Dopo i primi sei mesi di servizio abbiamo visto la Romania scossa da una serie di proteste che sono cominciate nel mese di febbraio, dopo l’approvazione dell’Ordonanta 13/2017, un decreto d’urgenza che riguarda la modifica del codice penale, prevedendo la depenalizzazione del reato di corruzione fino a 48.000 euro e riducendo i tempi di decadenza processuale in prescrizione.
La corruzione è un problema particolarmente sentito in Romania, un Paese che nonostante i fondi europei ancora non usufruisce di infrastrutture e servizi altrettanto efficienti quanto quelli degli altri paesi recentemente entrati nell’UE. I danni della corruzione sono tangibili: mentre in Croazia e Polonia hanno costruito le autostrade in tutto il Paese, qui i soldi investiti scompaiono e si aprono voragini in strade nuove. Progetti per infrastrutture pubbliche finanziate dall’Europa sono efficienti e mantengono una supervisione internazionale trasparente dai 3 ai 5 anni, dopodiché la gestione passa agli enti nazionali e locali competenti e cominciano regolarmente a manifestarsi situazioni losche.
Il decreto sulla corruzione, che prevede la depenalizzazione di alcuni reati della pubblica amministrazione, avrebbe fatto da scudo a molti politici e funzionari del Partito Socialdemocratico (PSD) sotto accusa o già condannati. Lo stesso leader del PSD Liviu Dragnea, vincitore delle elezioni tenutesi a dicembre, ha dovuto ritirarsi dalla candidatura per diventare premier, a causa delle condanne per frode elettorale e abuso d’ufficio.
Le modalità di approvazione, avvenuta di notte e senza un’adeguata discussione parlamentare, hanno innescato un movimento di sdegno e di ribellione che a detta di tutti i partecipanti non si era più visto dopo le proteste contro la dittatura di Ceasescu.
Da Costanza a Timisoara, dalla capitale Bucarest alle remote cittadine nel nord al confine con Ucraina e Moldavia, migliaia di persone (300 mila su 21 milioni di abitanti) sono scese nelle piazze per protestare. Una popolazione eterogenea, con diversi fedi politiche, ma unita nella convinzione di potere essere la protagonista per avviare una svolta politica che possa migliorare il proprio Paese. Per le strade ci sono davvero tutti: da chi ha votato il PSD e si sente tradito, a chi ha sempre sostenuto l’opposizione, ai nostalgici del comunismo, agli studenti disinnamorati della politica che si sono astenuti alle ultime elezioni (l’astensione e’ altissima, circa il 60% degli aventi diritto non ha votato), persino ai monaci che hanno lasciato i loro luoghi isolati e alle ragazze vittime di tratta che assistiamo nei centri. Tutti, al di là della propria posizione economica e del loro livello socioculturale si sentono in diritto di protestare contro una ordinanza che va platealmente contro l’interesse della collettività con la scusa debole di svuotare le carceri e velocizzare i processi.
Siamo stati in un ostello a Bucarest, tra personaggi coloriti. La protesta è supportata in modi diversi a seconda delle proprie possibilità: il proprietario dell’ostello ad esempio, come tanti altri, concedeva ospitalità gratuita a chi era arrivato in città, mentre le vecchiette portavano cibo, acqua e coperte ai manifestanti in piazza. Abbiamo conosciuto Francis, di Costanza, convinto che il governo gli abbia ucciso la moglie quando questa era ricoverata in ospedale perché lui è sempre stato un attivista, e Sorin, che ha chiesto al suo monastero un periodo di congedo pur di essere presente. Sorin è diventato una star del web. Ha una barba ispida e lunga da bizantino, gira con una croce di cartone alta due metri con su scritto DUMNEZEU E CU NOI (Dio è con noi) e il video di un telegiornale che lo ha intervistato ha superato i due milioni di visualizzazioni su Facebook. Altri non sono da meno: c’è chi ha fatto un fantoccio di Dracula tornato a portare giustizia ”Vi sono mancato?” a chi si e messo metaforicamente e letteralmente in mutande.
La grande partecipazione e l’immediatezza del messaggio dei politici corrotti contro la popolazione esasperata ha dato una risonanza mediatica enorme alle proteste, che dopo cinque giorni hanno ottenuto l’abrogazione dell’atto in questione. Gran parte dei manifestanti è andata avanti, chiedendo la dimissione del governo, anche se molti ritengono prematura questa decisione, visto che il paese è andato alle urne pochi mesi fa. Finora si è dimesso soltanto il Ministro della Giustizia firmatario dell’Ordonanta, Florin Lordache.
Sì è discusso non poco dell’importanza dell’espressione del dissenso in una democrazia, sono i contrasti con la classe politica che determinano la differenza tra una democrazia intesa come essere un sistema politico di partecipazione e interesse e non una semplice delega temporanea del cittadino ai suoi i governanti che inizia e finisce col diritto/dovere di voto. Si sono scomodati grandi pensatori come Calamandrei e Machiavelli, che pur avendo scritto il Principe per governare in una dittatura, riconoscevano come l’ineguagliabile potenza di Roma era stata costituita sugli antichi contrasti fra patrizi e plebei.
La risonanza mediatica delle proteste ha fatto sì che in diversi Paesi europei si sia tornati ad avere fiducia in mobilitazioni del genere, interrogandosi spesso quali sono le differenze tra le proteste di piazza rumene e quelle nella propria nazione.
Prima di tutto, l’informazione: ci duole notare che la posizione dell’Italia nella classifica della libertà di stampa e di espressione è di diverse lunghezze sotto quella della Romania (siamo al 77esimo posto nel mondo, loro al 49esimo). Non si tratta di una mera statistica: basta guardare i programmi di satira politica che non risparmiano nessuno o i telegiornali rumeni, per accorgersi come intorno alle proteste vi sia una pluralità di narrazioni giornalistiche e un utilizzo più chiaro e meno capzioso – delle fonti. In Italia tutti i servizi sulle manifestazioni sembrano seguire un unico copione, dalla condanna di eventuali scontri alla semplificazione caricaturale degli interessi in gioco e spesso una criminalizzazione dei manifestanti. Qui si cercano invece le cause e le motivazioni, si pongono domande e si lascia spazio a chi manifesta, mentre ad essere incalzati dai giornali sono i politici.
Le manifestazioni non bloccano l’attività lavorativa del Paese perché si tengono di sera, come se fossero un concerto, e capita che telecamere montate sui droni riprendano l’evento per tutta la sua durata. Proprio queste riprese fungono da deterrente per eventuali scontri tra polizia e manifestanti, e hanno permesso di ricostruire le dinamiche delle poche schermaglie che pure sono avvenute. Un incentivo ad evitare scorrettezze e abusi impuniti da parte delle forze dell’ordine, sono i numeri identificativi sugli elmetti degli agenti in tenuta antisommossa, una proposta che in Italia si discute dal 2001 (dopo i fatti di Genova) senza essere arrivati all’approvazione della legge.
I movimenti di protesta sembrano ricordare l´importanza dei cittadini nel promuovere i valori democratici, basati sulla capacità di giudizio e sul consenso-dissenso nei vari momenti della vita dello Stato. “Svegliati, o romeno / dal sonno pari a morte / in cui ti ha gettato / la barbarie del tiranno”, dicono le prime strofe del canto divenuto inno nazionale dopo la caduta di Ceausescu. In serata in piazza a Bucarest lo cantavano in migliaia e migliaia, felici della vittoria.
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