Corpi Civili di Pace Perù

Divisa tra due mondi

Come il Perù è diventato parte di me

Scritto da Marta Rossini, Corpo Civile di Pace con Focsiv a Otuzco

Siamo partiti per il Perù a Luglio del 2019 e siamo dovuti rientrare per l’emergenza corona virus il 16 marzo del 2020. Ho trascorso 8 mesi in quella terra meravigliosa, 8 mesi in cui ho davvero imparato molte cose, soprattutto dal punto di vista umano. Ormai siamo tornati da un po’, ma è la prima volta che racconto la mia esperienza, che la metto nero su bianco e che cerco di riassumere parte di questo periodo e di ciò che ho vissuto.

Il piccolo paesino dove abitavo si chiama Otuzco e si trova sulle Ande del nord, ad un’ora dalla città di Trujillo. Il mio progetto come volontaria dei Corpi Civili di Pace prevedeva il sostegno alle comunità andine nella gestione e prevenzione dei conflitti ambientali. Lavoravo con l’associazione Amas che si occupava prevalentemente dell’analisi ed il monitoraggio dell’acqua contaminata dalle miniere situate nella provincia de La Libertad. L’attività sul campo si focalizzava nella raccolta di campionamenti d’acqua con il sussidio della comunità locale. Il lavoro di Amas era principalmente quello di appoggiare le comunità campesinas (contadine) e rafforzare le competenze della popolazione in materia ambientale per contrastare con i giusti mezzi l’insediamento di nuovi progetti minerari e ridimensionare in parte i danni prodotti dai progetti già esistenti. Si andava, quindi, nei vari pueblitos (piccole comunità) a parlare con la popolazione locale e con loro si andava poi nel mezzo delle Ande a prelevare l’acqua dalle differenti fonti. Ora, con l’emergenza Corona virus che sta impattando tutte le popolazioni a livello mondiale, non è più possibile svolgere questo lavoro.

In Perù, come in gran parte del mondo, ora si resta a casa e dal pomeriggio vige lo stato di coprifuoco. L’attenzione è prevalentemente rivolta nei centri urbani. Il lavoro con le comunità è interrotto e, ad ora, non si può stabilire quando si potrà ricominciare. Gli spostamenti, anche quando si potrà uscire nuovamente da casa, saranno limitati e dunque, sarà ancora più difficile raggiungere le comunità. Oltre a ciò sarà anche pericoloso, in quanto si rischia di portare il virus all’interno di quelle piccole realtà che molto spesso vivono isolate e che, quindi, rimangono immuni.

Per quanto riguarda il mio lavoro ora, in coordinazione con Focsiv e con Amas, stiamo cercando di portarlo avanti (fino al termine del mio anno di servizio) in altre modalità. Mi sto occupando dunque della stesura di report, articoli, della realizzazione di video, della diffusione della mia esperienza e della complessa e affascinante realtà peruviana, attraverso vari canali social.

Ad inizio Marzo la situazione in Italia era molto complicata, come ben sappiamo, e devo ammettere che il mio pensiero andava spesso verso casa. In quello stesso periodo, in Perù la situazione era tranquilla ma il timore dell’arrivo della malattia era in agguato. É stato difficile abbandonare tutto d’improvviso, senza aver neppure il tempo di rendersene conto.  Ed ora, che siamo qui, nelle nostre case (per fortuna in salute), il mio pensiero va spesso a quella terra meravigliosa ed alla sua gente, alle difficoltà che possono riscontrare nel combattere questa pandemia. Penso a chi una casa non ce l’ha, a chi lavora in maniera informale per le strade (che rischia di morire prima di fame che di corona virus), a tutti quelli che non possono lavarsi spesso le mani, perché l’acqua non sempre arriva e non possono perciò attuare le minime misure di prevenzione necessarie per evitare il contagio.

Dunque, purtroppo, nemmeno ora che sono a casa vicino ai miei cari, il mio cuore trova pace. Mi sento divisa tra due mondi (L’Italia ed il Perù) che mi appartengono entrambi, perché in entrambi c’è una parte di me.

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