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Brasile Caschi Bianchi

Una terra rossa da riscoprire

Giulia e Francesco sono Caschi Bianchi Apg23 a Coronel Fabriciano, in Brasile. Giulia è partita per dar risposta ad un desiderio che da tempo sentiva nel cuore e Francesco ha deciso di partire per sperimentare la realtà di missione mettendosi a servizio di chi ha più bisogno. Attraverso Raphael, Maria e Cida, Giulia e Francesco ci raccontano una realtà nuova nella quale hanno riscoperto il “bisogno totalizzante di sentirsi amati e voluti da qualcuno”.

Scritto da Giulia Piccolo e Francesco Laveder, Caschi Bianchi Apg23 a Coronel Fabriciano

Terra rossa e formicai di case che si arrampicano sui morros verdeggianti. Sole cocente che sembra bruciarti la pelle, acqua che scorre come un torrente in piena e ricopre tutto dello stesso colore rossastro. Poi ti fermi, osservi, respiri un po’ la realtà quotidiana di questo Brasile. E ti rendi conto che forse non è proprio tutto così bucolico come sembra. Devi quindi fare reset e rivederti un po’ dentro. Dialogare un po’ coi tuoi stessi limiti e a volte anche con quelli degli altri. Lasciare alle spalle quei romanticismi che ti portavi dentro e adottare un nuovo sguardo su ciò che ti sta aspettando.

La realtà richiede curiosità per essere conosciuta. E all’inizio non sai bene da dove iniziare. Forse perché nelle realtà dove viviamo ad ogni persona accolta viene garantito qualunque bene di prima necessità nel miglior modo possibile. Qual è quindi l’intervento che puoi fare? Ti metti così alla ricerca di un altro bisogno. E ne riscopri uno fondamentale: la presenza, che si declina in diversi modi e per la quale ogni persona ha una richiesta differente. Ma alla base di tutto riconosciamo un bisogno ancor più totalizzante, ossia quello di sentirsi amati e voluti da qualcuno, qualcuno che per loro possa chiamarsi padre, madre, fratello e sorella. Vogliamo ricordare le parole di don Oreste a tal proposito: “Dio ha creato la famiglia e gli uomini hanno inventato gli istituti; Dio ha creato la famiglia e gli uomini hanno inventato i ricoveri dei vecchi; Dio ha creato la famiglia, gli uomini hanno creato i manicomi. Riappropriamoci di coloro che abbiamo eliminato per difenderci.

Penso a Raphael, ragazzo disabile in carrozzina di 29 anni, e a sua nonna adottiva Maria da Luz, 92enne anch’essa in sedia a rotelle e ormai priva di vista. Dopo esser stato preso in carico dalla nonna fin dalla sua tenera età, nel corso degli anni si è andata a delineare sempre più tra i due una relazione filiale vera e propria, una dipendenza madre-figlio che persiste tuttora e si manifesta in varie forme: dal non riuscire a fargli togliere lo sguardo per un minuto sulla nonna mentre sta mangiando all’aver le orecchie sempre tese per ogni parola che esce dalla sua bocca, continuando a sussultare ogni qual volta lei chiami attenzione. Ma l’immagine che più ci colpisce è quando si trovano seduti in sedia a rotelle uno di fianco all’altro: lei assorta nelle sue litanie e lui che le allunga il braccio, le accarezza la testa, le stringe la mano, si protrae e pone la testa sul suo petto.

Penso a Cida. A quando si avvicina al tavolo con un libretto per bambini in mano, te lo porge, borbottando qualcosa. Cerca attenzione o meglio cerca presenza. Nel suo caso, in quanto sordocieca che comunica in LIBRAS tattile, cerca mani. Mani che possano segnare anche un banale gesto ma che significhi “io ci sono per te”.

Ricordiamo con emozione una sera quando la stessa Cida ha preso in mano il telefono, si è chiusa in camera e ha iniziato a vocalizzare con decisione nella sua fantastica lingua. Cosa le sta passando per la testa? Parole, segni, immagini? Non importa il mezzo del suo pensiero. Ciò che conta qui è la sua necessità di sentirsi ascoltata e di comunicare. Di sapere che, anche se illusoriamente, dall’altra parte c’è qualcuno che la sta accogliendo. Questa è la forza misteriosa e potente della necessità umana di sentirsi amati.

Associação Papa João XXIII

In Brasile la Associação Papa João XXIII fu fondata il 6 dicembre del 1994 con sede nella città di Coronel Fabriciano, nello stato del Minas Gerais, ma come presenza iniziò già nel 1992 nella stessa città. La comunità opera attualmente anche in altri stati del Brasile, ossia Paraíba, Pará, e Bahia, offrendo protezione e reintegrazione a persone di ogni età in situazioni di vulnerabilità.

In particolare, nella città di Coronel Fabriciano esistono varie realtà, tra cui tre strutture di recupero per tossicodipendenti, diverse case famiglia e due progetti: il Centro Diurno para Surdos “Irmãos Vitor e Cida” e la Residenza Inclusiva “Casa da Partilha”. Queste due ultime realtà garantiscono accoglienza e supporto a diverse persone affette da disabilità, le quali rappresentano una parte molto vulnerabile della società brasiliana. A livello mondiale, si stima che circa l’80% delle persone con disabilità vive in paesi in via di sviluppo, dove si trovano esposte a maggiori rischi in termini di sfruttamento, violenza e abuso. Secondo l’ultimo censimento svolto nel 2010 da parte dell’Istituto Brasileiro de Geografia e Estatística (IBGE) il Brasile presenta 45 milioni di persone con disabilità di varia natura, ossia circa il 24% della popolazione (in Italia questa percentuale nazionale corrisponde al 6,7%). Gran parte di queste persone vive ogni giorno forti difficoltà a livello di interazione sociale e lavorativa, tanto che meno dell’1% di loro possiede un’occupazione. Nelle strutture dell’associazione, le persone accolte hanno la possibilità di svolgere attività che favoriscono la loro autonomia fisica oltre che a stimolare la creatività e il loro sviluppo cognitivo-intellettuale. Si propongono quindi attività di laboratorio creativo, lezioni di fisioterapia e di attività fisica, aula di LIBRAS per sordi, spazi di ascolto e conversazione.

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