21 ottobre 2019
Si è concluso il quarto giorno di protesta e noi, impotenti ma con una grande voglia di partecipare, in un tentativo di non sconvolgere troppo la nostra quotidianità, siamo andati tutti insieme ad aprire il Comedor, mensa per senzatetto della Comunità, nel nostro quartiere, uno dei pochi progetti facilmente raggiungibili in questo momento, e secondo noi quello che ha più bisogno di non chiudere.
Le persone che serviamo qui non sono sembrate troppo sconvolte dagli eventi di questo fine settimana: quando la violenza colpisce ogni aspetto della tua vita, quando i tuoi diritti sono violati costantemente, quando la società non ti riconosce e ti emargina, non hai più nemici contro cui combattere.
La giornata si è svolta come tutte le altre, fino a quando è arrivato Claudio a chiederci del cibo, ormai in orario di chiusura, facendoci sentire tutto il peso di essere state lì questa mattina.
Claudio, con gli occhi lucidi, è arrivato al nostro cancello ancora scosso per quello che gli era successo: ci ha raccontato che durante la nottata un gruppo di militari lo ha svegliato, scaraventandolo fuori dall’auto in cui stava dormendo e colpendolo ripetutamente alla testa e al viso, prima ancora che lui potesse rendersi conto di quello che stava succedendo. Claudio è stato poi portato in commissariato dove ha speso diverse ore prima di poter raggiungere la nostra mensa.
Nonostante la paura e la frustrazione per le violenze subite, una delle sue preoccupazioni principali era che potessero portargli via la sua chitarra, grazie alla quale riesce a guadagnare qualche spicciolo e passare momenti spensierati.
Questo racconto ci ha fatto rabbrividire per la sua violenza, totalmente immotivata e ci siamo chieste quanti altri Claudio ci saranno in giro per Santiago. È un episodio che ci fa riflettere su quanto, in situazioni di questo tipo, le prime vittime siano sempre e comunque quelli già più vulnerabili e ci restituisce un grande senso di impotenza, perché non riusciamo a immaginare in che modo la vita di Claudio e di tutti quelli come lui possa migliorare.
Sappiamo bene che molte delle persone con cui abbiamo a che fare ogni giorno non hanno mai vissuto in condizioni dignitose ed è per questo che riteniamo che l’unica protesta giusta sia quella rivolta realmente a tutte le fasce della popolazione in difficoltà.
Sarebbe bello se la preghiera che abbiamo fatto prima del pranzo di oggi venisse ascoltata, e ci svegliassimo tra qualche tempo in un Paese solidale, dove regni una vera giustizia sociale.
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