Bolivia Caschi Bianchi

Un mondo in movimento

Un cammino in salita, una La Paz incoerente e colorata, abbracci energici e tanta vita: Nicoletta è da due mesi in Bolivia e questo è il suo primo sguardo sulla sua esperienza di servizio civile finora

Scritto da Nicoletta Dessì, Casco Bianco in Servizio Civile con Apg23 a La Paz

Da quando sono qui faccio fatica a tornare indietro alla mia vita di qualche mese fa, perché tutto ti colpisce, tutto è così differente da casa, colorato, rumoroso, caotico e, parlando di pendenze, “in salita” … che difficilmente riesci a prenderti un momento per te.

Vedo questo come un punto a favore e non un punto debole di questo paese, perché ti aiuta a lasciar volare via le cose inutili e ti fa concentrare su ciò che stai vivendo. Tutto assume un valore immenso, dal riuscire a respirare per giocare una partita a calcetto ad alta quota con i ragazzi della comunità, al prendere il minibus giusto per tornare a casa. Ogni giorno ricevo un abbraccio carico di energia da Rodrigo, Manuelito, Aris, Miguel … e mi chiedo quale sarà il loro futuro, se avranno mai le stesse possibilità che ho avuto io, mio fratello, i miei amici, la mia famiglia. La risposta ancora non ce l’ho, mi siedo nei gradini e sorrido a guardarli giocare spensierati con la loro pallina di carta e scotch, senza pensieri, aspettando che arrivi il venerdì mattina per andare alla “cancha”, a giocare al campetto tutti insieme.

Il venerdì, prima della cancha, la sveglia suona alle 6. Prendo il teleferico e vado al mercato insieme ad Armando, il responsabile dal corazon de mantequilla, per la spesa settimanale del Comedor. Uno dei miei momenti preferiti rimane qui, nell’anima della città. Al mattino presto fa molto freddo e il naso sgocciola, ma l’aria sembra più pulita e si vivono attimi che, durante la giornata, si disperdono nel rumore.

Non è una comune spesa, ovviamente. I bimbi sono tanti, più di 80, e tra 20 kg di papas, un zapallo enorme più grande di me, nabos , beterragaspepinos e zanahorias, ci vorrebbe un tir per spostare tutta quella verdura. E invece siamo in due! Mentre la città ancora dorme, tra odori e profumi di erbe e piante appena colte, spostiamo il bottino da una tienda all’altra sperando di trovare un carretto libero che ci dia una mano a caricare le orticole e portarle verso un taxi. Ci concediamo il desayuno, la colazione, a metà dell’opera, per recuperare un po’ di energie. Solitamente con una empanada e una bevanda calda in una delle stradine del mercato, dalla “caserita” di fiducia di Armando. Grazie a questo momento ho potuto vedere quanto amore, impegno e dedizione ci vogliono per mandare avanti una struttura con così tanti bimbi, ragazzi e mamme che hanno bisogno di aiuto.

Non è facile scrivere queste righe perché ci sarebbe così tanto da dire, così tanto da fare, eppure non sono passati neanche due mesi. Tra cambi programma dell’ultimo momento, ”bloqueos” (blocchi stradali), il primo viaggio a Copacabana e i simpatici disturbi allo stomaco, è stata ed è tutt’ora un’avventura. Credo che la capacità di adattarsi al cambiamento sarà la lezione più grande che porterò a casa con me da quest’anno in Sud America.

Lascio una frase molto bella scritta dall’ hermano Micheal, un ragazzo della comunità terapeutica, che riflette i passi quotidiani di questo servizio civile :

“Hoy, voy a adaptarme a lo que voy a hacer y a concentrarme en ese objetivo de hoy, no voy a esperar que las cosas se adapten a mi. Voy a tomar la iniciativa.” 

Oggi, mi adatterò a quel che dovrò fare, e mi concentrerò nel solo obbiettivo di oggi, non aspetterò che le cose si adattino a me. Prenderò io l’iniziativa. 

La Paz è viva, colorata, incoerente, inquinata, affascinante, ti dà energia e poi te la toglie. Ed è proprio nella sua incoerenza che ai miei occhi, pian piano, sta diventando bellissima.

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