le cicatrici semi-permanenti sul tuo corpo. Un’arenilla è per sempre, ma l’Amazzonia è un sentimento immenso.
Lascia un Commento
Vuoi partecipare alla discussione?Sentitevi liberi di contribuire!