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Camerun Caschi Bianchi

Mai più minori in carcere

“La vita in prigione è dura. Lo capiamo tutte le volte che entriamo in questi luoghi troppo lontani dalla nostra immaginazione.” Maddalena Braggion, Cecilia Formaggio e Francesco Comoglio, superando la paura di non essere all’altezza, decidono di dare una svolta alla loro vita scegliendo il servizio civile in Camerun per sperimentarsi in una realtà lontana dalla loro quotidianità.

Scritto da Maddalena Braggion, Cecilia Formaggio e Francesco Comoglio, Caschi Bianchi Apg23 a Bafoussam

Occhi che osservano, orecchie che ascoltano e piedi che corrono svelti, silenziosi e vigili tra i vicoli di un mercato disordinato, sono gli “enfants de la rue”, i ragazzini di strada. A 12, 13, 14 anni fuggono da famiglie non in grado di dargli amore e iniziano una vita in cui vigono le regole della strada. Di giorno fanno qualche lavoretto al mercato e rubacchiano qua e là per pagarsi qualcosa da mangiare e giocare alle slot machines. E poi nel buio della notte, tra sofferenza, violenza e solitudine cercano una macchina in cui dormire. Sono figli di Dio, anime disperse in una vita più grande di loro. Ad un passo dal carcere la loro è una continua lotta per la sopravvivenza.
Ogni sabato lasciano il lavoro al mercato per passare qualche ora insieme. Vengono per un pasto caldo? Per giocare? Parlare di loro? O perché non hanno nessun altro posto in cui andare? Forse niente di tutto ciò o forse per tutte queste ragioni e molte altre ancora sconosciute. Una cosa è certa, con più o meno consapevolezza, questo solo Dio lo sa, vengono per conoscere o ritrovare quel calore familiare che mette ordine nella vita. Due mesi fa entra in casa Paguy, arrivato da Yaoundé con due pallottole in un braccio. La sua storia inizia a 13 anni, quando viene buttato fuori di casa perché ha visitato suo fratello in carcere; vivendo per strada conosce i grandi della malavita e dai furtarelli passa allo spaccio di tutti i tipi di droga. A 16 anni compra una pistola e inizia a gestire da solo i suoi traffici: droga, prostitute e rapine. Ma la legge della strada è “tutti contro tutti” e una soffiata lo fa finire in prigione per un anno e mezzo. Uscito si mette in affari con un militare che gli dà armi e informazioni per far rapine più ingenti e nel secondo arresto sfrutta questa amicizia per scontare solo 6 mesi, per i suoi compagni la condanna è 18 anni. Le sparatorie a cui scampa sono sempre più frequenti e la via di fuga gliela offre un prete italiano, indirizzandolo alla comunità, che lui chiama carcere VIP: mangi e dormi bene, ma zero libertà. Zero libertà di fare il male, mille aiuti per riscattarsi.La vita in prigione è dura.
Lo capiamo tutte le volte che entriamo in questi luoghi troppo lontani dalla nostra immaginazione.
Lo capiamo quando, durante le attività che svolgiamo, gli sguardi dei ragazzi si bloccano.
Quando chiediamo se va tutto bene e le risposte, a volte sono silenzi, a volte storie di vita che ci lasciano senza parole. Lo capiamo nel vedere gli occhi tristi di chi, dopo mesi ed a volte anni, non ha nessuno che viene a fargli visita.
Lo capiamo nell’ascoltare la vicenda di un ragazzo che è stato drogato e poi abusato.
L’abbiamo capito soprattutto quando ci hanno detto che Wilfried, un minore della prigione di Bafoussam, è morto.
Così parliamo, ascoltiamo, ridiamo con questi ragazzi. Piangiamo per loro. Ci emozioniamo.
A parole non si riesce a descrivere tutto quello che, dopo due mesi, ci hanno regalato.

L’Associazione Papa Giovanni XXIII in Camerun

L’Associazione Papa Giovanni XXIII, chiamata a portare avanti il lavoro fin qui svolto dall’Associazione Maria Negretto, lo scorso Novembre ha festeggiato i primi tre anni dal suo arrivo in Camerun.
“Mai più minori in carcere” è il progetto cardine attorno al quale si stanno sviluppando altre iniziative.
Assieme ai volontari del posto ogni settimana si fa visita alle carceri della regione Ovest del Camerun, cercando di portare una testimonianza diretta di una vita basata sull’amore e sulla condivisone, si offre la possibilità di una nuova famiglia a chi non ce l’ha o a chi ce l’ha ma non può essere chiamata tale.
Importante è anche il lavoro di prevenzione con i ragazzi di strada che fuggono da famiglie non in grado di fornirgli l’educazione necessaria, costretti a lavorare al mercato per assicurarsi qualcosa da mangiare finiscono per terminare le loro giornate a dormire in macchine abbandonate.
Attualmente, la comunità è presente nella città di Bafoussam ed a Soukpen, un villaggio nella foresta.

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