Bolivia Caschi Bianchi

Errare Umano, Bolivia

La Paz, le cholitas, i campetti da calcio, la Valle della Luna e la Muela del Diablo con i ragazzi ospiti della Comunità Terapeutica, il pellegrinaggio di Pasqua, la Pachamama tra il sacro e le contraddizioni legate alla tutela dell’ambiente , El Alto il terrazzo su La Paz e Tiahuanaco con le sue pietre rosse e magiche. Con leggerezza e profondità seguiamo Nicolò in questo errare umano

Scritto da Nicolò Segato, Casco Bianco con Apg23 a La Paz

Tra i profumi e i colori di La Paz

Tra i profumi e i colori di La Paz

Benvenuti nel cuore del Sudamerica. Benvenuti a La Paz.
In questa città, capitale amministrativa della Bolivia, è facile perdersi tra le strade inseguendo i profumi e colori che germogliano in ogni angolo delle strade. Le tienditas, generalmente a conduzione familiare, sono delle baracche artigianali piazzate a mo’ di tetris una affianco all’altra, quasi a dover riempire ogni spazio offerto dalla calle. Al loro interno, senza poter fare troppi movimenti, stanno le cholitas che sistemano i vari articoli: dai cioccolatini ai fiammiferi, dalla frutta secca alle buste di plastica con dentro succhi di frutta di ogni gusto e colore, dalle schede telefoniche alle empanadas. In questi piccoli mercatini a dimensione ridotta è facili ritrovarsi, dopo una salita, pronti ad acquistare dell’acqua o richiamati, dopo una discesa, dal profumo di dolci ancora caldi. Oltre che essere parte e contribuire al mercato povero e locale delle strade pacen ̃e, queste mercanti boliviane con i loro vestiti tradizionali che sfumano nelle gradazioni dei prodotti venduti, collaborano a generare vita profumando e colorando la città.
Nel cielo turchese si intravede la linea amarilla del teleferico. Dal 2014 è possibile spostarsi e visitare la città da una prospettiva ancora più vicina al cielo, dove nel tetris metropolitano, queste tienditas si collegano alle case color mattoni e ai grattacieli della zona centrale.


(Partite ad alta quota)

Partite ad alta quota

Negli ultimi anni la Bolivia, e in particolare La Paz, oltre ad essere la capitale amministrativa più alta al mondo, si è resa protagonista per un’ulteriore particolarità. Sotto il governo di Evo Morales, in ogni angolo della nazione, nelle città metropolitane, nei pueblos dispersi dell’altipiano fino al verde senza fine delle regioni amazzoniche, sono fioriti come ciliegi in primavera, campi da calcetto di strada, chiamati canchas. Molti riconducono questo fatto ad una trovata di propaganda elettorale, come se si volesse comprare voti a suon di gol, altri ancora sostengono che qui in Bolivia le città nascono così: prima si costruisce una chiesa, poi un campo da calcio e solo alla fine i complessi abitativi. La realtà ci mostra come effettivamente sia molto facile andare al campetto sotto casa per giocare una partita. La maggior parte, se non tutti, sono gratuiti, ragazzi e ragazze, maschi e femmine sono sempre disponibili a “fare due tiri”, non esiste stagione adeguata, si gioca tutto l’anno. Forse, l’unica difficoltà, risulta essere quella di affidarsi ai polmoni in alta quota, calibrare gli scatti e i contropiedi diventa indispensabile, soprattutto per chi deve ancora acclimatarsi.
In questa foto, dopo una settimana dal mio arrivo a La Paz, mi ritrovavo a giocare un torneo che vedeva protagonisti i ragazzi delle due comunità terapeutiche nelle quali sto svolgendo il mio servizio civile. Neanche a dirlo, son durato 5 minuti.
P.S. Detto ciò, mi risulta ancora poco chiaro il perché la selecion de Bolivia si sia qualificata solo una volta ai Mondiali di calcio. Il settore giovanile e le strutture non mancano.


