Lo scorso 25 settembre si è svolto all’Auditorium della Musica di Roma un incontro tra il Presidente del Consiglio dei Ministri Paolo Gentiloni e le ragazze e i ragazzi del Servizio Civile.
All’evento hanno partecipato il Ministro del Lavoro Giuliano Poletti, Geppi Cucciari in veste di presentatrice, alcuni volontari ed ex volontari in progetti di Servizio Civile, il sottosegretario Luigi Bobba, il presidente della Consulta Giovanni Bastianini e il formatore Guido Spaccaforno. Ha concluso la giornata l’intervento del Presidente del Consiglio Paolo Gentiloni.
La giornata ha toccato per molte volte i classici temi istituzionali: i complimenti ai giovani per essersi messi a disposizione degli altri, gli annunci sulla volontà di continuare questa esperienza della quale l’Italia è stata la capofila in Europa (seguita poi dalla Francia nel 2006 e dalla Germania nel 2011 con il Servizio Volontario Federale), l’idea che il Servizio Civile serva non solo agli Enti che accolgono ma anche, e soprattutto, ai volontari stessi. Il Servizio Civile cambia la Vita. Tua e degli altri: questo lo slogan della giornata.
Abbiamo trovato molto simpatica la conduzione della giornata da parte di Geppi Cucciari, che tra una battuta e l’altra rivolta ai volontari – «Il Servizio Civile vi ha risparmiato un anno a mandare curricula e a scaricare serie tv da Netflix come se non ci fosse un domani» – ha dato la parola agli ospiti sul palco. A rappresentare la parte centrale della giornata sono stati gli interventi del Ministro Poletti e del Presidente Gentiloni. Sono proprio le loro parole che ci fanno riflettere, permettendoci di individuare aspetti positivi e criticità dell’incontro. Tra i primi ci sono sicuramente la volontà di aumentare i finanziamenti per il Servizio Civile: quest’anno saranno avviati 53 mila volontari, una cifra mai raggiunta nella storia del Servizio Civile. Si può affermare quindi che l’annuncio è supportato dai fatti.
L’osservazione che ci è forse sembrata meno stimolante è legata alla considerazione del Servizio Civile come professionalizzante rispetto al lavoro. Senza entrare nel merito della riforma, Poletti ha sostenuto come il Servizio Civile sia stato “un argine alla disoccupazione giovanile”, un’esperienza cuscinetto che ne ammorbidisce i risvolti drammatici, e come sia da sempre un canale privilegiato verso alcuni sbocchi professionali. Pensando a come abbiamo vissuto l’esperienza di Servizio Civile, troviamo il messaggio sbagliato, che porta a considerare questa esperienza più vicino ad un tirocinio formativo che ad un anno nel quale ci si forma come cittadini (e quindi non come lavoratori). Le competenze professionali che offre il Servizio Civile sono secondo noi prevalentemente di altro tipo, trasversali e non settoriali, e i continui annunci sul numero dei volontari avviati non dovrebbero, a nostro parere, far passare in secondo piano la qualità dei progetti.
Gentiloni non sembra essere dello stesso parere unilaterale. Confrontando la curva dell’andamento degli avvii nel corso degli anni, sottolinea come questa sia molto simile all’andamento del PIL, e si spinge a sostenere che si renda necessario stabilizzare i fondi e renderli meno legati alla congiuntura economica.
Nonostante ciò, il suo discorso sembra accennare soltanto – forse per motivi di tempo – ai valori profondi, a quei valori che è difficile quantificare o riassumere in grafici statistici, che l’esperienza di Servizio Civile che noi abbiamo fatto permette di apprendere e trasmettere.
Uno dei richiami è stato il riferimento alla difesa della Patria. Il Primo Ministro ha ricordato il dualismo di «chi la difende nelle missioni internazionali di pace con le divise e di chi, invece, la difende facendosi onore, in Italia o in altri Paesi, con l’attività del Servizio civile». Questa forse è la più grande sfida, ovvero saper investire, anche a fronte di periodi economici critici, in una difesa che sia pacifica e nonviolenta. “La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino” (art. 52 Cost.). Migliaia di giovani, anche quest’anno, hanno onorato questo sacro dovere con il loro impegno quotidiano accanto agli ultimi, agli emarginati. Il loro servizio è difesa della Patria, ma soprattutto è difesa di una sacralità ancora più grande quale la dignità di ogni essere umano. Il Servizio civile diventa così la risposta più difficile ma allo stesso tempo più vera e concreta a chi minaccia la nostra Patria e quelle del mondo con l’odio, la disinformazione, la becera demagogia, il terrorismo, l’ingiustizia e la guerra.
«Il Servizio Civile Universale è una sfida per il bene comune […], che è inclusione sociale e libertà» – ha affermato poi il Presidente del Consiglio.
Esiste una tradizione di pensiero molto antica, che inizia con Socrate ma che si protrae fino a Rousseau e all’Illuminismo, che ci insegna che il bene comune è uno dei più alti, se non il più alto valore a cui può tendere un gruppo di essere umani che hanno deciso di vivere insieme, una società dunque. La stessa tradizione ci insegna che le fondamenta da cui partire per mettersi in cammino verso questo grande ideale sono il confronto, il compromesso e il saper rinunciare ai propri, singoli desideri in nome di una felicità condivisa, di un vivere solidale. Il lavoro di gruppo e la pratica della mediazione in situazioni particolari, due di quelle competenze trasversali che noi volontari in Servizio Civile sperimentiamo e acquisiamo, non sono altro che un ulteriore modo per descrivere quei capisaldi.
Il particolare momento storico in cui stiamo vivendo ci richiede poi di pensare al bene comune non più come a un bene nazionale, ma come a un bene universale, che ricomprenda e integri al suo interno le differenze sociali e culturali delle popolazioni straniere con cui da tempo conviviamo. Quello della mediazione interculturale, altra competenza trasversale che praticano soprattutto i giovani che, come noi, hanno svolto o svolgeranno il loro Servizio Civile all’estero, è un altro pilastro a dir poco fondamentale al raggiungimento degli obiettivi accennati dal nostro Presidente.
Che il Servizio Civile sia trampolino di lancio per quegli ambiti professionali vicini ai settori in cui esso può venir esercitato è un dato di fatto, ma forse non è questo il valore umano per cui è nato e per cui deve continuare a essere promosso. Ormai di competenze tecniche fondamentali in un mondo del lavoro iper-specializzato come il nostro se ne possono acquisire in ogni ambito professionale o universitario che sia; ciò che sembra essere quasi assente è invece un luogo in cui acquisire quelle competenze che noi chiameremmo umane, ossia relazionali, incentrate sulla collaborazione, sul dialogo e sulla costruzione di obiettivi comuni, che ogni persona, che ogni cittadino, prima di essere un lavoratore specializzato, dovrebbe possedere. Il Servizio Civile Universale dovrebbe rappresentare, secondo noi, quel luogo.
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