Da metà novembre, il Perù attraversa una crisi politica che ha visto tre presidenti succedersi alla guida del Paese nel giro di pochi giorni. Proponiamo una serie di testimonianze raccolte da alcuni Corpi Civili di Pace che hanno svolto il loro servizio in Perù fino a marzo 2020. Il primo episodio è a cura di Maria Casolin, CCP con IBO Italia a Paita e di Marta Rossini, CCP con Focsiv a Otuzco.
Dopo una settimana d’intense proteste lungo tutto il territorio nazionale per contestare la corruzione nelle istituzioni e chiedere una nuova costituzione, la carica più alto dello Stato non è più vacante ed il Perù conta su un nuovo presidente, il quarto dal 2016. “Noi peruviani siamo stanchi. Abbiamo una storia di così tanta corruzione nel Paese, ormai dagli anni 80: con Fujimori, con García, con Toledo, con Ollanta… Siamo stanchi.” È quel che dice E., di Piura, regione a nord del Paese, dopo aver fatto una panoramica di ciò che ha preceduto il golpe. “Era lunedì 9 novembre, tornavo da Paita e la prima cosa che ho visto alla televisione è stato il titolo del servizio che recitava “Hanno destituito Vizcarra”. La stessa notte, alle 19, la gente di Piura si è recata in massa alla Plaza San Martín, una piazza per noi molto importante. Abbiamo ignorato le regole stabilite durante la pandemia, perché eravamo così indignati da questo Congresso, dal suo voler destituire la Sunedu, la squadra speciale anti-corruzione… Non volevamo né vogliamo permettere che facciano ciò che gli pare.” La Sunedu è uno dei punti su cui torna più spesso, spiegando che si tratta di un organo di supervisione che cerca di garantire un sistema educativo di qualità a livello universitario. Assieme alla riforma universitaria, infatti, la Sunedu è stata nel mirino del Congresso, che negli ultimi due mesi ha promosso almeno cinque azioni contro l’ente supervisore. “Si è mosso mezzo Paese, e sapessi quanti giovani ho visto a Piura”, racconta E., “erano tutti lì per pretendere che Merino rinunciasse, per difendere la Sunedu, il loro diritto all’educazione, la libertà di manifestazione ed espressione.” Oltre alla partecipazione massiccia, racconta della natura pacifica delle proteste a Piura e Sullana e del rispetto anche da parte della polizia; sa che le cose sono andate decisamente meglio che a Lima, dove, nei giorni 12, 13 e 14 novembre, c’è stata una dura repressione da parte delle forze armate. Non manca l’accenno al Covid-19: “La mobilitazione è stata generale, solo la paura del virus ha fermato alcuni che comunque hanno portato avanti il cacerolazo dalle finestre. Siamo consapevoli che dopo queste marce ci saranno nuovi contagi, ma non ci vogliamo pensare troppo. C’è una crisi sanitaria, economica, e fino all’altro giorno era anche politica. Ora speriamo che da qui in avanti le cose migliorino.” Sempre riguardo ai membri del Congresso, aggiunge: “Hanno messo davanti a tutto e tutti i loro interessi anziché lasciare che Vizcarra terminasse il mandato – sarebbero stati altri otto mesi – e cercasse di fare qualcosa per il Perù. Nel Paese, ora più che mai, c’è tanta disoccupazione, e per la gente questo golpe è stata l’ultima goccia.” La squadra speciale anti-corruzione è un altro elemento verso il quale il Congresso si è dimostrato ostile, e a portare alla sfiducia è stata proprio un’accusa di corruzione risalente al periodo in cui Vizcarra era governatore di Moquegua, una regione nel sud del Perù. “Vizcarra non è perfetto”, dice E., “ma almeno gli si riconosce questo impegno concreto ed evidente in questa lotta”. E ad invitare ad un’altra lotta, fatta di proteste, è D., un’altra voce residente a Paita, che in un messaggio vocale dice: “Lo destituiscono per corruzione. Perché, cosa fanno le persone del Congresso ogni giorno? Questo golpe è una vendetta alla lotta alla corruzione di Vizcarra. Il silenzio del tribunale fa pensare. Una via che ci rimane è uscire e far presente la nostra indignazione. Come sempre, e nonostante tutto, en la calle.”
Sempre dal nord del Paese, arriva la testimonianza di Manuel raccolta da Marta Rossini, paesino delle Ande peruviane. A seguito dell’estromissione di Vizcarra con 105 voti favorevoli, lo stesso 9 novembre prende il potere Manuel Merino, uomo dal passato non molto trasparente. “Quest’evento ha generato una richiamo massivo dei cittadini nelle strade, la seconda marcia è stata impressionante, soprattutto a Lima”, racconta Manuel, di Trujillo – città anch’essa a nord del Paese. Nella regione de La Libertad, la gente è scesa in strada; dalle grandi città, come Trujillo, ai piccoli paesi andini, come Otuzco, le proteste sono state costanti, e nelle strade risuonava un “Vogliamo alzare la nostra voce in protesta contro questo Congresso, contro questo presidente, vogliamo che se ne vada, vogliamo la democrazia, vogliamo essere ascoltati, vogliamo un’educazione di qualità per noi e il nostro futuro”. “Come conseguenza di tutto questo”, continua a raccontare Manuel, “Merino ha rinunciato alla presidenza e con lui anche i ministri ed il consiglio di amministrazione del Congresso, e per due giorni il Perù è rimasto senza un presidente della Repubblica, con un Congresso totalmente disorganizzato che ad oggi non gode di un benché minimo consenso popolare.” Lo stesso malcontento generale ha portato a richiedere una riorganizzazione del Congresso e l’elezione di un nuovo consiglio dal quale è stato nominato il nuovo presidente – il terzo in una settimana: ora è Francisco Sagasti, del partito Morado, a guidare il processo di transizione del Perù che si concluderà con le elezioni del 21 Aprile 2021. In conclusione, Manuel riferisce che Sagasti, nel suo primo messaggio da presidente in carica, ha chiesto scusa per i due giovani uccisi nelle manifestazioni di quei giorni e ha promesso di lavorare per un Paese unito e di rispettare il processo elettorale del 2021.
Ed è effettivamente ciò che ci auguriamo. Che queste scuse e queste promesse si traducano in politiche pubbliche concrete volte a favorire la popolazione e soddisfare, per esempio, la richiesta di un’educazione di qualità per tutte e tutti; que todo vaya bien, – che tutto vada bene- que Perù no se duerma nunca nunca más – che il Perù non si addormenti mai più.
Per maggiori approfondimenti:
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Crisi istituzionale in Perù, Vizcarra destituito e scontri nelle piazze
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