4 novembre 2019
Le proteste sono iniziate nella capitale, Santiago, come azione di disobbedienza civile per l’aumento del costo del biglietto dei mezzi di trasporto, da parte di alcuni studenti, in particolare del Instituto Nacional. Inizialmente l’invito era bloccare i tornelli della metro, permettendo ai passeggeri di salire senza pagare, per manifestare il proprio dissenso nei confronti delle recenti modifiche del tariffario dei trasporti, ultima goccia di una serie di politiche giudicate ingiuste e “contro il popolo”. A questa manifestazione pacifica, a cui con il passare dei giorni si sono unite sempre più persone, le forze dell’ordine hanno reagito fin da subito attuando una repressione esageratamente violenta nel tentativo inutile di bloccare le proteste. L’esalation di tensione ha portato nel giro di pochi giorni, a violenti scontri tra manifestatnti e polizia.
“ E’ stata una protesta lenta, che è cresciuta gradualmente (…) che peró non ha avuto che due risposte: tecnocrazia e repressione. Gli esperti hanno definito le tariffe, le forze speciali le hanno fatte compiere”
– Daniel Matamala – La Tercera
Nel frattempo anche in altre città la popolazione ha iniziato a mobilitarsi, espandendo la protesta a tutto il territorio nazionale, e domenica 20 Ottobre, giorno successivo alla mobilizzazione generale, il giornale “El Centro” di Talca, città del centro del Cile, scriveva:
“(…) In questo punto gli agenti si avvicinano ad un gruppo di giovani che si trovavano vicino ad una camionetta dei carabinieri e, all’improvviso, la marcia – nella quale partecipavano famiglie con bambini – cominciò a essere dispersa con bombe lacrimogene. Questa risposta dei carabinieri ha fatto esplodere la violenza dei manifestanti ”
Nella stessa sera di Talca, a Valdivia, nel sud del Cile, si assiste ad una scena molto simile. Migliaia di persone si riuniscono nella piazza principale per manifestare. Ci sono studenti, lavoratori, anziani e famiglie con bambini che attraverso i cacerolazos – maniera di protestare caratteristica del Cile e più in generale del Sud America – e i canti cercano di far sentire la propria voce in maniera pacifica, tanto che a tratti sembra un giorno di festa. A lato della manifestazione appare una bandiera enorme del Cile trasportata da alcuni ragazzi, probabilmente studenti, che cattura l’attenzione di tutti. D’improvviso, senza alcuna motivazione, un getto d’acqua viene spruzzato dalla camionetta dei carabinieri sulla folla, seguito dal lancio di bombe fumogene. Le persone scappano ai lati della piazza, i genitori cercano di proteggere i bambini, per impedire che vengano schiacciati dalla folla: esplode la rabbia e iniziano le barricate, gli scontri e la violenza. Alla fine si conteranno alcuni feriti oltre alla distruzione di banche, farmacie, Mcdonald’s, casinó e vari danni alle opere pubbliche.
Leggendo i quotidiani delle diverse città, gli avvenimenti degli ultimi giorni sembrano tutti accomunati da una rapida escalation di violenza durante manifestazioni, fino a quel momento pacifiche.
Sorgono quindi spontanee alcune domande: tutta questa violenza tra manifestanti e forze dell’ordine si sarebbe potuta evitare in un qualche modo? E quando è necessario che lo Stato, per cercare di far rientrare queste proteste, impugni l’arma della violenza (sempre che in alcuni casi lo sia)?
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