“Deep Sea è uno degli slum più poveri di Nairobi e si presenta come un ammasso di baracche in lamiera. Vi è una strada principale fangosa e dissestata, ai cui lati sorgono case e negozi”: sono Gioia, volontaria di SCU con Engim a Nairobi, e queste sono state le mie impressioni scritte a seguito della mia prima visita a Deep Sea, centro delle attività educative del progetto.
Da quel giorno sono passati quasi tre mesi ed ormai la baraccopoli non mi accoglie più con quella “strada principale fangosa e dissestata” caratterizzata da bancarelle di cibo e di vestiti, da negozietti di elettronica e di bellezza. Infatti, venerdì 1 ottobre 2021 ha avuto luogo il preannunciato sgombero¹ della parte superiore dello slum e la polizia ha dato seguito all’ordine di demolire case e negozi per la futura costruzione della strada di congiunzione tra i quartieri di Westlands e Parklands.
Giunta sul posto per svolgere le quotidiane attività presso la scuola secondaria “I Care”, ho potuto percepire all’istante che qualcosa di anomalo stava accadendo, in quanto l’ingresso della baraccopoli era presieduto da numerose macchine delle forze dell’ordine.
Sono stati sufficienti pochi passi per capire che lo sgombero di Deep Sea stava avendo luogo in una nuvola di polvere sollevata dai passi disorientati e frettolosi della gente.
Due escavatori, lentamente ma incessantemente, procedevano a demolire tutte le baracche site sulla “strada principale fangosa e dissestata”, mentre, nei pochi minuti a loro disposizione, le persone mettevano a riparo i propri beni personali con valige improvvisate e arrotolavano le lamiere per un futuro riutilizzo.
Non sono mancati attimi di scontro, che fortunatamente non hanno lasciato feriti gravi: la popolazione di Deep Sea ha iniziato a protestare con il lancio di sassi e la polizia ha risposto con l’uso di lacrimogeni. La situazione si è tranquillizzata solo a tarda notte.
Da diverse testimonianze dirette degli abitanti dello slum è emerso che la polizia ha fatto irruzione in Deep Sea verso le 3 del pomeriggio intimando i residenti ed i lavoratori con abitazioni e negozi disposti nella zona di Deep Sea interessata alla futura costruzione della strada di sgomberare immediatamente la zona.
Con un comunicato ufficiale, il Ministero degli Interni e del Coordinamento del Governo Nazionale ha informato di essere intervenuto con lo sgombero forzato dell’area dopo che gli occupanti hanno ignorato i ripetuti avvisi di sfratto, previo indennizzo. Nello stesso documento, è stato sottolineato che gli annunci di sgombero volontario sono stati inoltrati nel contesto del Resettlement Action Plan (RAP), negoziato con i responsabili di zona e con gli abitanti colpiti dalla costruzione della strada.
L’interesse alla costruzione della strada ha prevalso sulla tutela dei diritti fondamentali dell’uomo ad avere una dimora ed un’occupazione, aggravando così l’instabilità abitativa e lavorativa dello slum. Tale avvenimento si è realizzato in un contesto sociale ed economico fortemente precario, in cui il rapporto tra i cittadini e lo Stato è caratterizzato dall’esclusione dei primi dalla vita e dalle decisioni comunitarie della città.
Il Kenya è una nazione con una forte spinta allo sviluppo e alla modernizzazione e ritengo che la sua crescita debba necessariamente realizzarsi anche attraverso la costruzione di grandi e moderne infrastrutture. Al contempo, il processo di urbanizzazione dovrebbe sempre avvenire nel rispetto e nella tutela dei diritti umani e quindi, attraverso un piano regolatore che tenga in considerazione tutte le realtà del territorio e gli interessi presenti nel caso specifico.
A distanza di un mese dallo sgombero, numerosi sfollati vivono in dimore improvvisate ai margini delle stradine della baraccopoli e lavorano in spazi temporanei. La parte superiore di Deep Sea era da tempo destinata alla demolizione ed ora mi interrogo sul futuro delle numerose persone, tra cui bambini, anziani e malati, rimaste senza casa e luogo di lavoro.
- Infatti, è dal 2005 che Deep Sea è sotto l’attenzione del Kenyan Urban Roads Authority (KURA) per la costruzione della c.d. “Missing Link Road”. In un articolo del 2015, Amnesty International ha portato all’attenzione dei lettori tale questione, facendo emergere come il KURA decise di risarcire, con un indennizzo assolutamente iniquo, chi avrebbe perso la casa nel corso dell’operazione di evacuazione. È da notare che, nel corso di questi anni, vi è stato un cambio degli abitanti di Deep Sea ed in alcune circostanze la persona che all’epoca ha percepito l’indenizzo non è la stessa che ha perso la dimora durante l’evacuazione del 1 ottobre 2021
TAG: Diritti Umani, Politica
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