21 ottobre 2019
Anche se è difficile dire qualcosa in una situazione tanto complessa, voglio scrivere qualcosa, del poco che ho compreso, a sostegno di tutte le persone che, a Santiago, in questi giorni ed in queste ore, stanno lottando, in maniera pacifica, per i loro diritti fondamentali: mi sento vicina ad ognuna di loro.
L’atteggiamento violento e vandalico di una parte della popolazione non appartiene al tipo di lotta di cui parlo e non può pregiudicare il lavoro di chi, pacificamente, protesta per una vita dignitosa.
Voglio informare, per quanto mi è possibile, una parte di mondo che è lontana da tutto questo, perché più persone si sentano vicine alla lotta che io vedo viva davanti ai miei occhi.
Qualche giorno fa il prezzo della metro di Santiago de Chile nelle ore di punta (07:00 – 08:59; 18:00 – 19:59) è aumentato da 800 a 830 pesos, che corrispondono a circa un euro: il prezzo è salito, per l’ennesima volta, di pochi centesimi. Infatti, questo aumento fa parte di una serie di piccole incrementazioni che hanno portato a far sì che il prezzo del biglietto costi oggi quasi il doppio rispetto a nove anni fa. Tra i primi a mobilitarsi ci sono stati gli studenti, che, come molti lavoratori, sono obbligati ad usufruire del servizio in quella fascia oraria, la più cara. Questi 30 pesos di differenza, dopo una serie di frustrazioni sociali, hanno assunto maggior peso, sommando quello:
- di uno stipendio minimo legale molto basso, di 301000 pesos al mese: circa 380 euro, dopo il suo ultimo aumento di qualche mese fa (ovviamente anche in Cile esiste il lavoro in nero ed anche in Cile, nel lavoro in nero, si è spesso assunti con uno stipendio più basso). Attraverso alcuni meccanismi di credito, diffusi nelle compravendite, il debito è una realtà quotidiana per molti cileni: per esempio, il prezzo di una spesa, se si è cileni ed ancorati ad una banca cilena (che in qualche modo può, probabilmente, svolgere il ruolo di garante), si può pagare in diverse ‘cuotas’ (rate), in modo che il peso di quel prezzo si distribuisca nel tempo. I meccanismi funzionano in maniera diversa tra banche ed altri istituti, però, dopo un tot di tempo o dopo una serie di rate da inadempienti, alle ‘cuotas’ si applicano interessi: questo metodo fa sì che le persone si ancorino ad alcune imprese private, ma al tempo stesso fa sì che si “cada in DICOM” (reparto di un’impresa internazionale che mantiene un registro d’accesso pubblico d’informazioni sull’attività delle persone e/o imprese nel sistema finanziario e commerciale di una persona o impresa). Ci si indebita per fare la spesa, per andare in vacanza, per studiare all’università
- dell’aumento del prezzo della luce: del 10,5% da maggio, con la previsione di un ulteriore aumento del 9,2% in media (10% in Santiago), per un aumento totale del 19,7% nel 2019, dovuto dell’aumento del valore del dollaro negli ultimi mesi e, secondo José Venegas, segretario esecutivo della Commissione Nazionale per l’Energia, al fatto che, nel 2014, siano stati stipulati contratti di generazione d’energia elettrica poco convenienti e dei quali si stanno ora pagando le conseguenze
- del sistema di capitalizzazione individuale, per cui i risparmi di previdenza sociale d’ogni persona vengono depositati in conti personali in un gestore di fondi di pensioni (AFP) per ottenere una redditività e finanziare la propria futura pensione; sistema per cui, oggi, molte persone anziane non riescono a vivere con essa: il 50% dei pensionati ottiene meno del 20% del suo ultimo salario
- del costo delle abitazioni che, secondo la Camera Cilena della Costruzione (CchC), è aumentato del 67,8% dal 2011, rendendo irraggiungibile l’accesso alla compravendita di proprietà. Alcune settimane fa, a tal proposito, è stato trasmesso un servizio al telegiornale nazionale che segnalava che comprare un’abitazione a Santiago poteva richiedere le stesse risorse economiche che in Australia, riflessione assurda se si pensa, tra gli innumerevoli altri dati, al solo stipendio minimo cileno. Il Presidente della Commissione degli alloggi della Camera dei Deputati, Gonzalo Winter, ha dichiarato, circa due mesi fa, che “Nel mondo ci sono mille modi in cui lo Stato può intervenire per abbassare i prezzi degli alloggi, ma il Cile non sta facendo nulla, perchè la politica pubblica sta dalla parte dei guadagni del settore immobiliare”.
