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Albania Caschi Bianchi

Immagini d’Albania

A 7 mesi dall’inizio della sua esperienza di servizio civile, Florinda ci restituisce una fotografia di quello che ha trovato nella terra delle aquile guardando fuori e dentro se stessa.

Scritto da Florinda Mancino, Casco Bianco in servizio civile con Volontari nel mondo RTM – Focsiv a Scutari.

“Solo un braccio d’acqua separa l’Albania dall’Italia”. Sono le parole di un professore scutarino intervistato nel 1993 da una televisione italiana. L’Albania era appena uscita da una lunga dittatura, che l’ha vista isolata dal resto del mondo per quasi 50 anni. Il popolo albanese guardava all’Europa – e all’Italia in particolare – con occhi pieni di speranza e voglia di rivincita. Ed è così ancora oggi. Non c’è albanese che non abbia almeno uno zio, un cugino o un fratello in Italia, a testimonianza di quanti ancora ricerchino fortuna e un futuro migliore al di fuori del proprio paese. Nel 2018, secondo uno studio del Youth in Southeast Europe found, più del 40% dei giovani albanesi aveva un grande desiderio ad emigrare. Questa vicinanza all’Italia, all’Europa, è oggi ancora più marcata, data la diffusione senza precedenti dei mezzi di comunicazione e l’avvio della procedura di adesione dell’Albania all’UE. È incredibile però come, a così pochi chilometri di distanza dalle nostre coste e con la procedura già avviata, questa realtà necessiti ancora fortemente dell’aiuto internazionale svolto da numerose ONG, tra cui Volontari nel Mondo RTM, con la quale da quasi otto mesi collaboro qui a Scutari.

Ho scelto di svolgere il mio servizio civile qui con non pochi dubbi e paure, soprattutto in un anno così particolare. Ammetto che il lavoro è stancante, soprattutto dal punto di vista mentale, dovendo ogni giorno scontrarsi con la paura di ammalarsi, l’apprensione per chi abbiamo lasciato a casa e le difficoltà oggettive della vita di tutti i giorni, lavorativa e personale. Forse però, proprio grazie a queste difficoltà, sto riuscendo a cogliere a pieno il significato di questa mia esperienza. Decidere di stare qui ogni giorno, dare il mio contributo al lavoro dell’associazione qui sul campo, conoscere una realtà molto diversa dalla Roma dove sono nata o dalla Bologna dove ho studiato e lavorato, è un’esperienza che mi sta cambiando.

La prima cosa a cui ho pensato per raccontare questa esperienza e l’Albania sono state delle immagini, che ho provato di seguito a descrivere (allego anche qualche foto, che non sono poi così brava a raccontare).

L’Albania è quel branco di cani che ti scorta abbaiando quando torni la sera a casa,

è quella famiglia rom che si sposta tutta insieme su piccoli motoveicoli non poco rumorosi e malmessi,

sono quei soliti 4 cavalli che vedi “brucare” per le strade e sostare sotto la tua finestra,

sono gli uomini seduti al bar per ore bevendo caffe, coca-cola e uje me vitamine,

è l’anziana signora minuta che vedi passare tutti i giorni sotto casa, vestita ancora con abiti tradizionali,

è un gruppo di anziani che giocano per strada a domino, sorseggiando raki,

è la plastica abbandonata ai bordi delle strade,

è il ferlik che gira sullo spiedo mentre senti vibrare le corde di una vecchia qifteli.

Ma l’Albania non è solo questo…

è ricerca di modernità ma attaccamento profondo alla tradizione,

è la forza di tutti i giovani che decidono di lasciare la propria casa, la propria famiglia, la propria vita, nella speranza di un futuro più certo e forse migliore,

è la forza di tutti i giovani che decidono di restare e contribuire allo sviluppo del proprio paese,

è il profondo senso di ospitalità e accoglienza che ogni albanese ti offre quando entri in casa sua,

è un paese pieno di contraddizioni ma ricco di risorse e potenzialità.

Cos’è per me l’Albania è difficile da raccontare. Oggi è casa. Una casa che avrei tanto voluto conoscere di più ma che purtroppo sto scoprendo solo in parte a causa di questa maledetta pandemia. Quello che sto scoprendo invece è sicuramene me stessa, con tutte le mie imperfezioni, insicurezze e capacità. La vita comunitaria, la condivisione con gli altri volontari e i colleghi, l’incontro con una realtà con tradizioni e cultura diverse dalle mie, mi sta mettendo sicuramente alla prova, ma mi sta dando anche modo di conoscermi e crescere.

Mancano ormai poco più di tre mesi alla fine di questa esperienza e quello che auguro a me stessa è di riuscire a cogliere ogni singolo momento, ogni singola esperienza, ogni singola difficoltà e metterla nell’enorme bagaglio di vita che riporterò in Italia.

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