Strade tortuose nel mezzo della selva amazzonica, autobus guidati a ritmo di reggaetton: eccoci arrivate a Yurimaguas, a est nella regione Loreto. L’aria che si respira da queste parti è di un piccolo centro tutto in fase di costruzione. Nonostante il numero di abitanti non sia propriamente quello di una metropoli, c’è sempre traffico e passanti per strada. Poco distante da qui, sulle rive del fiume Huallaga, vivono comunità Rebereñas e l’atmosfera cambia totalmente. L’unico modo per raggiungerle è l’attraversamento del fiume. Già dopo qualche metro la vista lascia spazio a una vegetazione e a sfumature di colori indescrivibili. Ci si rende conto di quanto possa essere maestosa la natura, ma anche di come alcuni eventi naturali non possano essere dominati, di quanto l’uomo sia impotente di modificare effetti negativi creati dal suo stesso operato. Deforestazione e conseguenti inondazioni durante il periodo delle piogge. Questo quello che affligge gran parte delle comunità e basta addentrarsi un po’ di più nell’Alto Huallaga per rendersi conto di come la comunità Cotoyacu risenta degli effetti del cambio climatico.Siamo con l’associazione Amazonicos Unidos para la Conservación del Medio Ambiente (AUCA), fondata dai nostri collaboratori Caritas e dalla nostra vicina di casa nel 2016. L’obiettivo della visita a Cotoyacu è lanciare un piano per la riforestazione del territorio. Da anni l’impresa Palma de Shanusi, di proprietà del gruppo Romero, agisce incontrastato per i propri interessi causando tangibili danni al territorio.
Ad accoglierci l’agente della comunità e un’altra ventina di persone, per lo più donne. Ci raccontano di come le condizioni climatiche abbiano dimezzato il raccolto e peggiorato il loro stile di vita. Nonostante l’approvazione della legge n° 27037 “Ley de Promoción de la Inversión en la Amazonía” imponga allo Stato un ruolo di promotore ambientale e sociale, la realtà è ben diversa. Soprattutto al livello regionale è evidente il disinteresse: ignorare il problema è negare il problema. Classica dinamica utilizzata dai politici per mettere gli eventi a tacere. Fin qui niente di nuovo. Una parte di me pensa: “Beh, non dovevo farmi 25 ore di aereo e due scali per riscontrare che spesso le leggi non vengono rispettate e che nelle leggi di mercato il pesce grande mangia il pesce piccolo”.Un pesce piccolo che spesso non ha mezzi per combattere e che per lo più risente degli effetti negativi e delle azioni a scopo di lucro di pochi. Una lotta ad armi impari. Può realmente una comunità cambiare la propria condizione e combattere contro chi ha maggiore potere decisionale? Domanda esistenziale in un afoso sabato pomeriggio. A rispondermi è stato l’entusiasmo che animava le donne sedute in quella stanza.
Donne che assumendosi la responsabilità di ripiantare ogni singolo seme hanno dato il via ad un lungo processo di riforestazione e miglioramento delle condizioni ambientali. Questa era la novità che i miei occhi vedevano. Non vedevo così tanto entusiasmo e spirito combattivo dalle manifestazioni giovanili del 2000.Affascinante e sorprendente come ci siano ancora persone che credano in un cambiamento e che, per farlo, non aspettano invano un aiuto da parte delle autorità. Un aiuto che forse non arriverà mai. Ma donne che rimboccandosi le maniche con entusiasmo, mosse da spirito collettivo, si ripropongono di dare vita ad un progetto che possa fare la differenza per le generazioni future.
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