Caschi Bianchi Ecuador

Un giro sui bus di Quito

“La realtà che vedo tutti i giorni sui bus di Quito, una realtà che coinvolge e accomuna centinaia di persone venditrici ambulanti; per me il bus è il posto più rappresentativo della situazione in cui vertono persone in situazione di mobilità umana, principalmente venezuelani, colombiani e gli stessi ecuadoriani a Quito.”

Scritto da Marianna Mazzoleni, Casco Bianco FOCSIV a Quito

Ricordo le prime volte che mi muovevo con i trasporti per andare a visitare i beneficiari della Misiòn Scalabriniana, l’ente dove svolgo il Servizio Civile nell’area di micro-credito e gruppi di risparmio a Quito, la capitale dell’Ecuador. Avevo già preso un autobus qui, però questa era la prima volta che lo prendevo da sola e non sapevo esattamente dove stavo andando. Avevo un nome, un indirizzo e un numero di telefono. Dopo aver preso appuntamento con la persona partivo alla ricerca dell’indirizzo e anche qui è tutto un programma. Infatti le vie qui sono lunghe chilometri perciò un indirizzo consta di due vie: la principale dove sta la casa e la traversa, cioè la via perpendicolare più vicina; a rendere la cosa una sfida ci si mette anche la mancanza di alcuni numeri civici e campanelli, perché se ce n’era uno, l’avranno rubato.

Da quando sono arrivata a Quito ho passato molto tempo sui mezzi di trasporto pubblici in quanto la città è abbastanza estesa in lunghezza e i beneficiari della Misiòn vivono da nord a sud, spesso nei quartieri più poveri e/o periferici dove gli affitti costano meno. Qui non c’è ancora la metro come a Milano o Roma, perciò quando parlo di trasporti intendo l’autobus. A Quito si distinguono due tipi di autobus: ci sono i più “veloci” come Trolle, Metrobus, Ecovia e Corredor che hanno corsie preferenziali con fermate prestabilite e poi ci sono quelli “normali”, di colore blu, che non avendo corsie apposite si imbottigliano nel traffico, ma sono anche i bus più capillari che ti permettono di arrivare nei posti meno centrali. Al principio era difficile prendere questi autobus di colore blu in quanto non riuscivo a capire dove fossero diretti; infatti, questi bus blu appartengono a diverse compagnie e i locali li identificano con il nome della compagnia e con le vie e i quartieri scritti su un cartellone posto nel vetro in fronte al bus. Oppure per capire dove sono diretti ci pensa il venditore di biglietti che sta bordo di ogni bus e che ha il compito di gridare dal finestrino tutte le principali vie per la quale il bus passerà. A volte non facevo in tempo a chiedere indicazioni che l’autista per la fretta era già ripartito, mentre altre volte sono salita sul bus sbagliato.

Perché vi sto parlando di autobus? Per capire una città non c’è miglior modo che prendere i trasporti pubblici perché in generale offrono punti di vista che se ti sposti in macchina sfuggono. L’autobus è un luogo ristretto dove si può vedere una rappresentazione della comunità in miniatura, persone molto diverse tra loro si ritrovano a condividere uno spazio limitato per un certo periodo di tempo, a volte si sta talmente stretti che non si riesce neanche ad uscire alla propria fermata. Qui non è come in Italia che tutti stanno al cellulare, la maggior parte delle persone cerca di non usarlo in luoghi affollati per paura degli scippi, per cui non c’è miglior passatempo che guardarsi in giro. In particolare, ti renderai subito conto della presenza di venditori ambulanti, molti dei quali venezuelani ed è così che ti trovi a diretto contatto con le storie di vita di queste persone, che ad alta voce cercano di attirare l’attenzione dei passeggeri.

