Corpi Civili di Pace Grecia

A cosa porta il “nuovo” patto su migrazione e asilo dell’Unione Europea

Lo scorso 10 aprile l’Unione Europea ha approvato un nuovo pacchetto legislativo in tema di migrazione. Le misure previste, non sono poi così “nuove” e gli effetti si possono già vedere in alcuni Paesi, come la Grecia: ce li racconta Maddalena

Scritto da Maddalena Fabbi, Corpo Civile di Pace con ass. Comunità Papa Giovanni XXIII – Operazione Colomba ad Atene

Il “nuovo” pacchetto legislativo su migrazione e asilo dell’Unione Europea è stato approvato dal parlamento europeo il 10 aprile del 2024. In breve si tratta di: fare un esame più rapido delle richieste di asilo, anche alle frontiere dell’UE, e rimpatri più efficaci; migliorare la procedura di identificazione all’arrivo; controlli obbligatori di sicurezza, vulnerabilità e salute per le persone che entrano irregolarmente nell’UE; gli Stati membri possono scegliere se assumersi la responsabilità dei richiedenti asilo, versare contributi finanziari o fornire supporto operativo; migliore risposta durante le situazioni di crisi; e, infine, un nuovo schema volontario per il reinsediamento dei rifugiati provenienti da Paesi terzi.

Ma questo patto non è “nuovo”, queste leggi non sono “nuove”, anzi sono già applicate in vari paesi, come la Grecia. Gli effetti dell’accelerazione delle procedure di asilo alle frontiere, dei centri di detenzione per la registrazione e identificazione, delle deportazioni basate sul concetto fluido di “terzo paese sicuro”, li vediamo e li ascoltiamo quotidianamente dalle persone che incontriamo fuori dai campi. La mancanza di chiarezza e assistenza legale spesso blocca le persone in un limbo burocratico per diversi anni. L’errore di battitura in un documento, un’intervista fatta senza il giusto interprete e senza nessuna preparazione, la mancanza di risorse per presentarsi agli appuntamenti legali, sono le trappole perfette conseguenze di Leggi che non rispecchiano la realtà sul campo. Per un siriano la Turchia è considerata Paese sicuro eppure noi incontriamo siriani che dalla Turchia sono stati deportati in Siria, dopo essere stati derubati di tutto, altri che in Turchia vivono atti discriminatori quotidianamente e vengono arrestati arbitrariamente.

In questo patto viene formalizzata una direzione che già è stata adottata da alcuni Paesi. I centri di detenzione per il rimpatrio italiani e greci sono testimoni di suicidi, di omicidi farmacologici, di violazioni di diritti umani basici. Lo scopo dei centri è il rimpatrio ma spesso il Paese non ha stretto gli accordi necessari con il Paese di origine e quindi non può effettivamente garantire un rimpatrio volontario e sicuro come detta la Convenzione di Ginevra del 1961. Di nuovo, le leggi non rispecchiano la realtà e in questo gap sono esseri umani quelli che vivono le conseguenze: senza diritti garantiti, senza dignità, senza libertà di scelta e di movimento.


PERCHE’ QUESTO PATTO RAPPRESENTA UN PASSO INDIETRO?

Per chi lavora in questo campo, nei Paesi di frontiera, questo patto rappresenta un ostacolo, e un passo indietro nella protezione dei diritti umani delle persone in movimento. Secondo diversi report di altre ONG che lavorano nel campo, infatti, in concreto queste “nuove” leggi si tradurranno in un aumento e in una legittimazione della violenza e dei respingimenti alle frontiere, nell’applicazione di un nuovo sistema di asilo con scarse garanzie o protezioni legali e nella minaccia alla vita e ai diritti di centinaia di migliaia di persone in movimento.


I FENOMENI  CHE HANNO PORTATO ALL’APPROVAZIONE DI QUESTE LEGGI

Queste sono le dirette conseguenze di una narrazione del fenomeno migratorio intrinseca di odio, disinformazione e paura. Affrontare un fenomeno con misure emergenziali e parlare di una libertà umana come quella di movimento come una minaccia alla sicurezza nazionale, non permette di andare avanti ma solo di fare passi indietro. L’odio e la violenza non sono costruttivi ma distruttivi.

L’enorme quantità di disinformazione con cui viene trattato il fenomeno migratorio dai politici, dai mass media e dalle istituzioni, alimenta e contraffà le violazioni dei diritti umani all’interno dei campi profughi e lungo la frontiera della fortezza Europa. La paura generalizzata creata da questa narrazione è una paura cieca che non ci permette di avvicinarci, di indagare e lottare per i diritti di cui spesso l’UE si è fatta paladina e protettrice.


COSA FARE?

L’incontro diretto con le persone in movimento, la condivisione di momenti, pasti e attività con loro, può abbattere queste barriere, far sparire la paura e mostrare “il problema della migrazione” per ciò che è nella realtà: persone umane che si spostano. Riconoscere questo fenomeno umano come tale attraverso la riscoperta della storia migratoria delle nostre famiglie e attraverso l’ascolto delle storie delle persone in movimento, ci avvicina e ci arricchisce. Respingere e invisibilizzare persone che, come chiunque, sognano una vita migliore per loro e per i propri figli, non è accogliere ma allontanare. Per accogliere dobbiamo avvicinarci un po’ di più e vedere la ricchezza che ognuna di queste persone porta con sé.

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