Queste sono solo alcune considerazioni che posso fare sulla base di molte conversazioni, amichevoli e nell’ambito del mio lavoro, alcuni articoli letti in questi mesi, alcuni servizi al telegiornale visti durante il pranzo; è poco, ma vivendolo è un po’ di più.
Venerdì 18 ottobre, in tarda serata, è stato dichiarato lo stato d’emergenza dal Presidente della Repubblica Cilena Sebastián Piñera; di conseguenza egli ha delegato parte dei suoi poteri al Capo di Difesa Nazionale Javier Iturriaga del Campo, che ha previsto il coprifuoco per sabato notte, tra le ore 22 e 7 di domenica mattina, per evitare ulteriori pericoli alla popolazione civile, secondo ciò che ha dichiarato.
Inoltre, sabato pomeriggio, Sebastián Piñera ha dichiarato che il prezzo della metro verrà nuovamente abbassato a 800 pesos. Ma quei 30 pesos hanno molto più peso e, del resto, non è cambiato nulla.
Il bilancio post-coprifuoco annunciato ieri dal Ministro degli Interni dà a intendere che la popolazione non vuole fermarsi: 7 bus sono stati incendiati, diverse persone sono gravemente ferite, 52 carabinieri hanno subito lesioni personali, 716 persone in tutto il Cile sono state detenute e 244, in particolar modo, durante il coprifuoco; fino ad oggi sono state adoperate 7941 persone delle forze armate in risposta a circa 103 eventi di violenza in tutto il paese.
Si parla di circa 10 persone morte, alcune delle quali in incendi appiccati ai supermercati.
Molti supermercati, nel caos di alcune proteste, sono stati scassinati e derubati brutalmente, dando il pretesto alle forze militari per reagire con gas lacrimogeni e colpi di pallettoni, talvolta anche sopra le persone che, in quel momento, stavano solo protestando.
Molti supermercati di quelli centrali sono stati chiusi, obbligando a sospendere le vendite anche nei super market di municipalità non centrali, perché collassati di gente.
Mentre sabato Piñera riconosceva ufficialmente il diritto e le motivazioni, addirittura, di tutte quelle persone che protestano pacificamente, la dichiarazione di ieri, del Ministro degli interni, Andrés Chadwick, è stata aspramente criticata da alcuni esponenti del Partito Comunista, perché sembrava deresponsabilizzare la politica ponendo come unico focus i danni riportati alla città, senza analizzare o commentare i perché, senza citare le migliaia di persone che si riuniscono e protestano pacificamente, che battono a tempo sopra le pentole (il cacerolazo), e suonano i clacson in strada per fare rumore, quel rumore che vogliono che oggi, più che mai, si senta, ora che pensano, forse, di poter essere ascoltati.
Ieri, alle 17, si è tenuta una riunione con gli altri poteri del governo; il coprifuoco è stato fissato dalle ore 19 di ieri. La gente, però, è rimasta ancora in strada a protestare. La foto della folla è l’unica, tra le tre, che non ho fatto io direttamente ed è quella che ritrae appunto Plaza Ñuñoa, piazza di Santiago in cui la protesta ieri si è svolta in totale pacificità (a differenza, purtroppo, di molti altri luoghi, in cui non sono mancati né gli atti vandalici né gli abusi di potere), con famiglie, artisti, ragazzi che ancora sono lì, sebbene sia iniziato il coprifuoco da due ore.
Io spero che le forze politiche cambino disposizione, trovino la forza di analizzare in profondità quei 30 pesos di differenza oppure facciano spazio a chi, ora, potrebbe farlo.
Nel frattempo mi auguro che sempre più persone prendano in mano le pentole e posino le armi.
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