Ti scrivo per dirti che sono stanco, e anche piuttosto sporco.
Il mio compagno qui, sì, lui ha più pazienza di me, non si ribella. Io no! Solo perché siamo qui in basso,forse troppo lontani, forse non ci senti, non vuol dire che puoi trattarci come vuoi.
Dici di non avere bisogno di loro, ma vedo come le guardi, lì su quelle bancarelle. Poi scegli sempre di prenderti qualcosa da mangiare invece di pensare a noi. Ti dico che nonostante i buchi, sarebbe già tanto per me, se le usassi ogni tanto.
E poi ieri, ieri mi hai davvero ferito. Voglio dire, sei stato in giro tutto il giorno, chiedi soldi di qua, lava macchine di là, raccogli bottiglie, tappi. Ieri saresti dovuto tornare a casa prima, quando ancora c’era luce. Così avresti evitato quel vetro per terra alla stazione.
E poi vogliamo parlare di stamattina? L’hai fatto proprio apposta! Io lo so che c’hai sete, ma lo sai che in quell’acqua sporca la mia ferita potrebbe fare infezione? Ho sentito John dire che va dal vicino a prendere l’acqua dal suo pozzo, non costa tanto. Non ti costa tanto tenermi alla larga da quelle pozzanghere.
Infondo io ti aiuto, collaboro sempre. Ho fatto un doppiopetto duro ormai, da quando porti quelle cose pesanti in testa e sulla schiena. Che poi avanti e indietro ogni giorno, e tua mamma neanche riesce a venderlo tutto quel carbone!
E l’altro giorno? Non ti ho forse aiutato a correre via dal tuo patrigno, mentre ti faceva quelle cose con la cintura sulla schiena? Era solo arrabbiato perché la birra era finita.
Forse a volte dovrei imparare da questo qui alla mia sinistra, e fare il mio dovere e basta.
Potrei perdonarti però oggi, che è il tuo compleanno, anche se non lo ricordi neanche. Sento che adesso ti stai svegliando e il che significa che ci metteremo in cammino per la town prima che il sole faccia bruciare l’asfalto, e per questo ti dico grazie.
Forse non sei così male. Poi ieri ho sentito che oggi potremo usare quella palla rossa che hai costruito, darò il meglio di me, faremo tanti goal!
Ah,insomma..sono 8 anni che ti sopporto, e nonostante tutto, c’è ancora molta strada da fare.
Il tuo piede destro
Non mi è facile, né possibile raccontare le storie di tutti i bambini che ho incontrato. Le ho sentite sulla pelle, le ho lette nei loro occhi e quel che mi resta sono queste foto e un buffo racconto che accenna ad alcuni dei punti più deboli della società zambiana, che si ripercuotono anche e soprattutto sui minori.
Come Caschi Bianchi con la Comunità Papa Giovanni XXIII, oltre a testimoniare, denunciare e raccontare le realtà, siamo invitati a condividere con loro difficoltà e sofferenza, per quanto ci è possibile. E quale modo migliore se non provare ad immedesimarsi in quella che è la loro quotidianità?
Ogni giorno c’è qualcuno che si sveglia e corre in città. Bambini e operatori. Hanno un appuntamento fisso. Nessun bambino merita di essere lasciato solo e abbandonato, c’è chi lavora per voi, dal basso e dall’alto.
Ogni giorno.
Non potendo riprendere in volto la maggior parte dei bambini, ho indirizzato l’attenzione al capo opposto. E poi infine, ho spento i colori che, protagonisti del mio primo sguardo, hanno lasciato posto all’essenziale.
{gallery}ZAMBIA_171130_FRANCESCAPALE:::0:0{/gallery}
Lascia un Commento
Vuoi partecipare alla discussione?Sentitevi liberi di contribuire!