Per di più, raramente le donne prendono la parola in pubblico, anche se a tu per tu o nei lavori di gruppo si presentano più che preparate e in grado di esprimere la propria opinione.
Perché allora non si espongono? La presenza delle donne, in molti contesti, è celata o assente, ma nell’ambito domestico, tendenzialmente, è la donna che gestisce l’economia del focolare, mentre l’uomo riveste un ruolo più attivo nella vita pubblica. L’uomo si palesa nella vita sociale, ma molto spesso deve fare riferimento alla donna quando gli si chiede delle spese di famiglia, della conservazione dei semi o di come si decide che pietanze mangiare.
Senza fraintendimenti: anche in Perù ci sono donne che ricoprono incarichi pubblici e che si sentono a loro agio ad esprimere la propria opinione in contesti sociali, tuttavia, si può riscontrare nei contesti rurali, un’inclinazione a far diventare l’uomo come portavoce della famiglia. Tale pratica comporta che il divario di genere sia ancora ampio e che ci sia poca coscienza su come eliminare ogni forma di discriminazione contro la donna. È significativo il fatto che, secondo i dati della Banca Mondiale, la percentuale di donne che ricoprono incarichi parlamentari è inferiore al 28%. Modificare gli equilibri di genere è un processo lungo e delicato. Le convinzioni culturali si cambiano poco a poco, per non generare conflitti o situazioni che risultino con il peggiorare la condizione della donna.
Così, nella mia continua ricerca mirata a cercare di capire le abitudini alimentari di questo meraviglioso paese che mi ospita, ho iniziato ad avvicinarmi alle donne, a intervistarle, a organizzare gruppi focali dove esse erano le uniche invitate. Ho incontrato decine e decine di donne. Le leader sociali in genere sono single e combattenti, ma ho visto anche donne disponibili a raccontarsi mentre con un occhio vigile controllavano lo scorrere del tempo sull’orologio, per non fare tardi nella preparazione del pasto dei propri figli. Liberandomi da ogni forma di idealizzazione, ho incontrato anche donne imbroglione, approfittatrici, che, in un’ottica di interiorizzato assistenzialismo, partecipavano agli incontri solo nella speranza di ricevere qualcosa in cambio.
Tuttavia, nella maggior parte dei casi, ho trovato rapporti di sincera sorellanza. Donne genuine contente di poter condividere un ricordo, un’esperienza con altre donne piú o meno conosciute. Ho visto crearsi rapporti di solidarietá femminile nel tempo di un incontro.
Nonostante i miglioramenti ottenuti negli ultimi anni, c’è ancora molto da fare in questo Paese, come nel mondo, per raggiungere l’equitá di genere. Tra gennaio e settembre 2016, in Perù sono stati registrati 269 casi di violenza femminicida, di cui 94 sono sfociati nell’uccisione della donna (fonte: Commissione Economica per l’America Latina e i Caraibi – CEPAL). Un caso emblematico è quello di Eyvi, una ragazza che lo scorso aprile è stata bruciata in un autobus di Lima, dopo essere stata perseguitata dell’aggressore per settimane.
In conclusione, le vittime di violenza di genere sono tante e le tutele carenti. La questione è un punto focale per il miglioramento del benessere generale però, nonostante le convenzioni internazionali, in primis la Convenzione sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione della donna, e il gender mainstreaming, troppo spesso manchiamo nell’applicare una prospettiva di genere nei progetti di cooperazione, con la conseguenza che perdiamo l’effetto amplificatore che il coinvolgimento delle donne ha nel raggiungimento degli obiettivi e nell’impatto sulla società.
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