Tra luna e cielo

Tra luna e cielo

Se la confusione del centro movimentato di La Paz vi sta logorando, basta prendere un minibus direzione sud per riappacificarvi con la terra madre. In questa direzione, a soli 40 minuti dal centro, ci si può trasportare ai piedi della luna. La valle della luna è un sito naturale, oramai inglobato dal turismo, che presenta delle conformazioni di terra e roccia che assomigliano alla morfologia lunare e rendono questo pezzetto di terra, unico nel suo genere. Grazie a delle transenne e a dei passatoi rigorosamente in legno non lavorato, per mimetizzarsi al meglio con lo sfondo, è possibile perdersi tra i crateri e le punte aguzze di arenaria che riportano alla mente quando, da bambini, in spiaggia si perfezionavano le torri dei castelli lasciandoci cadere sopra gocce di sabbia bagnata che, senza direzione precisa, modellavano la scultura con un tocco extra-terreno. Girato l’angolo, qualche cactus provato dal caldo secco e da un vento prepotente sembra esseri lì per ricordarci che la luna è solo un sogno lontano.


Sculture che respirano

Sculture che respirano

Nella comunità terapeutica per persone con dipendenza da alcol e sostanze, ho avuto la possibilità di proporre e realizzare un progetto di “Adventure Education”, con i ragazzi ogni mese facciamo un trekking in mezzo alla natura, utilizzando l’avventura e la “terapia del verde” per tentare una riabilitazione utile a combattere tali infermità. Nella prima uscita abbiamo deciso di puntare alla Muela del Diablo, una roccia appuntita in cima a una montagna che, con neanche troppa fantasia, sembra ricordare il dente affilato del diavolo. Prima di arrivare a destinazione ci siamo fermati, tutti incantati da questo spettacolo della natura. Le guglie della valle della luna d’improvviso davano l’impressione di essersi spostate in questo luogo, raddoppiando le dimensioni e presentandosi coloro rosso fuoco. Poter lavorare e viaggiare tra queste terre mi rigenera la mente, sento il sangue pulsare di vigorosa energia. Mi capita spesso di pensare che uno scultore venuto da un posto remoto dell’universo si sia divertito a giocare con gli elementi della natura per dar vita a queste opere d’arte a cielo aperto.


Pellegrinaggio al Lago

Per i cristiani cattolici, la Pasqua è probabilmente la festività religiosa più importante. Se sei cattolico e per di più boliviano, ecco che, il festeggiare la resurrezione di Cristo, diventerà qualcosa di ancor più sacro, tanto che varrà la pena intraprendere un pellegrinaggio. Infatti, una delle occorrenze religiose obbligatorie se abiti da queste parti, è sicuramente intraprendere il cammino che da La Paz va a Copacabana, non l’afrodisiaca spiaggia brasiliana del barrio Rio de Janeiro, ma la città adibita a porta d’ingresso tra il mondo umano e i popoli divini del Lago Titikaka. Il tutto a piedi, fino ad arrivare al monte Calvario (in foto). Ogni anno gruppi di persone s’incamminano verso Nord avvinghiati a zaini carichi del più necessario. Tende, griglie per cucinare la carne, coperte, ombrelloni, seggiole, teloni e infine grandi quantità bottiglioni d’alcol. Più una grande festa che un sacro pellegrinaggio.


(Le isole della Pachamama)

Le isole della Pachamama

Nel cuore del lago più alto del mondo si scoprono dei posti magici e pieni di storia. In questo letto d’acqua galleggiano due isole sorelle che per secoli son state testimoni dell’avvenuta di civiltà e culture ancestrali. La Isla del Sol e la sorella minore Isla de la Luna, hanno offerto ospitalità e abitazione a un susseguirsi di popoli che han dato vita alla civiltà di Tiwanaku, prima, e dell’impero Inca poi. Ai giorni nostri, gli eredi di queste culture, continuano a vivere tra il verde, quasi vergine, di questi fazzoletti di terra sospesi nel lago. Il tempo sembra essersi fermato. L’avanzare delle loro esistenze si concretizza in mestieri che, al di là delle sponde del lago, si son persi nell’oblio della storia. In particolare, l’isola della luna, si presenta all’uomo venuto dal mondo terreno, come un piccolo esperimento sociale dove l’amore tra gli uomini e la natura ha sconfitto l’odio e il timore verso il prossimo. Non esiste elettricità, non si incontra l’acqua corrente, non esistono alimentari e il cibo arriva dall’agricoltura locale o dalla fauna del lago e dalla poca selvaggina in terra. Le quasi venti famiglie presenti in questa terra sembrano stare al di fuori del mondo conosciuto, vivono in pace e in fraternità condividendo totalmente quel poco che hanno. Felici e devoti alla madre natura. Solo guardando negli occhi uno dei tanti pastori con la fronte consumata dal sudore e dal sole cocente si può imparare molto sulla vita dell’uomo.


