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Caschi Bianchi Ecuador

Il Capodanno di Luís

Un semplice incontro quotidiano che fa entrare lentamente nelle più complesse problematiche lavorative, economiche e migratorie che caratterizzano Ecuador e Venezuela in questo momento storico. L’incontro di Marica con Luís.

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Sto scorrendo i messaggi arretrati nella cronologia di whatsapp, ancora non ho finito di rispondere agli auguri di Pasqua… guarda un po’, ha scritto anche Luís, quanto tempo! C’è anche una foto, dall’anteprima sembra un documento o una tessera di qualche tipo…ma vuoi vedere che..? Mentre si completa il download, il ricordo schizza immediatamente all’ultima volta che io e le ragazze l’abbiamo incontrato davanti alla sua guardiola, subito dopo le vacanze di Natale…

– Buonasera muchachas, quanto tempo! Come state? Mi siete mancate…

– Buonasera Luís, bene, e tu? Sei sempre gentilissimo… Ascolta, ma il tuo collega tornerà dal suo paese, o ti tocca farti tutti i turni da solo? E il cane Duke?

– Aaaahhh ragazze, tranquille, il socio torna tra un paio di settimane, ora sto facendo due turni su tre. A Duke invece devo dirgli di non tornare…voglio le vostre attenzioni tutte per me!

– Beh, puoi sempre fare a turno anche con Duke…oppure metterti in fila!

– Dai, scherzi a parte, come hai passato l’ultimo dell’anno?

– Vi devo dire la verità, muchachas? In quella guardiola lì, tutto solo…

– Noooooo….. – Ci dispiace, lo sentimos

– Nahh muchachas, non fa niente, sono cose che ti rendono più forte. Quando sei lontando dalla tua famiglia, in un altro paese… sì, l’ho passata da solo…beh, con Dios, innanzitutto. El nunca me desampara. Poi qui a Quito sono passate per la strada un mucchio di persone di buon cuore, mi regalavano auguri, comida, abbracci… Il fatto è che, muchachas, il mio paese, il Venezuela, sta attraversando una crisi veramente brutta… anche per fare la spesa ci sono file lunghissime, gli scaffali dei supermercati sono semivuoti e la maggior parte delle volte tocca andare al mercato nero con dei prezzi incredibili…a Caracas si rischia di essere assaltati anche solo per una borsa di cibo o di finire morti ammazzati in una manifestazione…no, muchachas, non è il caso…
Brivido. Giusto al di là di un paio di frontiere.

– Ma adesso vi dirò una cosa ragazze, una cosa che non ho ancora confidato a nessuno: mi è stata offerta l’opportunità di un lavoro migliore, un lavoro in cui posso esercitare la mia professione. Sono contabile, sapete?

– Davveeeeeroooo? Ma è una notizia bellissima, congratulazioni!

– Grazie, grazie muchachas! Bueno, io non è che disprezzi il lavoro che faccio adesso: qualunque lavoro degno non ti mortifica, anzi, ti nobilita! E questo della guardianìa, muchachas, è un lavoro degno: io lo apprezzo, mi da un sostentamento. Ma sono contento di tornare a fare il mio, di lavoro, quello per cui ho studiato…io questo lavoro qui, mica lo so fare…

– Certo, me lo immagino, il lavoro per il quale ti sei impegnato, hai fatto sacrifici…per cui ti senti competente… (ma pensa – penso…)

– Eeeesatto! Il fatto, muchachas, è che io adesso non ho i documenti, senza non posso esercitare la mia professione. Ma mi sto già attivando, in un paio di mesi al massimo dovrei avere la visa profesional, però prima mi tocca mettere da parte un po’ di soldi con la guardianìa: questo tipo di visa costa 500, quinientos dolares.

– Urca, quinientos! Beh, però è illimitata, giusto? Quella professionale dopo non ti scade mai e ti da tipo tutti i diritti di un cittadino ecuadoriano…

– Sì, esattamente. Non mi sono mosso prima perché non avevo i soldi, il piano era di metterli da parte lavorando con mia sorella, aveva un ristorante, sapete? Proprio qui in fondo alla strada, di fronte al commissariato di polizia. Solo che gli affari non le sono andati bene, a lei e al marito. Per quanto non siamo in un altro continente, anche da un paese all’altro, la gente cambia, hanno abitudini differenti, mangiano diversamente…insomma, non è facile mantenere un’attività…

– Eh immaginiamo…

– Però adesso lei ed il marito si sono trasferiti in un’alra provincia, vicino a Cuenca. Hanno trovato lavoro lì, sempre in un ristorante, con delle brave persone. Hanno messo una buona parola per me, il direttore dice che mi aspetta…mi lascerà anche tempo per aggiornarmi con dei corsi, sapete, sulla parte tributaria…

– E certo, perché le leggi in materia sono diverse da un paese all’altro!

– Finché parliamo di contabilità e audit, muchachas, potrei farlo perfino in Italia! Dico davvero, è la stessa cosa in tutto il mondo! Ma le leggi sulle imposte…quelle sì me le devo studiare! E non mi dispiace per niente.

– Beh dai, che bello, complimenti! Dai, fatti dare un abbraccio…muchacho!

