É inverno qui a Marituba, nel bairro (quartiere) Almir Gabriel, periferia adiacente alla città di Belem. Da queste parti, la stagione invernale non contempla il freddo; la temperatura può scendere al minimo di 20 gradi. La vera disdetta è la pioggia. Ogni anno, migliaia di famiglie si ritrovano nel bel mezzo della notte a dover sgomberare secchiate d’acqua fuori dalla propria abitazione. La pioggia è imprevedibile. Arriva in momenti alterni della giornata con acquazzoni della durata media di 30 minuti, e la conseguenza, in queste zone dove si soffre la mancanza di strade asfaltate, è la creazione di fiumi che impediscono la libera circolazione ai pedoni e rendono difficile la viabilità ai mezzi. Raramente ho visto qualcuno utilizzare le previsioni metereologiche; la pioggia si aspetta, si asseconda, se non c’è, va bene, se c’è, va bene lo stesso. Anzi, si spera che giornalmente faccia il suo dovere proteggendo il popolo dai discorsi sul cambiamento climatico, ancora poco diffusi in queste zone del pianeta.
Nelle favelas è meglio non farsi troppe domande. Il bairro Almir Gabriel ha tutti i presupposti per essere definito una favela. Qui nel quartiere girano pareri contrastanti su questo fatto, probabilmente perché il concetto di favela è molto labile, e spesso la gente di qui si attiene all’informazione che passa in TV confrontando i video che mostrano le grandi favelas di Rio de Janeiro con la propria realtà. Ma la stragrande maggioranza delle persone non ha mai avuto l’occasione di vedere con i propri occhi l’ex capitale, e uno schermo nasconde molto più di ciò che mostra. Una buona percentuale non è nemmeno uscita dal bairro. I soldi messi da parte per passeggiare, come si definisce qui la vacanza, sono scarsi. I più fortunati tra gli sfortunati possono permettersi sporadicamente una visita giornaliera alle isole che fanno parte dell’arcipelago di fronte alla metropoli. I più sfortunati una cena fuori. Anche il tempo è poco e spesso i figli da accudire sono molti, e di conseguenza la situazione si complica.
“È complesso”, un’espressione che Gleidiany ripete spesso quando racconta gli svariati disagi che caratterizzano questo luogo. Gleidiany anche detta De, è la responsabile del progetto “Espaço Criança é Vida”, una realtà che fa parte dell’associazione italiana “Comunità Papa Giovanni XXIII”. Gli obiettivi sono pochi e semplici: accogliere bambini e ragazzi di età compresa tra i 5 e i 17 anni per evitare che passino il loro tempo in strada, vulnerabili alle provocazioni dei banditi, proporre attività educative con lo scopo di trasmettere cultura ai giovani che soffrono di grandi lacune, divertirli, perché il divertimento allontana i brutti pensieri, come la mancanza di un padre, di un letto personale o di una stanza dove attaccare i poster dei propri idoli. Oggi, nel progetto, si sta svolgendo un gioco che sta trasmettendo ai bambini coinvolti stupore e felicità. Alla fine della giornata, De uscirà allo scoperto con una frase che può solo comportare grandi soddisfazioni: “Oggi i ragazzi si sono proprio divertiti, abbiamo compiuto al meglio il nostro dovere”.
“Caccia al tesoro” è il gioco proposto dai volontari in servizio, venuti dall’Italia per farsi carico di un’esperienza solidale della durata di un anno. Troverà il tesoro per prima la squadra capitanata da Jadson. Nessuno ha scelto che lui venga eletto per questo ruolo, ma fin da subito si è fatto valere, e il suo spirito competitivo ha fatto sì che la decisione avvenisse arbitrariamente. Il fortino, che è rappresentato da una sacco azzurro tendente al blu, è pieno zeppo di caramelle, e una volta aperto, il clamore e l’esultanza dell’équipe per la buona riuscita della missione invaderanno il progetto. Avere tra le proprie mani un tesoro comporta grandi responsabilità; bisogna essere sicuri che tutte le persone che compongono la squadra possano usufruirne, in modo consapevole.
Il progetto dove mi trovo è un tesoro. Un tesoro nascosto tra le case diroccate di una favela in Brasile. Un tesoro pieno di sorrisi. Un tesoro che racchiude occhi con ancora pochi anni di vita, ma che hanno già potuto assistere a tutto ciò che racchiude la parola povertà.
Lascia un Commento
Vuoi partecipare alla discussione?Sentitevi liberi di contribuire!