Caschi Bianchi Cile

Torno mosaico riempita di mondo

“La mia piccola orma spero abbia lasciato una sottile scia d’amore. Cosa mi porto da questo corpo che cammina? Una sorta di spinta che brucia, un andare verso il bene, una voglia di giustizia”: gli incontri e la profonda condivisione di Bianca, dopo un anno di Servizio Civile a Santiago del Cile

Scritto da Bianca Dal Bo, Casco Bianco in Servizio Civile con Apg23 a Santiago del Cile

Da José Arrieta 9251 la strada è tutta dritta in discesa per arrivare all’Albergue, una casa per ragazzi senza fissa dimora in cui svolgo il mio servizio civile due giorni a settimana. Ci vado ogni volta a piedi, parto 40 minuti esatti prima dell’inizio del turno, chiudo il portone rosso e pesante della casa e butto tutto il mio peso verso il basso, le gambe si gettano come bandiere, mi sento di gomma e cammino veloce sul marciapiede bianco verso giù per arrivare in tempo. Fisicamente mi precipito, quasi una presa di volo in un lancio di desiderio. Il movimento mi influenza il pensiero.

Cosa mi porto da questo corpo che cammina? Una sorta di spinta che brucia, un andare verso il bene, una voglia di giustizia, un senso più d’insieme, che mi sento più vicina ai fatti del mondo e, soprattutto, alla gente. Pezzetti del mio zio-amico Maxi e della sua ribellione quotidiana; pezzetti del gatto Rafaelita che mi segue da divano a divano con i baffi tutti sporchi; pezzetti di Jorge, mio fratello, mentre dipingiamo sul tavolo assieme; pezzetti di Kimbe, mia sorella, che ride indecifrabile pazzesca, la gioia; pezzetti di Caro che fa sempre e non dice mai; pezzetti di Katy che scherza e che resiste; pezzetti di Yhorman in ricerca di amicizia e lo amo; pezzetti di Claudia che è corda che unisce; pezzetti di Placido e la sua mano sulla spalla; pezzetti di montagna, certezza a cui aggrapparsi; pezzetti di Viola che ci scopriamo ogni giorno le coperte e i nostri cuori, sorelle; pezzetti di Samuel e di Jorgito che si fanno chiamare nonni; pezzetti delle casche bianche con me qui, belle, di loro mi innamoro, ognuna con la sua preziosa storia; pezzetti di Jonas e la sua folle amante energia; pezzetti di Juanito che ci abbraccia ridendo senza un perché; pezzetti di una casa la cui porta senza chiavi mostra il disegno di due uccellini dalle ali aperte, volano e si incontrano nel mezzo. Atterro in Italia e, seppur io continui a sentirmi indefinita, incapace, indecisa, torno di spinte di speranza, torno vicina, torno mosaico riempita di mondo, torno responsabile di mantenere in volo e in incontro questo corpo che cammina.

La mia piccola orma spero abbia lasciato, invece, una sottile scia d’amore, ovvero ciò che ho ricevuto e ciò che ho provato verso chi mi è stato attorno in questa strada cilena ora conosciuta.

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