Il 2017 potrebbe modificare profondamente il panorama politico e sociale di molti dei paesi sudamericani. Milioni di cittadini sono stati e saranno chiamati alle urne per eleggere i propri capi di Stato e rappresentanti parlamentari. Già nello scorso febbraio, l’Ecuador ha scelto il successore di Rafael Correa, eleggendo Lenin Moreno come nuovo Presidente della Repubblica. Lenin Moreno, già vice-presidente dell’uscente Correa e candidato del partito “Alianza Pais”, di orientamento socialista, ha sconfitto al ballottaggio Guillermo Lasso, conservatore e candidato del partito di centro-destra “Movimento Creo”. Il 27 ottobre toccherà al popolo argentino eleggere i suoi parlamentari, saranno infatti rinnovati il Senato con 24 nuovi eletti per il periodo 2017-2023 e la metà della Camera con 127 deputati che resteranno in carica fino al 2021. Situazione ingovernabile è invece quella venezuelana dove la protesta dell’opposizione al governo Maduro, scaturita in un sit-in nazionale che ha bloccato il 24 aprile le principali arterie di traffico del paese, è ormai degenerata in una rivolta sociale. Le proteste di massa hanno innescato violenze e hanno già portato alla morte di una trentina di manifestanti. Le stesse opposizioni, che chiedono le dimissioni di Maduro e l’indizione immediata di nuove elezioni presidenziali, hanno proclamato che questa protesta sarà “la madre di tutte le proteste”.
Molto più pacati ma altrettanto frizzanti sono i toni adottati in campagna elettorale dai candidati alla presidenza cilena. Il prossimo 19 novembre il popolo cileno sarà infatti chiamato alle urne per scegliere il nuovo Presidente della Repubblica che si insidierà nello storico palazzo de “La Moneda” e che guiderà il paese per il quadriennio 2018-2022. Il panorama elettorale cileno si costella di 9 candidati, rappresentanti forze politiche dalla maggiore o minore incidenza storico-politica e che in alcuni casi hanno già ricoperto la carica presidenziale. Una prima data importante sarà il 2 luglio quando molti partiti, singoli o appartenenti ad una coalizione, ricorreranno allo strumento delle primarie legali. Il risultato delle primarie sarà vincolante per la collettività, in quanto i diversi candidati individuati saranno gli unici che potranno concorrere alla vittoria presidenziale.
Un nome caldo è quello di Sebastian Piñera che lo scorso 22 marzo ha annunciato ufficialmente la sua candidatura per la coalizione di centro-destra “Chile Vamos”. Piñera, già presidente nel quadriennio 2010-2014, è uno degli uomini più ricchi del Cile con un patrimonio stimato di circa 2,5 miliardi di euro, ottenuto grazie a investimenti nel settore bancario, dei trasporti aerei e in quello televisivo. È considerato un moderato di centrodestra nonostante i legami della sua famiglia con il regime militare che ha governato il Cile dal 1973 al 1990, il fratello Josè infatti ha ricoperto l’incarico di ministro del lavoro e delle miniere.
Anche per le coalizioni di centro-sinistra, il 2 luglio potrebbe aprire nuovi scenari politici.
Per le elezioni presidenziali del 2013 il “Partido Socialista” congiuntamente con il “Partido Demócrata Cristiano de Chile” ed altri partiti più piccoli avevano formato la “Nueva Mayorìa”, una coalizione di centro-sinistra (comprendente anche il Partido Comunista) che aveva appoggiato, portando alla vittoria, la socialista Michelle Bachelet, attuale presidente cileno. Ad oggi sembra che non potrà ripetersi l’esperienza del 2013. Carolina Goic, presidente del “Partido Demócrata Cristiano de Chile”, ha infatti annunciato di far correre il suo partito, all’elezioni del 19 novembre, con un suo candidato senza dunque passare per le primarie. Anche il “Partido Socialista”, lo scorso 21 aprile, ha proclamato come suo candidato presidenziale il senatore Alejandro Guillier.
