Caschi Bianchi Cile

VOCI OLTRE LA DIPENDENZA

Sono 8 le interviste che Marta, Bianca ed Alma hanno realizzato durante la loro esperienza di Servizio Civile, 8 storie di vite che si sono trovate ad avere a che fare con la dipendenza, 8 voci che raccontano sé stesse ma anche cos’è per loro la felicità

Scritto da Marta Berlaffa, Bianca Dal Bo ed Alma Lucaj, Caschi Bianchi in Servizio Civile con Apg23 a Santiago del Cile

Tu che ci stai leggendo, sì, proprio tu che scorri con il dito sul tuo telefono tra un post e l’altro e in questo momento sei capitato qui. Abbiamo pensato di lanciarti una sfida. Ti facciamo una domanda e tu dovrai rispondere liberamente e spontaneamente nella tua testa: che cos’è per te la felicità?

Aspetta, aspetta… prendi fiato, non è proprio così facile come pensavi vero? Pensaci un secondo in più. Prova a ricordarti l’ultima volta che hai provato questa sensazione. Immergiti in quel momento e descrivicelo. Ma ricorda, non ci sono risposte giuste né tantomeno sbagliate. Solo risposte.

Caro lettore, ora che hai più o meno un’idea della tua risposta ti vogliamo confessare che in realtà la sfida vera e propria non consiste nel rispondere a questa domanda ma ad un’altra. Vogliamo che tu ti fermi un attimo e ti immagini una persona senza fissa dimora, con dipendenza da alcool e/o droga in una grande metropoli come Santiago del Cile. Ecco… Come te lo immagini? Ma soprattutto, secondo te, cos’è per lui la felicità? Come ti immagini una sua risposta? Sii onesto, cruento, veritiero.

Noi siamo qui per raccontarti un po’ di loro. Siamo qui per portare la loro voce. Siamo qui per portare un po’ delle loro vite nelle nostre. Siamo qui per scoprire cos’è per loro la dipendenza ma anche ciò che per loro è la felicità. Attraverso i loro occhi.

I ragazzi trasmettono con le loro parole, i loro sguardi e i loro gesti la loro esperienza, che penetra in noi come un’arma tagliente. Sono storie di vita tanto lontane da noi ma così forti da smuovere qualcosa anche dentro ciascun ascoltatore. Perché è la realtà. È la realtà nascosta della città. È la realtà che tutti i giorni fingiamo di non vedere ma che c’è.

Da queste interviste, svolte a Peñalolén, a Santiago del Cile, sono scaturite tantissime visioni della vita, tante difficoltà incontrate nel proprio percorso non solo familiari ma anche socio- economiche, ma ciò che abbiamo riscontrato in tutti è stato un alto livello di consapevolezza della propria situazione. La loro situazione aggravata dall’uso dell’alcool più economico che si trova in commercio come la “Dorada”, la birra da 1 litro che costa solamente 1 euro e la “Granada”, il rhum venduto in piccole bottiglie per solo 70 centesimi ma con un grado alcolico elevatissimo. Il rapporto prezzo/qualità non importa. Si pensa solo a ciò che conviene per non avere i sintomi dell’astinenza e per affrontare il fine settimana.

Da qui nasce anche l’enorme spaccio e consumo della pasta base qui in Sud America. Sono gli scarti degli scarti della cocaina e il commercio è impressionante. Una semplice dose costa 1 euro ma l’effetto è devastante, ce lo raccontano le persone che incontriamo e le loro storie. Ti sballa per qualche minuto e subito dopo si entra in una fase di malessere fisico e mentale che ti porta ad avere allucinazioni, paranoie, irrequietezza, tremori, ansia e tachicardia. Ciò porta a voler consumare sempre di più. Per riuscire a raggiungere di nuovo quei tre minuti di piacere. Si cade in quel circolo vizioso della dipendenza che ti porta a comprare e fumare pasta base anche 20/30 volte al giorno. Diventa il tuo unico pensiero. Ce lo dimostrano i ragazzi intervistati facendo trasparire le loro sensazioni.

Cristóbal, 20 anni di policonsumo, percepisce da tempo una sorta di congelamento delle emozioni da cui non riesce più ad uscire. David non riesce a guardare la videocamera e soprattutto non riesce ad aprirsi, la chiusura è devastante. Julio preferisce non farsi vedere ma ci lascia una testimonianza importante per quanto riguarda la dipendenza dall’inalazione del neoprene negli anni ’80 qui in Cile da parte di bambini e ragazzi. Felipe ci mostra, invece, come sia ancora ottimista per il suo futuro sperando un giorno di smettere e di essere d’esempio per i giovani ma allo stesso tempo è consapevole di dove si trova e della sua dipendenza nata quasi per sbaglio.

I ragazzi che abbiamo intervistato frequentano il Comedor Nonno Oreste, la mensa sociale della Comunità Papa Giovanni XXIII a Peñalolén, una delle comuna più povere di Santiago del Cile. Qui è dove siamo entrati in contatto con loro e abbiamo deciso di iniziare le interviste. L’obiettivo che ha guidato il nostro lavoro è stato quello di andare oltre alla generalizzazione, cercando di umanizzare chi è vittima di sostanze o senza fissa dimora e dando voce alle singole storie ed emozioni autentiche. Prima di svolgere l’intervista, abbiamo spiegato a ciascuna delle persone intervistate le domande che avremmo fatto e chiesto se ovviamente erano d’accordo nel rispondere, omettendo, però, l’ultima domanda cioè “Cos’è per te la felicità?”, per avere una risposta immediata, reale e autentica. E così è stato.

Lasciamo ora a te la scelta di prenderti del tempo e ascoltare queste voci, potrai selezionare facilmente la traduzione in italiano e seguire il vissuto di Erick, Ricardo, Felipe, Pablo, Samuel, Cristóbal, Julio e David.

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