Caschi Bianchi Cile

Santiago venti giorni dopo

La fine del coprifuoco, il proseguire delle manifestazioni ed il clima di subdola repressione.
A Santiago del Cile continuano le proteste e la voglia di un cambiamento concreto, tangibile e collettivo. Il panico generato dalla mala informazione è sconcertante ed è un ulteriore tentativo di scoraggiare le persone ad uscire a manifestare. 

Scritto da da Roberta Ylenia Tartaglia e Chiara Paradisi, Caschi Bianchi in Servizio Civile con Apg23 a Santiago del Cile

8 novembre 2019

È il ventesimo giorno di lotta in Cile e la situazione non accenna a calmarsi. Quella che sembrava fosse partita come una protesta episodica, sta dimostrando di essere invece una lotta sempre più organizzata. Ogni giorno sono indetti scioperi a tempo indeterminato: i lavoratori della salute, dei trasporti, dell’educazione, tutti indistintamente stanno partecipando sempre più numerosi. Allo stesso tempo, si sono moltiplicati gli eventi culturali e le assemblee pubbliche, indette sia da partiti che da associazioni culturali locali, per discutere collettivamente ma soprattutto per aggregare sempre più persone alla protesta, rendendole coscienti della situazione. È chiarissimo che il modello economico cileno sia totalmente elitario, e si ragiona sulle alternative.

Risposte concrete da parte del Governo tardano ad arrivare, ma si fa sempre più dura la repressione. Dopo la manifestazione del 25 Ottobre, a cui hanno partecipato quasi due milioni di persone soltanto a Santiago, il Presidente Piñera si è dichiarato commosso e vicino alle richieste dei cittadini. Per la prima ed unica volta, ha menzionato le morti causate dagli scontri violenti tra manifestanti e forze dell’ordine e, rendendosi conto forse di essere stato in parte responsabile di quelle azioni, ha deciso di revocare lo stato di emergenza e ritirare quindi i militari dalle strade e il coprifuoco. Non avendo dimostrato, però, di venire incontro alle richieste dei manifestanti, le proteste sono continuate e si sono estese a sempre più categorie, soprattutto in seguito alla decisione del Presidente di sostituire alcuni ministri. Questa decisione è stata vista quasi come una presa in giro, in quanto alcuni hanno semplicemente cambiato ministero e, in generale, si tratta di soliti noti nei confronti dei quali le persone non hanno più alcuna fiducia.

Dato il clima ancora molto acceso, Piñera ha annunciato proprio oggi dieci punti per ristabilire l’ordine pubblico e, sebbene non si tratti più dello stato di emergenza, le misure appaiono come fortemente repressive. Il Governo esprime tutto il proprio appoggio verso l’operato delle forze dell’ordine, senza menzionare tutte le denunce presentate all’Istituto Nazione dei Diritti Umani per violenze sessuali, tortura e abusi di potere in generale. Inoltre, i progetti di legge citati oggi sono tutti volti a conferire maggiore potere alla polizia e ai carabinieri, a offrire loro tutela quando vengono denunciati per abusi di forza e a duplicare il loro numero. Non sappiamo a cosa porteranno queste dichiarazioni, ma è probabile che il livello di tensione si alzerà ancora di più. Tra l’altro oggi è stata raggiunta una vittoria abbastanza importante e per la quale si era lottato per mesi, ovvero la riduzione della settimana lavorativa da quarantacinque a quaranta ore.

Ci sorprende molto che in queste condizioni la protesta sia riuscita a sopravvivere così a lungo, dimostrando che il malcontento era molto profondo e che si stava cercando di mobilitarsi già da tempo. In particolare, emergono gruppi in difesa dei diritti delle donne, che negli ultimi tempi si sono mostrati come i più organizzati e presenti sui territori e che sono stati in grado di mobilitare grandissimi numeri di persone.

Intanto nei media nazionali il focus principale continua ad essere la violenza dei manifestanti e si pone l’attenzione soprattutto sugli atti vandalici. Ciò genera moltissima insicurezza e confusione, come abbiamo riscontrato anche parlando con gli utenti dei diversi progetti in cui prestiamo servizio, che ci hanno raccontato di essere preoccupati per la situazione e di non sentirsi tranquilli a uscire di casa. Il panico generato dalla mala informazione è sconcertante ed è un ulteriore tentativo di scoraggiare le persone ad uscire a manifestare. Ci ha sorpreso molto non riuscire a reperire informazioni precise sul numero di morti e le cause che hanno provocato i decessi e la non assunzione di responsabilità da parte del Governo. Nelle persone che hanno vissuto la dittatura è sicuramente forte la paura di rivivere quegli anni, mentre i giovani e i giovanissimi hanno scoperto una grandissima consapevolezza e sono stati in grado di unire e sollevare un intero Paese. Oggi nelle piazze nessuno è più disponibile a scendere a compromessi e ciò che si chiede con maggiore forza è un’assemblea costituente.

Certi meccanismi di quella che era una falsa democrazia sono stati ormai scoperti per cui, anche se non si otterrà tutto ciò che si chiede, sicuramente il Cile di domani assomiglierà poco a quello di tre settimane fa.

Demasiado barato quiere comprar este paisito Don Piñi; usted que va por la vida tasando y preguntando cuánto vale todo. […]Muy barata quiere rematar esta patria, Don Piñi, y solo con un discurso liviano de boy scout buena onda. Pura buena onda ofrece usted Don Piñi boy como si estuviera conquistando al populacho con maní y papas fritas. Nada más, el resto pura plata; Empachado de money quiere pasar la posteridad solo por eso.

“Troppo a buon prezzo vuole comprare questa patrietta Don Piñi; lei che se ne va in giro tassando e chiedendo il prezzo di tutto. […] Vuole svendere questa patria troppo a buon prezzo, Don Piñi, e con un discorso leggero da boy scout spensierato. Solo spensieratezza offre lei Don Piñi come se stesse conquistando il popolino a noccioline e patate fritte. Niente di più, tutto il resto sono soldi; Ricoperto di soldi ai posteri vuole lasciare solo questo”.

[Lettera aperta dello scrittore Pedro Lemebel al Presidente Sebastian Piñera nel Marzo 2009]

Foto di martinbernetti_photojournalist, Instagram

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