Sempre nel centro-sinistra troviamo anche il “Frente Amplio”, nato ufficialmente il 21 gennaio di quest’anno. Tale partito rappresenta una coalizione composta da due principali partiti quali “Revolución Democrática” e il “Partido Humanista”, congiuntamente ad altri piccoli partiti di sinistra con un orientamento più liberale. L’obiettivo di questa neonata coalizione è di scardinare un sistema politico, divenuto nel tempo quasi bipartitico, dove vige la concorrenza tra “Chile Vamos” e la “Nueva Mayoria”. Il 1° maggio il giovane partito è riuscito a raggiungere e a superare il numero legale di firme (33.500) che permettono, dunque, ai due candidati Beatriz Sánchez e Alberto Mayol di partecipare alle primarie di luglio.
Nonostante il quadro elettorale sia piuttosto frammentato, i primi sondaggi non sono mancati. In vetta alle preferenze si posiziona il miliardario conservatore Sebastián Piñera, seguito dal candidato socialista Guillier. Quest’ultimo con un passato da giornalista e conduttore di telegiornali serali, potrebbe puntare alla vittoria in quanto volto nuovo e quindi potrebbe essere sostenuto dal fronte di malcontento contro l’establishment e la vecchia classe politica cilena. Piñera centra invece la sua campagna elettorale sul riportare l’economia cilena “ai suoi antichi splendori” cioè al primo posto nel continente sudamericano attraverso un modello liberista a cui attribuisce il merito di decenni di crescita. Negli ultimi anni l’economia cilena è cresciuta di circa il 2 per cento, circa la metà rispetto a un decennio fa, quando in Sud America le esportazioni di materie prime erano in grande espansione. Piñera è anche molto apprezzato per aver gestito situazioni d’emergenza che avevano riportato il Cile alla ribalta nel 2010, come il terremoto di magnitudo 8.8 e la liberazione di 33 minatori intrappolati.
Mancano poco più di sei mesi all’elezioni ma il dibattito politico già si infiamma. Critiche, accuse e scandali animano questa campagna elettorale e gli effetti potrebbero condizionare non poco la volontà popolare. Guardando ai due principali candidati si può affermare che Piñera dovrà fare i conti con le accuse legate ad alcuni investimenti della sua famiglia in una società di pesca peruviana che potrebbe avere beneficiato di accordi marittimi che lo stesso aveva negoziato durante il suo precedente mandato. Altra accusa rivolta al candidato conservatore è quella del blocco della costruzione di un impianto idroelettrico che avrebbe danneggiato gli interessi di una sua società mineraria. Guiller viene invece duramente criticato per la sua mancanza di esperienza e di un serio piano per cambiare la situazione nel paese. Inoltre, il candidato socialista non si è nemmeno distanziato apertamente dalla presidente Bachelet (che costituzionalmente non può ripresentarsi per due mandati consecutivi), criticata in quanto non è riuscita a realizzare riforme incisive in materia tributaria. La presidente uscente aveva infatti promesso una riforma per arrivare a raccogliere 15,5 miliardi di dollari, il 3% del PIL, da destinarsi alla spesa sociale e per assicurare l’istruzione universitaria gratuita. Bachelet è stata anche indirettamente coinvolta nello scandalo di corruzione “Caval” dove sono indagati il suo primogenito, Sebastián Dávalos, e l’impresa Caval della nuora. Dávalos avrebbe aiutato la Caval ad ottenere un credito dal Banco de Chile per più di 10 milioni di dollari per comprare un terreno che era ad uso agricolo, e che sarebbe poi stato rivenduto per attività immobiliari.
Ad oggi il Cile è uno dei paesi più sviluppati economicamente del Sud America ma si contraddistingue anche per una forte disuguaglianza sociale. Il voto cileno di quest’anno è un voto importante, dapprima perché sarà prevista per la prima volta la possibilità di far votare i residenti all’estero, ma soprattutto potrebbe cambiare fortemente l’assetto politico sudamericano, confermando o meno quella che è sempre più una svolta politica tendente a destra.
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