Rosa. Quando ho aperto gli occhi, poco prima dell’atterraggio, un’alba infuocata ha invaso il mio campo visivo. Non è stato un avvicinarsi graduale. Volare di notte, addormentarsi sulle Alpi e risvegliarsi sopra le Ande, mettere piede a terra nell’esatto capo opposto del mondo e percorrere in auto una superstrada affiancata da cartelloni pubblicitari qualunque, accanto a palazzi uguali a quelli della mia città, avvolti da una nebbia che ha la stessa parvenza di quella che mi ha avvolta per tutta una vita non ha concesso spazio di transito né al mio corpo né alla mia mente.
Mi sono sentita allo stesso tempo incredibilmente lontana e incredibilmente vicina a casa.
Verde. Il colore di casa mia qui, che poi è casa mia e basta. Lo è stata dal primo minuto. Con il suo disordine e il suo odore di paraffina, le sue gatte, le sue pareti in legno e il vociare di tutte le persone che accoglie, le sue porte sempre aperte eppure così capaci di assicurare un intimo senso di protezione.
Viola. Come le coperte della stanza che ho imparato a condividere, decorare e fare nostra con colei che presto è diventata la mia hermana menor. Coperte che mi hanno scaldata in questo freddo agosto invernale, che pare strano e invece è solo uno dei primi inequivocabili segnali che molto di ciò a cui sono abituata non è la norma, ma solo un punto di vista.
Nero. Come la notte e la paura, condizionata dai telegiornali, dai racconti e dalle raccomandazioni di chi in questo paese ci vive, si muove, si preoccupa.
Però anche Giallo, di un sole che rasserena e risveglia, mostra il bello e il buono di questa città, di questa parte di mondo, delle persone che lo abitano e che lo animano.
Blu. Quello dei murales che colorano la Comunità Terapeutica, luogo che mi ha accolta in un abbraccio capace di infondere pace e serenità, dove ogni persona è preziosa e indispensabile e l’apporto di ognuno diventa parte della vita e della persona dell’altro. Dove ci si scopre e si rinasce ogni giorno un pezzetto, passo dopo passo, in un cammino che è per ognuno diverso eppure di tutti.
L’arancione delle sedie attorno al tavolo di casa, terreno di condivisione e sostegno in un costante scambio interpersonale che è la cosa più faticosa che esista e allo stesso tempo la più fondamentale.
Rosso. L’amore. La tenacia. La lotta.
Bianco, come questo foglio, il mio sguardo lo è stato solo all’inizio. O forse, a pensarci bene, mai davvero del tutto. Perché per quanto ci si sforzi a non farsene, si parte sempre con una certa dose di aspettative, anche se implicite.
A distanza di un mese o poco più, però, è bello prendere coscienza di quanto le pennellate di colore della vita lo abbiano riempito, arricchito, ampliato.
Adesso sì che il mio sguardo è appagato.
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