– Grazie, grazie, siete davvero di buon cuore…è che non voglio piangere adesso…

– No no, Luís, tranquilo, no llores!

– Anche la notte di capodanno, quando la gente si fermava a farmi gli auguri, a salutarmi… mi sono detto: adesso non voglio piangere, non adesso. Siendo fuerte, non voglio piangere. Queste sono cose che ti fanno diventare più forte, muchachas, che ti rendono una persona migliore. Impari tanto, sai cosa vuol dire arrangiarsi, contare solo su te stesso. Con l’aiuto de Dios, por supuesto. È che qui a Quito…non so se pare anche a voi ragazze…ma c’è tanta di quella xenofobia! E sono anche un po’ chiusi, mi sembra…

– Quello forse è il carattere dei serrani, dicono che in Costa siano più aperti, più gioviali… ma non sarà tanto una questio di sostanza, alla fine è più un modo di esprimere le cose, di comportarsi..
.
– Sarà… ma al dilà di quello, muchachas… il fatto è che questa città è al collasso: coi venezuelani, i colombiani…mi rendo conto che siamo tantissimi… con questa situazione che sta attraversando il mio paese poi… a Quito non c’è più posto per nessuno, soprattutto per lavorare.

– È la solita questione della guerra tra poveri: è più facile individuare un nemico in carne ed ossa, piuttosto che rendersi conto che i problemi sono strutturali ed infinitamente più complessi… una tale urbanizzazione non è normale, non è sano: da dentro e da fuori l’Ecuador, si abbandonano interi settori dell’economia per un lavoro salariato.

– Adesso poi stanno tornando tantissimi ecuadoriani della diaspora… altre braccia e teste, certo, ma anche pance e cuori…

– La reazione più semplice ed immediata, è pensare che i nuovi arrivati ti tolgano il lavoro, no? Anche in Italia, l’umore è quello.

– Sapete cosa penso anche? C’è un modo di dire, una massima che si trova anche nella Bibbia: “Nessuno è profeta in patria”, mi pare che dica. Forse noi stranieri sappiamo apprezzare di più un posto di lavoro, un impiego, perché sappiamo quello che ci costa la distanza dai nostri affetti. E soprattuto sappiamo che dobbiamo contare esclusivamente sulle nostre forze: o lavori, o muori di fame! Uno che è qui con la sua famiglia, con un tetto sopra la testa, non morirà mai di fame.
Ahi, muchachas... che tempi… Sapete, voglio dirvi una cosa: io lo sento davvero, que Ustedes son buena gente, come mi state ascoltando… anche qui la gente è tanto cara, però non so…non è una cosa da tutti. Verrete a trovarmi in Venezuela, quando passa questa burrasca, vero?

Ojalà! Che bello, ma certo! Tu fino a quando ti fermi, fino a quando ti vediamo?

– Parto questo venerdì stesso… non so come la prenderà la signora, è stata così buoa a darmi questo lavoro…ma davvero quest’opportunità non posso lasciarmela sfuggire, l’opportunità di fare il mio lavoro.

– Assolutamente, Luís, non fartela scappare. È molto importante ed è anche molto bello. Davvero congratulazioni.

– Beh, mi sembra un gran bel modo di cominciare l’anno, con un’opprtunità così! E siamo appena al due di gennaio!

Jajajajjajaja, vero muchachas! E voi invece, fin quando restate…per sempre?…

– Noooo! Però abbiamo ancora fino ad ottobre… abbiamo tempo!

Download competato…sì, è proprio una cedula profesionál.

– Beh allora domattina ci scambiamo i contatti, fatta!
Dale, passiamo uscendo per andare al lavoro!
Hasta luego Luís, cuidate mucho!

 

 Luis, Duke con Marica e le sue compagne in Servizio Civile


Mi chiamo Marica e in questo momento sto svolgendo il mio anno di Servizio Civile in Ecuador con la Ong Engim Internazionale. Io e le mie tre compagne, Lucia, Fabiola e Giovanna, tutte le mattine ci arrampichiamo sulle salite della capitale Quito a bordo del Corredor Sur, il bus che attraversa la città da parte a parte quasi come Spaccanapoli, fino all’estremo meridione ed ai nostri piccoli e grandi scalmanati del Centro di Educazione Integrale Paola di Rosa (Ceipar). Naturalmente Luís è un nome di fantasia, ma davvero per un paio di mesi abbiamo incontrato il suo sorriso carico di gentilezza e determinazione, tutte le mattine lungo la strada per la fermata del bus.

Il Venezuela, paese con le più ampie riserve petrolifere al mondo, sta attualmente attraversando una grave crisi economica, politica e sociale dovuta in larga misura all’eccessiva dipendenza dell’economia nazionale dalle esportazioni di oro nero. Un apparato produttivo largamente insufficiente ad assicurare alla popolazione locale i beni di prima necessità costringe ad onerose importazioni in dollari statunitensi, provocando l’inflazione della moneta locale (il Bolívar), scarsità di merci ed un malcontento generalizzato che sfocia in proteste e spinge molti venezuelani ad emigrare.

 Marica durante il suo Servizio Civile

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