In questi dieci anni da stato indipendente, tante cose sono cambiate: il Kosovo è un paese in crescita, come dimostrano gli indicatori economici, ma dove permangono tante contraddizioni e problematiche. Spesso, ci si sofferma su grandi temi, come la corruzione, la criminalità organizzata, i rapporti interetnici, ma si sottovalutano altri aspetti. Tra questi, di particolare importanza è la condizione dei bambini, in particolare di quella fascia di età che va dalla nascita fino ai 6 anni, prima dell’ingresso nella scuola dell’obbligo. Proprio dei bambini e del loro inserimento nel sistema di istruzione prescolare, tra le altre cose, mi sono occupato nella mia esperienza in Kosovo con RTM nell’ambito dei Corpi Civili di Pace. Il motivo è presto detto: ogni intervento nel settore dell’educazione, ancora di più in quella prescolare, può avere un prezioso impatto sul difficoltoso processo di pacificazione intrapreso dal Kosovo al termine del conflitto del 1998-99. Favorire lo sviluppo di un sistema in grado di educare le nuove generazioni al dialogo e al rispetto reciproco è dunque pienamente in linea con il mandato dei CCP, che agiscono proprio per promuovere solidarietà e cooperazione nelle aree di conflitto o post-conflitto.
Tutti gli studi di pedagogia concordano nel ritenere l’istruzione della prima infanzia una fase cruciale per la crescita del bambino. Gli asili nido e le scuole dell’infanzia sono dunque un luogo fondamentale per ogni società e il loro sviluppo dovrebbe essere una priorità in ogni paese. In Kosovo, purtroppo, la situazione è decisamente negativa. Il numero di bambini che frequentano le strutture prescolari (0-6 anni) è particolarmente basso, a causa da un lato della mancanza di strutture in grado di ospitarli, dall’altro della presenza di una mentalità diffusa secondo la quale i bambini devono rimanere nell’alveo familiare. Le strutture esistenti, inoltre, soffrono di diverse carenze, dalla mancanza di materiali all’uso di metodi educativi molto rigidi, dal personale formato in modo non adeguato allo scarso dialogo con i genitori dei bambini. Un contesto davvero preoccupante, che rischia di pesare sul futuro delle prossime generazioni. Negli ultimi anni, soprattutto grazie alle pressioni della comunità internazionale, le istituzioni locali si sono maggiormente interessate a questa tematica, ma ad oggi mancano fondi ed investimenti adeguati. Proprio per pensare a futuri interventi che possano migliorare la situazione, la mia attività in Kosovo si è concentrata sul settore prescolare. In particolare, in questi mesi ho analizzato le leggi, le strategie ministeriali e i report delle organizzazioni internazionali incentrati sul tema del prescolare, ho incontrato gli attori istituzionali del settore, sia a livello centrale che a livello locale, e, soprattutto, ho visitato diversi asili e scuole dell’infanzia in tutto il Kosovo.
Queste visite hanno rappresentato un’esperienza davvero unica, sicuramente la parte più emozionante del mio lavoro. Sono difatti entrato in contatto con realtà particolari, ho incontrato direttrici ed educatrici, ho ascoltato le loro opinioni e le problematiche che devono affrontare, ho visitato le classi e conosciuto tanti bambini. Per quanto i documenti siano importanti per farsi un’idea d’insieme della situazione, solo ascoltando la voce di chi lavora nel settore tutti i giorni e osservando i bambini durante le loro giornate ho potuto realmente comprendere tutte le criticità del sistema. Dalla capitale alle città più periferiche, dalla struttura privata moderna al piccolo asilo pubblico che fatica a riscaldare le proprie aule, ogni visita mi ha permesso di conoscere qualcosa di più sul sistema prescolare del Kosovo, ma soprattutto sulla condizione dei bambini in questo paese. Quello che più mi ha colpito è sicuramente la passione e la forza messe in campo dalle direttrici e dalle educatrici, che si trovano ad operare in condizioni difficili, sia per lo scarso sostegno delle istituzioni che per la mentalità dei genitori, spesso poco collaborativi e poco interessati agli aspetti educativi dell’istruzione prescolare. Solo l’impegno di chi lavora nel settore, per la stragrande maggioranza donne, permette di offrire un servizio ai bambini del Kosovo, fondamentale per il loro sviluppo.
Certo, questo da solo non basta. Il personale deve essere messo nelle condizioni di poter garantire un’offerta di qualità e moderna al più vasto numero di bambini possibile, fornendo loro tutti gli strumenti per crescere. L’obiettivo è vedere nei prossimi anni una maggiore sensibilità verso questa tematica, sia a livello istituzionale che nelle stesse famiglie. La speranza è che si possano mettere in campo futuri interventi in grado di migliorare il sistema prescolare kosovaro. Solo così, i bambini del Kosovo potranno costruire il proprio futuro e, di conseguenza, quello del proprio paese, nel segno della pace e del dialogo. Il mio contributo va e continuerà ad andare in quella direzione.
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