Caschi Bianchi Svizzera

Notte di sorrisi e preghiere

Ci si sente impotenti, inutili, fuori luogo e incoerenti. Una realtà dura e impietosa quella delle ragazze vittime della tratta, che ogni notte vendono il proprio corpo come carne da macello esposta nelle strade… una realtà difficile da affrontare per i ragazzi dell’Unità di strada, con troppe domande e paure ma una sola certezza “ci vediamo giovedì prossimo”.

Scritto da Maura Galati, Casco Bianco in servizio civile con Apg23 a Ginevra, svolge il proprio servizio tra la Svizzera e l’Italia, dove partecipa all’Unità di strada antitratta

Come ogni giovedì, ci troviamo alla Grotta Rossa, noi dell’Unità di Strada, “gruppo di contatto” come lo ha definito qualcuno. Un caffè al volo, due chiacchiere, una preghiera breve ma sentita. Quante macchine facciamo? Chi va a Rimini? Abbiamo i thermos per le ragazze? E poi si parte, senza mai sapere davvero quale “giro” ci toccherà. Ragazza dopo ragazza, storia dopo storia, chilometri dopo chilometri. Anche con due felpe addosso fa freddo stanotte. Scendi dal furgone e tremi. Una ragazza ti vede, sorride e dice “Hai freddo vero?” Con che coraggio le rispondi che vorresti esserti vestita ancora più pesante? A lei, che indossa calze a rete e minigonna. Sorridi e non dici niente. Non ce n’è bisogno. E così ad ogni tappa, ogni benzinaio, ogni angolo più o meno buio. I discorsi sembrano sempre gli stessi, gli abbracci sempre spontanei. Ha un non so che di familiare tutto questo.

“Alle 2 alla Grotta”, arriva il messaggio sul gruppo, si torna alla base. “Com’è andata?”  “Chi avete incontrato?” Commenti, domande, un rituale. Una preghiera, la stretta di mano dopo il Padre Nostro. Pregano tutti, anche chi non sa ancora se crederci o no. E poi via, ognuno verso la propria casa.

Abbiamo sempre tutti sonno e poca voglia di parlare al rientro, così mettiamo un po’ di musica. E lasciamo che qualche cantante lo faccia per noi.

“E così, sorridere

a quello che non sai comprendere

perché il mondo può anche illuderci

che non siamo dei miracoli

e se ci sentiamo fragili

è per cercare un’altra via nell’anima,

strada che si illumina,

e la paura che si sgretola,

perché adesso sai la verità:

questa vita tu vuoi viverla

vuoi viverla”

Vorrei che ci parlasse Elisa con le ragazze, forse saprebbe, forse potrebbe fare di più.

Ci si sente impotenti quando una ragazza dallo sguardo ormai spento, alla tua domanda “Allora, ce ne andiamo dalla strada?”, con una risata amara ti risponde “Certo, me lo trovi tu un altro lavoro?”

E tu sai che ha ragione lei. Tu sai che sorrisi e preghiere non hanno mai salvato nessuno, non dalla strada quanto meno.

Ci si sente inutili quando un giovane trans è dovuto scappare dalla Turchia perché, nonostante la laurea in architettura e design, non trova un impiego perché ha semplicemente deciso di indossare dei tacchi e dei pantaloni in pelle.

Ci si sente fuori luogo, quando arrabbiate con la vita, le ragazze si lasciano andare a discorsi così forti e crudi e intensi da farti rabbrividire. E a te rimane solo lo spazio di un sorriso e di uno sguardo abbassato per l’imbarazzo.

Ma soprattutto ci si sente incoerenti quando, dopo aver condiviso paure, aspettative, desideri, sogni, preghiere silenziose, lacrime, qualche risata, un abbraccio mancato, una carezza sfiorata, noi torniamo a casa, ci infiliamo un pigiama pulito e ci mettiamo sotto le coperte. Senza dover dare né soldi né spiegazioni a nessuno.

“Stai attenta eh! Ci vediamo giovedì prossimo, buona notte”.

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