La città che tocca il cielo

La città che tocca il cielo

Impossibile non rimanere a bocca aperta vedendo questa città. Ricordo ancora quando sono atterrato con l’aereo ad El Alto, città-satellite situata “sopra” a La Paz. Ricordo, con sorprendente nitidezza, lo spettacolo di questa metropoli. All’impressionante altezza di 4.000mt s.l.m. una capitale di grattacieli privi di logica e case di mattoni senza tetti, si distende tra le montagne ad osservare il resto della Bolivia, quasi come fosse una torre di guardia. In questa valle senza fine, una bomba, contenente abitazioni dalle mille forme, è esplosa dal cielo creando un mosaico di edifici che, a poco a poco, si divorano centimetri e si appropriano di qualsiasi spazio vitale.
Dal punto più alto della città, fino all’estrema zona sud, possono verificarsi, nello stesso momento, condizioni atmosferiche e temperature con differenti sfumature e gradazione, dalle nevicate e dal freddo del mercato di El Alto, al caldo e al verde del quartiere di Bajo Lipari, dove vivo.
Dai vari mirador, dislocati un po’ in ogni zona, la vista sopraelevata e l’aria che si infila nei polmoni, ripagano sempre la fatica della salita. Già, perché se si vuole evitare il trasporto a motore o l’innovativo teleferico, l’unica soluzione è quella di munirsi di pazienza, indossare scarpe comode e arrendersi al labirinto di salite e discese che regna nella città. Consigliatissimo.


Vita a 4.000mt

Vita a 4.000mt

Una delle attività che preferisco è camminare in montagna e le Ande boliviane hanno molto da offrire. Così, quando posso, mi concedo giornate a zonzo tra la splendida natura incontaminata. Nonostante questo, risulta sempre difficile organizzare un trekking in queste zone. Qua non esistono cartine topografiche che indicano i percorsi possibili da fare e tantomeno associazioni come il C.A.I. che segnano e verificano i sentieri. Tutto è selvaggio e al naturale. Tanto che, mi capita spesso di perdermi nel cammino e ritrovarmi a fare la guerra con arbusti e rocce nel tentativo di crearmi una nuova via. Ogni escursione diventa un’avventura.
Quando, finalmente, si ritrova la strada e si arriva in cima, il panorama che si para di fronte mozza il fiato, fa venire la pelle d’oca. Come se dipinta in un quadro, la Cordillera Real con le sue cime innevate, si allunga seguendo l’orizzonte. Le nuvole si abbassano e danno l’impressione di poterci camminare sopra.
Oltre a questa orchestra di forme e colori, rimango sempre incantato dallo spettacolo dell’essere umano. Ad alture e climi improbabili, sorgono villaggi di contadini che vivono l’altipiano di La Paz. Dopo una giornata senza incontrare nessuno, eccezion fatta per qualche quadrupede randagio, ritrovare il contatto e il calore umano in posti impensabili mi sorprende, ma allo stesso tempo mi affascina. Vorrei fermarmi lì, bussare ad una porta di queste case, fatte di terra e sterco di vacca, e chiedergli di raccontarmi le loro storie. Prima, però, meglio imparare la lingua aymara.


