Rosaria e Eleonora hanno partecipato al progetto “Camminiamo insieme: percorsi di reinserimento sociale delle vittime di violenza colombiane 2018” con FOCSIV a Quito, luogo in cui hanno avuto ricaduta le attività svolte.
Contesto del conflitto
Il progetto agisce in particolar modo sulla dimensione socioeconomica e tenta di rispondere alla difficoltà della popolazione rifugiata di trovare un lavoro, acuita dalla discriminazione e dal conseguente isolamento cui è soggetta. Le parti coinvolte all’interno del conflitto sono da un lato la popolazione migrante e dall’altro la popolazione locale. Numerosi sono gli stereotipi verso la popolazione migrante e in mobilità umana tanto che per queste persone risulta difficile anche trovare una casa, perché in molti non affittano a venezuelani; trovare un lavoro, nonostante la situazione migratoria regolare; inserirsi realmente all’interno della comunità di accoglienza, a causa della diffidenza degli ecuadoriani. Tutti questi elementi contribuiscono a che migranti e rifugiati non riescano ad uscire da quella situazione di vulnerabilità sociale ed economica, non raggiungendo l’indipendenza necessaria. In questo senso il progetto mira a supportare il processo di integrazione delle famiglie rifugiate beneficiarie dei progetti HIAS, garantendo anche servizi di assistenza psicosociale e programmi per lo sviluppo di mezzi di sussistenza sostenibili, per fare in modo che queste persone riescano a partecipare attivamente alla vita della comunità locale d’accoglienza.
Un episodio dal campo
Un episodio significativo all’interno del percorso di sensibilizzazione, che era rivolto ai datori di lavoro per promuovere l’inserimento lavorativo di migranti e rifugiati, è stato l’incontro con l’ideatrice e fondatrice di un ristorante di cucina tipica venezuelana che appoggia 26 famiglie in situazione di mobilità umana. Il ristorante Las Reinas Pepiadas nasce come omaggio alla tradizione culinaria venezuelana, e in particolar modo ad uno dei suoi piatti tipici: la arepa. L’arepa è un piccolo pane di forma circolare preparato con farina di mais bianco. È un piatto tipico della tradizione ed è il simbolo del Venezuela poiché risale all’età precolombiana, quando era utilizzato e preparato dalle popolazioni indigene. Durante la sua presentazione, la fondatrice del ristorante a Quito ha raccontato con molta delicatezza e tatto di aver utilizzato le sue competenze culinarie e le sue capacità in ambito ristorativo per inserirsi nel tessuto socio-lavorativo ecuadoriano, superando le pur numerose difficoltà incontrate, connesse alla regolamentazione del lavoro a livello nazionale. Inoltre, per la fondatrice l’arepa non rappresenta solo un piatto, ma è quel filo rosso che la lega al suo Paese, alle sue tradizioni e alla sua cultura. In questo modo, il piatto tipico venezuelano è diventato non solo uno strumento per far conoscere la cultura culinaria venezuelana, ma un modo per inserirsi ed emanciparsi nella società ecuadoriana. Il suo racconto, semplice e genuino, ha attirato l’attenzione di molti dei datori di lavoro partecipanti all’evento, che hanno successivamente promosso e pubblicizzato il suo lavoro e il suo talento all’interno delle loro imprese. Questo evento ha suscitato in noi grande interesse e ammirazione e ci ha incuriosito per l’abilità e la capacità di questa giovane donna di superare con coraggio le difficoltà legate all’accesso al mercato del lavoro ecuadoriano, per la passione con cui ha continuato a lottare per mantenere viva la sua identità e la sua cultura d’origine in un Paese straniero, per l’entusiasmo con cui giorno dopo giorno si dedica al suo lavoro, facendo rivivere in un unico semplice piatto l’amore per la sua terra.
Evoluzione del conflitto
Alla luce della attuale situazione sociopolitica e economica e nonostante la poca affidabilità delle notizie che arrivano, è ipotizzabile che il conflitto descritto peggiori a causa della situazione emergenziale creata dal Covid-19. Il governo sembra non aver messo in atto misure sufficienti a far fronte alla crisi economica e sociale, che in ogni caso escludono la maggior parte delle persone vulnerabili. Tra queste i migranti che vanno incontro a una povertà crescente e all’assenza di protezione e di un supporto statale. Con questa emergenza, potrebbe esserci anche una diminuzione delle possibilità di intervento per le organizzazioni che si occupano dei migranti, tanto che si teme un aumento di episodi di discriminazione con conseguente inasprimento della conflittualità. Infine, stanno aumentando i numeri della migrazione di ritorno: numerose persone in mobilità umana stanno al momento abbandonando l’Ecuador per fare rientro nei Paesi di origine.
Per saperne di più:
L’architettura della “casa” ecuadoriana
Ecuador, case e migranti ai tempi del Coronavirus
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