Bolivia Caschi Bianchi

Una nuova quotidianità

Sono passati quasi due mesi da quando Lisa è partita per La Paz, in Bolivia. Sta vivendo un viaggio tra gli infiniti colori di giorno e le luci di notte, ed è grata per tutto ciò che osserva.

 

Scritto da Lisa Lorenzon, Casco Bianco in Servizio Civile con Apg23 a La Paz

Dopo quasi due mesi dalla partenza, le emozioni, i pensieri, i vissuti sono talmente vasti e intensi che tornare con la mente all’inizio di questo viaggio fa percepire quanta vita sia passata in poco tempo. Dalle difficoltà iniziali, dovute principalmente dal non avere una casa fissa, dal sentirsi sballottati qua e là, ma anche dal normale assestamento in un Paese che non è il proprio, con tutto ciò che questo comporta. La conoscenza dei luoghi, dei servizi, delle persone, mille novità che nei primi giorni si susseguivano continue, senza lasciare il tempo di capire dove eravamo, cosa stava succedendo.

Quando penso al mio primo sguardo, non posso non pensare alla città in cui stiamo vivendo tutto questo, che ancora oggi non smette di stupirmi, di incuriosirmi e pormi domande: La Paz. Questa città che fin dall’inizio ti disorienta e confonde, questa città folle, enorme, caotica, piena di colori, di odori, e, soprattutto, di contraddizioni. Già il primo sguardo ti permette di capire come questo luogo e i suoi abitanti siano come la sua altura super elevata e il suo clima.

All’inizio pare respingerti da quanta fatica fai i primi giorni e le prime settimane, tra il mal di testa, la sensazione di essere sempre stanca, il sangue di naso e al contempo il raffreddore che non finisce mai, le mani e le labbra secche dal freddo, i mille strati di vestiti da indossare ogni giorno perché nel giro di poche ore si possono vivere tutte e quattro le stagioni, il viso screpolato per non aver messo la crema nelle prime ore di esposizione al sole dei 4000m, il fiato che manca ad ogni salita. Ma al contempo, fin dall’inizio, il fiato viene a mancare per la meraviglia. La meraviglia dei colori di giorno e delle luci di notte, infinite come un mare, un mare di persone, di brulicare di vita, di odori, rumori, di case che si inerpicano con incredibile forza dai piedi della montagna fino alla cima piatta dell’altipiano, continuando ad espandersi apparentemente all’infinito nella municipalità di El Alto.

E allora capisci che ciò che sembrava respingerti in realtà è la stessa cosa che inevitabilmente ti attrae. È un po’ come stare legati ad un elastico: quanto più ti senti spinta all’indietro, tanto più tornerai a lanciarti verso ciò che stai vivendo con maggior energia di prima.  Vivere a La Paz è questo: un continuo giro di centrifuga. O per usare una metafora attinente agli usi locali, è come un viaggio in minibus, tra mille dossi, salite e discese, persone che salgono e scendono a ogni angolo.

Quando penso al mio primo sguardo, non posso fare a meno di venire influenzata da chi sta caratterizzando maggiormente il mio secondo sguardo, quello dell’oggi, che ridefinisce il senso di tutto ciò che ho vissuto e sto vivendo ora: i ragazzi della comunità terapeutica. La Paz mi ha conquistata e fatta innamorare, ma sono loro, ciascuno con la propria luce e le proprie fragilità, a cui voglio dedicare queste prime riflessioni di viaggio. Sono loro che qua mi hanno permesso di rafforzare quel filo rosso che ci lega alle persone, ai luoghi, che crea un continuum tra il nostro passato e futuro e definisce il nostro presente, connettendoci a ciò che siamo.

La quotidianità passata in comunità fa da cornice alle fatiche che ora si sono trasformate in questo senso di pienezza che sento ogni giorno, il sentirmi al posto giusto dopo tanto vagare. I pasti condivisi, i mate, le terapie, i giochi, le chiacchiere, le lezioni di italiano, le partite a calcetto… Le ore passano, io non me ne accorgo e la voglia di rimanere lì non è passata.

Quando penso al mio primo sguardo, non posso fare a meno di essere grata a quanto in questo tempo passato qua i miei occhi si siano rischiariti e riempiti di sempre nuova bellezza.

«Arriverà di meglio e saprà restare

Ed eviterà di farti male»

– España Circo Este-

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