(Offrire e Distruggere)

Offrire e Distruggere

In Bolivia, ma più in generale in quasi tutto il Sud America vi è un’ostinata venerazione della cosiddetta Pachamama, la madre natura. La terra che calpestiamo è sacra, il verde della giungla amazzonica e le rocce arse delle Ande sono il principio per cui tutto ha avuto un inizio e avrà una fine. Il contatto e l’armonia che si crea tra uomo e natura continua a seguire il suo corso da ormai secoli e secoli. Dai tempi degli sciamani aymara, quechua, guaranì e via discorrendo, fino ai giorni nostri, si effettuano rituali per ringraziare la Vita generatrice di altre vite. La devozione e la venerazione arrivano anche nelle città. Nelle feste di paese, molte volte, mi è capitato di vedere gente inebriata dall’alcol (un’altra venerazione ostinata), prendere un bicchiere di cerveza o trago e, prima di berselo tutto in colpo, buttare un po’ di liquido per terra. Al principio pensavo fosse l’effetto dopo una serata a navigare nell’alcol. Poi ho scoperto che era un segno di gratitudine verso Lei, la Pachamama. Lo si fa sempre, e guai se ti offrono un bicchiere e ti dimentichi di questo.
Ma la vita qui in Bolivia, ahimè, è una totale contraddizione. Purtroppo, esiste un altro lato della medaglia che, a dirla tutta, risucchia e distrugge. Per le strade di La Paz, tra gli angoli della città, oceani di bazura inondano il cammino; il fiume che scorre nella valle si è colorato di un verde fango che si mischia alla schiuma causata da migliaia di litri di prodotti chimici, dei quali, i cittadini boliviani, se ne disinteressano completamente. Esistono anche intere zone dove crescono edifici completamente colmi di spazzatura. Il contrasto tra uomo e natura è evidente, non è necessario andarlo a scovare, sta lì, davanti ai tuoi occhi. Probabilmente, tutte queste offerte e preghiere per la Pachamama la stanno in verità portando alla rovina, se ad esse non viene aggiunto anche un fare-collettivo che la possa salvare, servono a ben poco.


La civiltà aiutata dagli alieni

La civiltà aiutata dagli alieni

Nel cammino che va da La Paz al Lago Titikaka si può visitare il sito archeologico di Tiahuanaco. In queste lande desolate, tra campi di chun ̃o e colli sinuosi, un tempo si estendeva la civiltà preincaica di Tiwanaku. Nel periodo che va dal 200 a.c. fino al 1200 d.c. questo impero mise le sue radici e divenne il centro nevralgico degli abitanti di questi luoghi. Al giorno d’oggi, gli scavi hanno portato alla luce qualcosa di impressionante e magico. Un complesso di strutture di pietra rossa ha sconfitto il tempo e gli agenti atmosferici presentandosi, a noi visitatori, nella sua spettacolarità e perfezione. Ed è proprio la precisione impeccabile di questi monumenti che ti immerge in questa avventura e ti trasporta con la mente in epoche lontane. La struttura centrale, il complesso di Pumapunku, in aymara “la porta del puma”, si impone tra le sorelle rovine per la grandezza e la funzionale importanza. Infatti, in antichità, esso serviva come osservatorio astronomico per i saggi del tempo nello studiare le stelle e levare al cielo rituali e credenze. Il mistero della perfezione nel trasportare, assemblare e levigare tali ammassi pesantissimi di roccia, si arricchisce di ulteriori particolari. La forma planimetrica della struttura fa si che, durante i due solstizi e i due equinozi delle quattro stagioni, il primo raggio di sole che si sveglia tra le montagne, entri all’interno del tempio culminando dentro le braccia della Puerta del Sol, un blocco di andesite posto al centro di Pumapunku (oggi, purtroppo, non più nella sua posizione originale). Tutt’oggi, i boliviani si ritrovano in questi appuntamenti stagionali per godersi il calore del primo raggio di luce pregando che sia di buon auspicio. Ma com’è possibile che tutto questo sia stato fatto in quei tempi? Con che strumenti ingegneristici? Con quali precisi calcoli matematici e fisici?
Da queste parti, son fermamente convinti che ci sia stato un aiuto da popoli arrivati dall’universo. Come dargli torto?

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