“Buongiorno signore e signori, scusate il disturbo sono salito su questo autobus perché sto passando un momento difficile e per guadagnarmi la vita vendo questi cioccolatini. Sono venezuelano, ho cercato lavoro ma per avere un lavoro mi chiedono un visto che costa 250 dollari, quindi per tirare avanti le offro questi buonissimi cioccolatini”. E poi aggiunge il sempreverde: “Che Dio vi benedica”, non ci sono ancora studi al riguardo, ma credo faccia aumentare le vendite del 99% in Sud America.

In effetti è la verità, un visto per un venezuelano costa 200 dollari più 50 dollari per il tramite, una somma abbastanza importante se si considera che in Ecuador il salario minimo mensile è di 386 dollari e spesso un venezuelano viene contrattato per molto meno con metodi irregolari e con una paga che può variare dai 5 ai 10 dollari giornalieri. Ed è per questo che molti per non farsi sfruttare decidono di vendere prodotti per le strade e sui pullman.

Tuttavia non si incontrano solo persone straniere che vendono, anche gli stessi ecuadoriani e addirittura una volta mi è capitato di incontrare un signore italiano, probabilmente arrivato in Ecuador come viaggiatore, che non è più riuscito a tornare per mancanza di soldi.

Salgono e scendono dai bus, a volte ancora in corsa, perché qui gli autisti prima aprono le porte e poi si fermano, non il contrario. Dopo un viaggio di un’ora in cui salgono mediamente 4 venditori, una persona si abitua a sentire queste storie che, seppur diverse, hanno molto in comune. Vendono di tutto: succhi, cioccolatini, biscotti, frutta, patatine, gelati, penne, pennarelli, portamonete, caricatori di cellulare, rossetti, libri da colorare per bambini, perfino spazzolini da denti con presentazioni del prodotto che farebbero passare per principianti i venditori di aspirapolvere italiani.

Essendo il bus un posto ristretto e molto affollato, è ideale per le vendite. Ogni corsa rappresenta per loro la possibilità di vendere qualche prodotto in più, per questo non rimangono sullo stesso bus per molto tempo. Però, al contempo, molti passeggeri sono infastiditi dalla presenza di troppi venditori ed è così che vedi l’indifferenza delle persone, tutte indaffarate nella loro vita e nella loro esistenza.

Alcuni di questi venditori sono anche beneficiari della mia organizzazione, infatti con i microcrediti la Misiòn Scalabriniana sostiene idee di impresa dalle più comuni come la vendita di street-food e succhi alle più originali come la parrucchiera per i cani. Molti hanno iniziato così, vendendo sugli autobus e poi con l’aiuto del credito si sono comprati un piccolo chiosco ambulante o hanno comprato le attrezzature necessarie per aprire il loro negozio. La particolarità della Misiòn è che funge da tramite tra le persone in movimento (migranti economici, rifugiati, ecc. senza distinzioni) e una cooperativa, in quanto è molto difficile, se non impossibile, accedere a un credito se non si è cittadini ecuadoriani. Inoltre, non si tratta di un solo credito: i beneficiari aprono un conto di risparmio presso la cooperativa e possono usufruire di più prestiti il cui importo va crescendo nel tempo, sempre sotto costante monitoraggio da parte della Misiòn. Monitoraggio che è parte del mio compito come servizio civilista e il motivo per cui mi muovo spesso in bus per fare visita alle micro-imprese dei beneficiari.

Vi lascio con quest’ultima osservazione. Dopo 4 mesi, girando per Quito mi stupisco di come la città, che appena arrivata mi sembrava enorme, inizia ad essere così familiare per me. L’altro giorno sull’Ecovia, una signora ecuadoriana, nonostante il mio aspetto gringo, mi chiede se so dove sia la via tal dei tali. Per un secondo la guardo come a dire “ma perché lo chiedi a me che si vede che non sono di qui?”, poi però il nome di quella via mi sembra di averlo già sentito. Sì certo, so dov’è quella via! E tutta felice le do indicazioni.

Forse, dopotutto, non sono così straniera.

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