Il 7 marzo si è tenuto a Bologna il convegno “Oltreconfine: dal Servizio Civile all’estero ai Corpi Civili di Pace” durante il quale è stata presentata l’idea progettuale vincitrice del concorso per le scuole, in memoria di Sergio Finardi e la settimana scorsa abbiamo pubblicato l’avvincente video con il quale gli studenti della II D ci mostrano come hanno realizzato il loro progetto. Oggi vi proponiamo l’intervista ad Alessandra che, nel suo ruolo d’insegnante, ci racconta le sue sensazioni alle reazioni dei ragazzi e ci offre spunti interessanti sul ruolo dell’educazione nella costruzione di una cultura di Pace.
A marzo 2016 hai presentato con un gruppo di studenti l’idea progettuale “HELP US!” in occasione del concorso rivolto alle Scuole “Oltreconfine: dal Servizio Civile all’estero ai Corpi Civili di Pace”, che richiedeva l’attuazione di un progetto attinente al tema della Difesa Civile e delle forme Nonviolente di intervento in situazioni di crisi o conflitto, di promozione della Pace attraverso il coinvolgimento degli studenti e della popolazione giovanile in generale. Avete vinto il concorso e lunedì 23 maggio 2016, si è svolta la simulazione prevista a progetto. Puoi dirci in breve in cosa consisteva, chi sono stati i destinatari e come si è svolta?
L’idea di fondo è stata quella di far capire ai ragazzi quanto i conflitti ci riguardino da vicino, al di là dell’apparente e talvolta marcata lontananza. Abbiamo perciò cercato di riprodurre una situazione di conflitto che li vedesse coinvolti: si è presentato nella nostra scuola un sedicente funzionario dell’Ufficio Scolastico Regionale per illustrare ai rappresentanti di classe riuniti in Aula Magna (circa una cinquantina di ragazzi di diverse età) la nuova (e inventata per l’occasione!) riforma regionale in vigore dal prossimo anno scolastico. Questa, spiegata con calma e grande razionalità – con tanto di grafici e dati reali (uno solo era il grafico con dati immaginari, quello sul tasso di abbandono universitario degli studenti stranieri) – prevedeva alcune innovazioni: quella centrale era la divisione del percorso post-diploma per studenti italiani e stranieri, ai primi restavano aperte tutte le opzioni di scelta mentre i secondi si vedevano sbarrato l’accesso all’Università, in nome degli ingenti costi fissi e dell’alto tasso di abbandono spiegato con le difficoltà linguistiche, culturali e con la priorità data al lavoro. Proprio per informare di ciò erano stati convocati i rappresentanti di classe, c’era infatti la possibilità, per gli studenti dei Licei e degli Istituti tecnici che lo volessero, di cambiare scuola a favore di percorsi maggiormente professionalizzanti.
A corollario di questa privazione di diritti – che si poteva ripercuotere pesantemente anche sulla composizione delle classi andando a toccare da vicino la sfera dei sentimenti – c’erano l’introduzione dell’inno di Mameli ad inizio giornata al posto della campanella, l’indizione di un concorso per le nuove uniformi scolastiche regionali (per limitare le spese delle famiglie e su modello dei college americani) e l’introduzione di un’ora aggiuntiva di educazione fisica, volta a favorire la cooperazione e il lavoro di squadra e propedeutica ad un eventuale ripristino della leva obbligatoria.
Dopo la spiegazione e il relativo dibattito è stato consegnato agli studenti un questionario di gradimento, formalmente valutativo della chiarezza e della competenza del “funzionario dell’Ufficio Scolastico”. L’intenzione era in realtà quella di dare la possibilità a tutti, anche a coloro che non fossero riusciti a esprimere pubblicamente la loro posizione, di lasciare eventuali commenti e feedback a caldo. Tale questionario si è rivelato molto utile a posteriori per cogliere il variegato panorama di reazioni, emerso spontaneo e sincero, grazie anche alla forma anonima.
Dopo ciò è finalmente avvenuto il disvelamento, la classe ha spiegato i perché della simulazione e ha invitato i rappresentanti di classe a partecipare, a piccoli gruppi, a sei diversi laboratori preparati da loro sulle tematiche del conflitto e della non-violenza.
L’Aula Magna e le aule circostanti si sono così riempite di colorati cartelloni, video, cartine geografiche e attività interattive: da pillole sulla comunicazione non violenta alle cause dello scoppio della guerra in ex- Jugoslavia raffrontate all’attuale situazione italiana; dalla presentazione dei conflitti in atto nel mondo e delle loro principali caratteristiche ad un efficace video che ti portava a sentirti profugo in Egitto per una guerra scoppiata in Europa, dall’illustrazione della nascita del servizio civile, dei Caschi Bianchi e dei Corpi civili di pace, ad un approfondimento sul commercio delle armi.
Per concludere abbiamo ascoltato la frizzante ed appassionata testimonianza di Vanessa Gianni, casco bianco in Ecuador nel 2014-2015, e le parole con cui nel convegno del 2014 “La miglior difesa è la pace” Sergio Finardi, fondatore di TransArms (centro di ricerca indipendente sul trasporto degli armamenti e la logistica per la difesa), ha spiegato, alla luce della sua esperienza come consulente dell’Onu nel Congo del 2005, come sia possibile sminare alcuni meccanismi che mantengono vive le guerre.
Durante la simulazione, quali sono stati gli atteggiamenti, le parole o le reazioni che ti hanno più colpita?
La reazione degli studenti è stata davvero sorprendente e al di là delle aspettative. È emersa come dominante una pacata ma ferma opposizione e molti tentativi dialoganti con il sedicente funzionario nella speranza di portare correttivi, nuove proposte e spunti di riflessione anche al livello direttivo.
