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Il Servizio Civile di Enza a Quito, tra incontri e scoperte

Siciliana di 29 anni, Enza sta svolgendo attualmente il suo anno di servizio civile a Quito, in Ecuador: “Racconto della mia esperienza nel continente sudamericano, in questa terra piena di vulcani, natura incontaminata e volti dagli occhi neri

Scritto da Enza Caputo, CB FOCSIV – Engim a Quito

“Queste poche righe le scrivo da Tena, una piccola città alle porte dell’Amazzonia dove mi accolgono i sorrisi dei ragazzi e delle ragazze del Bonuchelli, impegnati anche loro in un progetto di servizio civile e milioni di mosquitos e arenillas. Mi sono fermata qui per qualche giorno, dopo essere stata con i ragazzi dell’Università Centrale di Quito a Puyo, provincia del Pastaza, per incontrare alcuni membri della comunità indigena Sàpara, una delle nazionalità ufficialmente riconosciute dalla Costituzione ecuatoriana: è stato un bellissimo e intensissimo fine settimana, ho conosciuto moltissime persone e cose, partecipato ad una “Paktachina”, festa di fidanzamento quichua nella Comunità di Campo Cocha.
Durante questo mese mi sono spesso interrogata su cosa fosse il servizio civile per me e su cosa, invece, non fosse. Ci ho pensato a lungo e queste sono alcune delle risposte che mi sono data.

Il servizio civile per me è la possibilità di lasciare ai bambini ed alle bambine di Cochapamba, quartiere povero a nord di Quito dove sto svolgendo il mio servizio, la voglia di apprendere, al di là di qualsiasi voto, al di là di qualsiasi competizione. Far capire loro che possono imparare, che possono farcela, che possono nutrire interessi e passioni.
Il servizio civile è Isaac, felicissimo di aver fatto un bel compito di matematica, il quale non vede l’ora di comunicarmelo perché ultimamente abbiamo insistito molto sulle divisioni, lui le ha capite e le ha risolte bene durante la prova di matematica. Ed è anche sua madre che mi dice grazie per quello che sto facendo per suo figlio.
È Aron, che arriva al centro sempre prima degli altri bambini, mi saluta ed inizia a raccontarmi i mille film di terrore che ha visto durante il fine settimana. Mi regala qualche fiore e qualche biscotto.
È Alan, che sta sempre in disparte, non gli piacciono i baci né gli abbracci ma quando entriamo in aula chiede sempre che lo aiuti.
È Carmen, con uno zaino pienissimo di cose – giochi, libri, quaderni, colori, bambole – che puntualmente svuota sulla scrivania prima di mettersi a studiare. Lei ha una gran passione per il disegno. Appena finiti i compiti, inizia a disegnare e a fine giornata me ne regala sempre uno che non vedo l’ora di attaccare in camera. Tra i disegni che Carmen regala a me e quelli che Priscila regala a Selene, la mia compagna di servizio civile, credo che non avremo più un lembo di parete libero da qui alla fine dell’anno.
È Eduardo, che termina 10 divisioni in 4 minuti…quando ha finito i suoi compiti mi chiede sempre che gli lasci da risolvere altre moltiplicazioni; tutti i giorni, prima di entrare nel comedor, mi guarda e mi dice un numero – “56, 60, 47” – ossia il numero dei bambini che lui ha contato mentre gli altri erano in fila intenti a fare la preghiera e che mangeranno quel giorno. Un piccolo genio, non si può definire diversamente.
È Mattias, che non riesco ancora a capire.
È Anthony, per il quale è impossibile stare per due secondi di fila fermo sulla sedia e che quando mi arrabbio perché non studia, mi guarda e mi abbraccia.
È Aracely, che non viene mai a fare i compiti.
È Martin, che dice alla madre di venire al centro e che invece si ferma a girovagare e giocare per il barrio, facendosi vivo solo nei giorni in cui distribuiamo le buste piene di caramelle (rimane il mistero di come faccia a sapere il giorno esatto della distribuzione).
Sono Angy e Samantha, le quali preferiscono studiare con la madre, con meno fatica e più attenzioni.

Il mio servizio civile è anche collaborazione e cooperazione con i compagni di progetto, un continuo fare squadra. È lealtà nei rapporti con tutte le persone che si incontrano lungo il proprio cammino.
È rispettare i tempi e le necessità delle persone alle quali il “servizio” è rivolto, anche se questo debba significare qualcosa di diverso rispetto a quello che ognuno di noi si era prefissato prima di arrivare in terra ecuadoriana.

Sono tutte le persone che dalla Sicilia e dalla Toscana, a titolo completamente gratuito, mi hanno aiutato ed hanno espresso solidarietà nei confronti di quello che sto facendo qui e nei confronti di Engim, l’associazione con la quale sto svolgendo questa esperienza.
Il mio servizio civile sarà una serie di altre cose che spero di scoprire con il passare del tempo.

Allo stesso modo, penso che il servizio civile non sia individualismo: tutto quello che si fa non deve nutrire solamente il proprio ego personale, il servizio non è per sé stessi. Questo non significa che non si debba avere consapevolezza di sé.

Non è competizione con le altre persone; bruttissima la competizione con gli altri, ne inaridisce l’anima.
Non è “fare, fare, fare” senza pensare, anzi, è una riflessione costante. Penso che tutte le azioni non ragionate possono avere delle ripercussioni e ricadute negative sul contesto e sulle persone che si pensava di aiutare.
Anche in questo caso, credo non sia una serie di altre cose… ma non voglio avere la pretesa di scoprirle ora”

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