Le reazioni sono state le più diverse: particolarmente significative quella di una ragazza straniera fin dai primi momenti visibilmente agitata che si è calmata quando ha saputo che, una volta ottenuta la cittadinanza, avrebbe potuto aver accesso all’Università e quella di un ragazzo con la doppia cittadinanza che evidenziava la bontà della riforma e marcava la differenza fra italiani e stranieri.
Dai dati del questionario sono emerse anche posizioni favorevoli, di persone che sono risultate convinte della bontà della riforma o che ne contestavano aspetti minori e piccole sfumature.
Sorprendente per me è stato vedere studenti e studentesse, anche delle classi prime, argomentare le proprie opinioni, discuterle e sostenerle, benché il contesto fosse formale e la riforma venisse posta come data e non come oggetto di discussione.
In particolare mi ha colpito la reazione di un ragazzo che si è molto risentito quando ha saputo che si trattava di una simulazione. Era stato il primo a parlare con un atteggiamento di grande ricerca del compromesso (queste più o meno le sue parole: “So che ormai queste cose sono state decise e che forse la mia opinione conta poco, ma vorrei fare una proposta: diamo agli studenti stranieri l’opportunità di frequentare la triennale e vincoliamo la specialistica solo a chi abbia dimostrato impegno nello studio”). Si era molto esposto mettendosi in gioco in prima persona, da qui la sua reazione risentita… Qualche giorno dopo l’ho cercato e mi ha raccontato di aver a sua volta presentato alla sua classe la riforma come vera e dei sorprendenti effetti della nuova simulazione.
Penso che abbia reso più ricco il confronto il fatto che sia avvenuto fra alunni di età diversa e appartenenti alle diverse tipologie di scuola del nostro Istituto, che comprende due indirizzi professionali, tre tecnici e due liceali.
Cosa ti ha spinto a coinvolgere i tuoi studenti nell’ideazione e nella realizzazione di questo progetto?
Sostanzialmente due motivi:
– il fatto che sia una classe che ha dimostrato di reagire positivamente, con serietà e creatività, alle sfide e alle proposte nuove;
– il fatto che alcuni approfondimenti effettuati durante l’anno su tematiche storiche e culturali ben si armonizzassero con le tematiche del concorso.
In effetti lo studio e le riflessioni che abbiamo fatto insieme preparando la simulazione sono stati come la prosecuzione di un cammino già iniziato, come accade quando, trovandosi a camminare nel buio, si seguono le poche luci che si incontrano e solo voltandosi indietro si capisce che, in realtà, si è percorso un tragitto ben delineato.
Il nostro cammino è iniziato ad ottobre, con l’interrogarsi sul fenomeno delle attuali migrazioni e la partecipazione al Convegno “Il coraggio di essere umani”, i successivi fatti di Parigi hanno molto coinvolto dal punto di vista emotivo ed intellettuale i ragazzi: la ricerca delle cause che generano la violenza, il diverso peso che la stampa sembrava attribuire a morti di diverse nazionalità, l’indifferenza e l’ipocrisia che sembravano albergare in gran parte dell’umanità e il desiderio di trovare soluzioni (spesso ipotizzate come violente e drastiche) che tenessero il pericolo lontano ci hanno interpellato.
Per cercare qualche risposta siamo andati a studiare la storia antica e recente ed in particolare abbiamo approfondito la Shoah e la guerra in ex-Jugoslavia. Abbiamo letto alcune opere letterarie che mostravano reazioni violente e vendicative alla violenza e ci siamo lasciati interpellare.
L’idea di avere una motivazione esterna e forte come quella di un concorso per continuare queste riflessioni mi è sembrata buona e così ho proposto ai ragazzi di partecipare.
Durante il Convegno “Oltreconfine: dal Servizio Civile all’estero ai Corpi Civili di Pace” del 7 marzo 2016 a Bologna, ti sei ritrovata a portare in platea la tua testimonianza, relativa al ruolo dell’educazione, ed in particolare della scuola, nella costruzione di una cultura di Pace: qual è il tuo consiglio per altri insegnanti come te?
Quello di mettersi in un atteggiamento di ascolto nei confronti degli studenti, donando loro uno sguardo libero da idee già formate su di essi; molte volte questo sguardo libero può diventare liberante, può dare ai ragazzi l’opportunità di sperimentarsi, di conoscersi e farsi conoscere per quello che sono o magari per quello che stanno diventando.
E per gli studenti?
Quello di vivere la scuola come un luogo in cui essere protagonisti, di vivere questo momento del loro percorso scegliendo di starci e di giocarsi appieno in questo spazio comunitario di crescita e di costruzione del sapere.
Vuoi aggiungere qualcosa?
La classe è molto cresciuta nella realizzazione dell’idea progettuale e si è sentita fortemente interpellata dalla realizzazione concreta della piccola “impresa” del 23 maggio.
Penso sia stata un’esperienza molto interessante di educazione attiva con notevoli ricadute positive nel percorso di crescita personale e di classe degli alunni: si sono sperimentati in nuove sfide, superando i propri limiti e mettendo a frutto le loro qualità; hanno acquisito una maggiore consapevolezza della realtà che li circonda e del funzionamento di alcuni meccanismi storici e sociali e – cosa forse più difficile e insolita per la realtà scolastica – hanno maturato un nuovo atteggiamento nei confronti del conflitto e dei rapporti interpersonali.
Leggi qui l’intervento di Alessandra Cetro al convegno “Oltreconfine: dal Servizio Civile all’estero ai Corpi Civili di Pace” di lunedì 7 marzo 2016.
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